Grandi mostre. 6
Caravaggio a Milano

COME NON L’AVETE
MAI VISTO

Con l’esposizione dedicata a Caravaggio nelle sale di Palazzo reale, qui raccontata dalla curatrice, l’artista lombardo, forse, non ha più segreti. Indagini diagnostiche e documenti, emersi dagli studi compiuti in occasione del quarto centenario della sua morte nel 2010, rivelano l’intero percorso del maestro della luce.

Rossella Vodret

La mostra Dentro Caravaggio, che apre a Palazzo reale di Milano il 29 settembre, scaturisce dagli studi intrapresi in occasione del quarto centenario della morte del grande artista lombardo, celebrato nel 2010 con la grande mostra alle Scuderie del Quirinale.

Due sono le direttrici degli studi avviati in quegli anni da cui sono emerse le novità più significative: da un lato le nuove ricerche documentarie che, con la revisione complessiva di tutte le carte relative a Caravaggio conservate all’Archivio di Stato di Roma, hanno rintracciato nuovi documenti che hanno imposto una revisione degli anni romani del grande pittore lombardo, posticipando la sua presenza a Roma al 1595-1596 e, di conseguenza, cambiando profondamente la cronologia delle sue prime opere; dall’altro le indagini sulla sua tecnica esecutiva: una lunga e articolata ricerca avviata dal Mibact, proposta e diretta da chi scrive, sulle ventidue opere romane di Caravaggio, realizzata grazie al sostegno del Comitato nazionale per il IV centenario della morte di Caravaggio, presieduto da Maurizio Calvesi, della Soprintendenza speciale per il polo museale romano, e con la collaborazione dell’Istituto superiore conservazione e restauro.

A questa campagna di analisi, eseguita tra il 2009 e il 2012 e sfociata nella pubblicazione di due volumi nel 2016 (Silvana Editoriale), hanno fatto seguito in quest’ultimo anno, grazie al gruppo Bracco, presieduto da Diana Bracco, nuove importanti indagini diagnostiche sulle altre opere in mostra per le quali, con un progetto congiunto Università degli Studi di Milano-Bicocca e Cnr, è allo studio una innovativa elaborazione grafica per renderle più leggibili al grande pubblico.


Penetrare sotto la pellicola pittorica visibile e “vedere” tutti gli strati su cui il pittore ha lavorato


Dentro Caravaggio vuole portare all’attenzione del pubblico le novità emerse nel corso di queste ricerche. È per questo motivo che accanto a una serie di strepitosi capolavori autografi di Caravaggio - che saranno esposti tenendo conto della nuova cronologia dettata dalle recenti scoperte documentarie e dall’ultimo ritrovamento, da parte di Riccardo Gandolfi, dell’importante manoscritto di Gaspare Celio del 1614 - la mostra di Palazzo reale propone anche i documenti più importanti rinvenuti in questi anni, che ridisegnano le tappe della vita di Caravaggio, e i risultati delle indagini tecniche relative alle opere in mostra.
Tra i documenti esposti, tratti perlopiù dagli atti giudiziari, che lo videro spesso protagonista, spicca la vivida testimonianza del garzone di un barbiere, il quale, in una deposizione dell’11 luglio del 1597, così descrive il giovane Caravaggio: «Questo pittore è un giovenaccio grande di vinti o vinticinque anni, con poca di barba negra, grassotto, con ciglia grosse et occhio negro, che va vestito di negro non troppo bene in ordine, che portava un paro di calzette negre un poco stracciate, che porta li capelli grandi longhi dinanzi […].


San Giovanni battista (1603), Kansas City, Nelson-Atkins Museum Of Art.

