Studi e riscoperte. 2 
Le tre madri di Correggio, Caravaggio e Segantini

IO DORMO,
MA IL MIO CUORE VEGLIA

Un brano del Cantico dei cantici è il filo conduttore di tre celebri opere nelle quali viene rappresentata la madre con in braccio il proprio figlio: Correggio, Zingarella, Caravaggio, Il riposo durante la fuga in Egitto e Segantini, Le due madri. Si ipotizza che delle tre opere quella di Correggio sia stata fonte di ispirazione per le altre due e per molte copie del Cinque-Seicento, di area lombarda e romana, tra dipinti, incisioni e disegni.

Ugo Imprescia

tre grandi artisti della storia dell’arte, Antonio Allegri, detto Correggio (Correggio 1489 circa - ivi 1534), Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (Milano 1571 - Porto Ercole 1610) e Giovanni Segantini (Arco 1858 - monte Schafberg 1899) hanno realizzato tre opere nelle quali viene rappresentato lo stesso soggetto: la madre con in braccio il proprio figlio.
L’opera di Correggio è conosiuta come la cosiddetta Zingarella (1516-1517) - ma in realtà si tratta di una Madonna col Bambino durante la fuga in Egitto - custodita a Napoli nel Museo nazionale di Capodimonte.
L’opera di Caravaggio è Il riposo durante la fuga in Egitto (1595-1596) della Galleria Doria Pamphilj di Roma (visibile a Milano, Palazzo reale, fino al 28 gennaio 2018 nella mostra Dentro Caravaggio(1).
L’opera di Segantini è Le due madri firmata e datata 1889, conservata nella Galleria d’arte moderna di Milano.
Le prime due opere rappresentano un soggetto sacro, mentre l’opera di Segantini raffigura una giovane contadinella con in braccio il proprio figlioletto in fasce, anche se la dignità della giovane e l’ambiente umile in cui si svolge la scena, una stalla, può benissimo evocare la Natività di Gesù.
È sorprendente come in tutte e tre le opere l’atteggiamento della figura materna sia la stesso; la testa delle tre madri è reclinata sulla spalla nel momento del dormiveglia, il braccio destro sta per essere abbandonato al sonno, ma nello stesso tempo la madre veglia attentamente, con il braccio e la mano sinistra ben saldi a proteggere il corpicino del neonato in un abbraccio amorevole.
L’atteggiamento della madre nelle tre opere fa venire in mente il brano del Cantico dei cantici: «Io dormo, ma il mio cuore veglia» (5, 2); il riferimento al testo sacro è sicuramente appropriato nel caso di Caravaggio nella cui opera sono molti i particolari che si rifanno a diversi brani del Cantico(2).
Ma anche nell’opera di Correggio vi è un chiaro rimando al Cantico dei cantici per la presenza dell’angioletto in alto che in prossimità di una palma abbassa i rami per consentire di coglierne i datteri: «Salirò sulla palma, coglierò i grappoli di datteri» (7, 9).
È difficile invece pensare che Segantini, dotato di una spiritualità laica, si sia ispirato al Cantico dei cantici, ma l’atteggiamento della giovane madre è sicuramente pertinente a quanto espresso nel brano (5, 2) del testo sacro.
In tutte e tre le opere il tema trattato è quello del riposo: durante la fuga in Egitto nell’opera del Caravaggio e del Correggio, anche se in quest’ultima non compare san Giuseppe, ma ciononostante l’angioletto dipinto in alto intento a piegare i rami di un albero è uno specifico riferimento al miracolo della palma, avvenuto appunto durante la fuga verso l’Egitto(3).
Nell’opera di Segantini il riposo è invece quello di una giovane contadinella seduta all’interno di una stalla, affranta dopo le fatiche della giornata.
Le evidenti analogie tra le tre opere suggeriscono che sia Caravaggio che Segantini abbiano potuto trarre ispirazione da una conoscenza se non proprio diretta dell’opera del Correggio, perlomeno legata alle innumerevoli riproduzioni che ne sono state realizzate.
La zingarella è stata una delle opere più copiate della storia dell’arte, mediante dipinti, disegni e incisioni realizzati nel Cinquecento, Seicento e oltre; molte copie erano presenti in area lombarda ma anche nell’ambiente artistico romano. A tal proposito è bene citare alcuni disegni che prendono a modello proprio la figura della Zingarella, quale per esempio un disegno di Ludovico Cigoli preparatorio per un Riposo durante la fuga in Egitto e soprattutto uno Studio per la figura della Vergine realizzato da Domenico Fetti che riproduce perfettamente la postura della Madonna di Correggio.
Tra le diverse copie che circolavano nei primi decenni del Seicento in territorio lombardo, due di sicura attribuzione erano presenti nella Pinacoteca ambrosiana a Milano: una copia è stata realizzata da Bartolomeo Schedoni (Modena 1570 - Parma 1615), l’altra da Fede Galizia (Milano o Trento 1578? - Milano 1630).
Mentre è probabile che Segantini abbia potuto conoscere l’opera di Correggio durante la sua formazione artistica presso l’Accademia delle belle arti di Brera, per quanto riguarda la conoscenza della Zingarella da parte di Caravaggio si possono avanzare solo delle supposizioni; ma vi sono molti indizi che portano a ritenere plausibile che l’artista lombardo abbia potuto conoscere l’opera mentre iniziava la sua carriera nella città papale o a Milano prima del suo trasferimento a Roma.


Antonio Allegri, detto Correggio, Zingarella (1516-1517), Napoli, Museo nazionale di Capodimonte.

Giovanni Segantini, Le due madri (1889), Milano, Galleria d’arte moderna.

Domenico Fetti, Studio per la figura della Vergine (1610-1613), Roma, Istituto centrale per la grafica.

Uno Studio per la figura della Vergine realizzato
da Domenico Fetti riproduce perfettamente la postura
della Madonna di Correggio

In particolare, le due copie dell’Ambrosiana hanno una storia che si interseca con le vicende e i personaggi che hanno contrassegnato la vita artistica di Caravaggio.
La copia dello Schedoni era stata commissionata da Federico Borromeo che conosceva la Zingarella di Correggio per averla vista a Parma presso la collezione di Ranuccio Farnese. Il cardinale ne parla nel suo Musaeum: «Opera del Correggio è parimente un altro quadro, popolarmente chiamato la Zingara. […]. Del resto la bellezza di tale lavoro fu pregiudicata dall’artista stesso col violare le leggi del decoro, attribuendo alla ladruncola egiziana la figura della Vergine».
Il sentimento devozionale e i valori di umiltà espressi dall’opera erano per il Borromeo talmente elevati da superare le riserve da lui avanzate sul tema del decoro e da richiedere a Ranuccio Farnese il permesso di farne eseguire una copia.