Questo pittore si dimanda Micchalangelo, che al parlare tengo sia milanese... Mettete lombardo, per che lui parla alla lombarda».
Le indagini tecniche saranno rese visibili e accessibili al grande pubblico attraverso un uso innovativo degli apparati multimediali con i quali sarà possibile realizzare dinamicamente un interessante confronto tra la redazione finale dell’opera e il “pensiero” che ha seguito Caravaggio nel realizzarla.
La diagnostica artistica è un metodo di studio, nato nell’Ottocento, che si basa su una serie di analisi scientifiche (radiografie, riflettografie, stratigrafie ecc.) che, in analogia con le indagini mediche, forniscono informazioni sia sulla tecnica esecutiva, sia sullo stato di conservazione delle opere d’arte, non desumibili a occhio nudo.
Esattamente come avviene nei nostri esami medici, gli esami tecnici sulle opere d’arte consentono di penetrare sotto la pellicola pittorica visibile e di “vedere” tutti gli strati su cui il pittore ha lavorato, dalla preparazione della tela in poi e quindi, di seguire tutte le fasi e tutti i cambiamenti intervenuti prima della stesura definitiva.
La diagnostica artistica integra così, con nuove informazioni non visibili e nuovi elementi di valutazione, l’analisi visiva da parte dei conoscitori, il cui contributo nell’identificazione delle caratteristiche stilistiche resta comunque fondamentale per la conoscenza delle opere d’arte.
Si tratta di una serie di informazioni preziose che ci raccontano quella che è stata, nel nostro caso, l’elaborazione di Caravaggio nell’esecuzione dei suoi capolavori.
La mostra racconterà, quindi, non solo quelle che sono le sue caratteristiche stilistiche: i suoi fasci di luce, i violenti e drammatici contrasti con l’ombra, i primi piani coinvolgenti che rappresentano sempre il culmine dell’azione, i modelli dal vero ripresi dalla strada e raffigurati al naturale in cui facilmente ci riconosciamo ecc., ma anche e soprattutto le sue scelte tecniche, le sue modifiche, le modalità con cui, utilizzando la sua particolarissima prassi esecutiva, elabora i suoi capolavori: in una parola riusciamo a entrare Dentro Caravaggio per seguire il suo processo creativo.

La mostra si avvale anche delle intuizioni e degli studi di grandi storici dell’arte, che nel corso del Novecento hanno capito l’importanza di questa nuova metodologia di ricerca: sir Denis Mahon, Lionello Venturi, Maurizio Calvesi, Roberto Longhi, Mina Gregori e Keith Christiansen, presidente del nostro comitato scientifico, e molti altri.

Mina Gregori, in particolare, ha curato nel 1991- 1992 una fondamentale mostra a Firenze e a Roma, che ha tracciato la strada in Italia degli studi sulla tecnica di Caravaggio e che è l’esempio a cui mi sono voluta idealmente ricollegare.

I nostri studi hanno permesso di proseguire le ricerche sulla base dei risultati e degli insegnamenti raggiunti grazie all’esperienza di Mina Gregori e di delineare alcuni tratti essenziali della tecnica di Caravaggio: sfatando, per esempio, il mito consolidato secondo cui il grande maestro lombardo non era uso disegnare, sono emersi tratti di disegno sulla preparazione chiara utilizzata da Caravaggio nei suoi lavori giovanili, come si vedrà in mostra in alcune opere come Riposo durante la fuga in Egitto della Galleria Doria Pamphilj (Roma). Caravaggio quindi inizia a dipingere seguendo la tecnica tradizionale del suo tempo: disegna sulla preparazione chiara e procede aggiungendo, per velature successive, le varie stesure di colore e le ombre.


La buona ventura (1597), Roma, Musei capitolini, Pinacoteca capitolina.

Il cambiamento cruciale nella sua tecnica avviene già negli ultimi anni del Cinquecento, ma si perfeziona soprattutto nel Seicento, quando Caravaggio viene chiamato a eseguire le due grandi tele per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: il suo debutto pubblico nel panorama artistico romano che certo non lo amava. Perdipiù doveva dipingere su tele enormi, cui non era abituato, e in un tempo brevissimo: gli venne concesso un solo anno per completare il lavoro.


In opere come Riposo durante la fuga in Egitto sono emersi tratti di disegno


Caravaggio ha dovuto elaborare in fretta un nuovo metodo di lavoro: sulla preparazione scura, imposta rapidamente la composizione con incisioni e abbozzi e aggiunge soltanto i chiari e i mezzi toni, cioè dipinge solo le parti in luce o in penombra. Nelle parti in ombra e sul fondo non c’è pittura, ma solo preparazione scura, che da questo momento in poi entra prepotentemente nell’impostazione cromatica dei suoi dipinti.