L’attività di copista era molto diffusa in quel periodo e aveva principalmente lo scopo, in attinenza alle direttive della Controriforma, di divulgare opere a carattere devozionale.
Caravaggio, educato al cattolicesimo pauperistico dei Borromeo, risulta lavorare a Roma dal 1596 presso la bottega del pittore siciliano Lorenzo Carli, nella quale venivano realizzate prevalentemente opere devozionali, eventualmente copiando opere come la Zingarella, apprezzata per la sua capacità di muovere i più profondi sentimenti religiosi. Probabilmente proprio nella bottega del pittore siciliano Caravaggio potrebbe aver svolto attività di copista, stante la testimonianza di Giulio Mancini che nelle sue Considerazioni sulla pittura afferma che l’artista ha realizzato per monsignor Pandolfo Pucci «alcune copie di devotione che sono in Recanati».
Ma Caravaggio può avere conosciuto la Zingarella anche prima della sua partenza per Roma; il Merisi ha sicuramente frequentato gli ambienti culturali e artistici lombardi sia per l’attività di apprendistato presso Simone Peterzano, sia per la sua conoscenza della famiglia Sforza-Colonna. In particolare Muzio II Sforza (Milano 1576 - ivi 1622), marchese di Caravaggio e figlio di Costanza Colonna, colei che spesso è stata vicino all’artista durante la sua tormentata vita, era un letterato amante delle arti e nel 1594 aveva fondato a Milano l’Accademia degli inquieti(4), frequentata da intellettuali che erano a diretto contatto con i più importanti pittori lombardi del tempo; tra questi vi era anche Fede Galizia(5).
La pittrice era molto richiesta dall’aristocrazia milanese come ritrattista(6) e per le nature morte, ma era anche esperta copista, come ricordato dal Lomazzo: «Imitava i più eccellenti dell’arte nostra»(7).
Nell’Accademia degli inquieti potrebbe essere passato anche un altro artista, Enea Salmeggia (Bergamo 1550 circa - ivi 1626); anche a questi sarebbe riconducibile una copia della Zingarella come ricordato da padre Sebastiano Resta il quale, citando alcuni disegni del Salmeggia trasmessi per successione ereditaria, menziona tra gli altri «un disegno di Enea cavato dall’abbozzo della zingara del Correggio»(8). L’interesse per la Zingarella da parte di Enea Salmeggia, artista sensibile alle idee controriformiste di Carlo e Federico Borromeo, è giustificabile per gli orientamenti fortemente devozionali che caratterizzano la sua espressione artistica(9). Infine è bene ricordare che Salmeggia ha realizzato la pala dell’Annunciazione (1596) nella certosa di Garegnano di Milano, dove alcuni anni prima Simone Peterzano aveva eseguito un importante ciclo pittorico; si ipotizza che sia stato lo stesso Peterzano a introdurre nel cantiere della certosa il più giovane artista, anch’egli bergamasco; inoltre le affinità stilistiche riscontrabili tra Salmeggia e Peterzano hanno indotto alcuni studiosi a ipotizzare che proprio presso la bottega del maestro di Caravaggio, Enea Salmeggia abbia effettuato il suo apprendistato(10).


Ludovico Cigoli, Riposo durante la fuga in Egitto (1610-1613), Roma, Istituto centrale per la grafica.

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto (1596-1597), Roma, Galleria Doria Pamphilj.

(1) R. Vodret, Come non l’avete mai visto, in “Art e Dossier”, n. 347, ottobre 2017, pp. 54-59.
(2) M. Calvesi, Le realtà del Caravaggio, Torino 1990, pp. 201-207.
(3) D. Ekserdjian, Correggio, Milano 1997, pp. 60-61; M. Spagnolo, Correggio Geografia e Storia della fortuna (1528-1657), Milano 2005, pp. 9-106.
(4) P. Morigia, La nobiltà di Milano, Milano 1595. Il Morigia descrive l’attività dell’Accademia e i rapporti dei componenti con gli artisti lombardi.
(5) G. Berra, Alcune puntualizzazioni sulla pittrice Fede Galizia attraverso le testimonianze del letterato Gherardo Borgogni, in “Paragone”, 469, 1989, pp. 14-29; Id., Il giovane Caravaggio in Lombardia, Firenze 2005, pp. 81-85.
(6) Famoso è il ritratto del letterato Paolo Morigia della Pinacoteca ambrosiana.
(7) G. P. Lomazzo, Idee del tempio della pittura (Milano 1590), Bologna 1785.
(8) U. Ruggeri, Enea Salmeggia detto Talpino, Bergamo 1966, p. 39.
(9) G. Bora, Salmeggia teorico: da Peterzano ai prospettici milanesi, in “Osservatorio delle Arti”, II 1989, pp. 40-48.
(10) R. Longhi, Me Pinxit e quesiti caravaggeschi 1928-1934, Firenze 1968, p. 131; C. Baroni, Aggiunte a Simone Peterzano, in “L’arte”, XLII, n. IV, dicembre 1940, p. 187.

ART E DOSSIER N. 349
ART E DOSSIER N. 349
Dicembre 2017
In questo numero: COMICS: I PARENTI E GLI ANTENATI Medioevo a fumetti, Antonio Rubino a Olgiate Olona. IN MOSTRA Gioielli Moghul a Venezia, L’Assunta di Daddi a Prato, Le Secessioni a Rovigo, Capa a Bassano. RESTAURI Van Eyck ritrovato.Direttore: Philippe Daverio