Riposo durante la fuga in Egitto (1596-1597), Roma, Galleria Doria Pamphilj.

Di fatto non esegue le figure nella loro interezza, ma solo le parti raggiunte della luce: un’intuizione geniale e un gran risparmio di tempo. In questo modo le sue esecuzioni diventano velocissime, una caratteristica questa di cui si accorsero anche i suoi contemporanei e che è stata tramandata dai suoi biografi.

Una tecnica che Caravaggio non amava divulgare: infatti non ebbe allievi e non volle mai una scuola che seguisse i suoi insegnamenti. Questo non impedì, naturalmente, che alcuni dei suoi espedienti tecnici fossero poi ripresi dai suoi seguaci, come per esempio le incisioni che troviamo occasionalmente presenti, tra gli altri, nelle opere di Manfredi, Saraceni, Ribera, Spadarino ecc.

Una tecnica, questa, che Caravaggio non abbandonerà più, rendendola sempre più compendiaria, scarna ed essenziale fino alle estreme conseguenze del magnifico Martirio di sant’Orsola, del 1610, anno della sua morte, dove il buio/preparazione scura prende ormai il sopravvento sulla luce e le figure, delineate da poche pennellate di abbozzo chiaro, sono letteralmente inghiottite dal fondo scuro.


San Giovanni battista (1604), Roma, Gallerie nazionali di arte antica, Galleria Corsini.

Un altro elemento di grande interesse emerso nel corso della ricerca è la scoperta di una serie di immagini “nascoste”, cioè dipinte in un primo momento da Caravaggio, poi da lui eliminate, ora nuovamente rese visibili dalle radiografie. Un esempio molto curioso è, nel San Giovanni battista di palazzo Corsini, l’aggiunta di un agnello, simbolo iconografico del santo, che ebbe un tormentato inserimento nella composizione, più volte modificata, e che venne poi alla fine eliminato. L’iniziale presenza dell’agnello spiega la incomprensibile posizione in cui si trova ora san Giovanni, che adesso sappiamo essere in origine rivolta verso l’animale.

Oppure le diverse impostazioni del magnifico angelo di spalle del già ricordato Riposo durante la fuga in Egitto della Galleria Doria Pamphilj, previsto all’inizio non in posizione centrale dove lo vediamo ora, ma nella parte destra del dipinto, così come la già nota immagine della Vergine col Bambino, dipinta sotto la Buona ventura della Pinacoteca capitolina, attribuita finora al suo antico maestro, il Cavalier d’Arpino e ora, grazie alle nuove indagini, nuovamente studiata e probabilmente da riferire allo stesso Caravaggio.

Si tratta dunque di una mostra che raccoglie la sfida di presentare metodi, tecniche e novità della ricerca più recente e tecnologicamente più avanzata su Caravaggio, rendendola accessibile al grande pubblico, che potrà godere del fascino delle sue opere accompagnate e illustrate dalle nuove immagini tecniche. Ed è significativo che questo avvenga a Milano, città natale dell’artista, e che venga aperta a Palazzo reale nel giorno del suo compleanno.


Fanciullo morso da un ramarro (1596-1597), Firenze, Fondazione di studi di storia dell’arte Roberto Longhi.

Dentro Caravaggio

Milano, Palazzo reale
a cura di Rossella Vodret
dal 29 settembre 2017 al 28 gennaio 2018
9.30-19.30, giovedì e sabato 9.30-22.30, lunedì 14.30-19.30
coprodotta da Comune di Milano - MondoMostre Skira con il sostegno del gruppo Bracco
catalogo Skira
www.caravaggiomilano.it

ART E DOSSIER N. 347
ART E DOSSIER N. 347
Ottobre 2017
In questo numero: AUTUNNO, TEMPO DI MOSTRE Jasper Johns a Londra, Marino Marini a Pistoia, Magritte a Bruxelles, Paul Klee a Basilea, Mägi a Roma, Caravaggio a Milano, Il Cinquecento a Firenze, I Longobardi a Pavia.Direttore: Philippe Daverio