Luoghi da conoscere
Arte e natura nelle isole giapponesi

IL PATHOS
DELLE COSE

Luoghi dove l’arte si lega all’ambiente e il concetto di bellezza si integra con i mutamenti spontanei della natura. Questi i presupposti del Benesse Art Site di Naoshima, nel mare interno di Seto, in Giappone, progettato a fine anni Ottanta da Tadao Ando. Un’esperienza diffusa anche nelle vicine isole di Teshima e Inujima, che contribuiscono a ospitare opere contemporanee ed edifici realizzati in armonia col genius loci.

Bianca Cerrina Feroni

Per Hiroshi Sugimoto ciò che separa il mare dal cielo è una linea sottile che distingue due diverse tonalità di grigio. Le quattordici fotografie della serie Time Exposed sono state disposte su una delle pareti esterne del Benesse House Museum di Naoshima, piccola isola del mare interno del Giappone. Rigorosamente minimaliste, non mostrano alcun riferimento al tempo in cui sono state scattate: né una barca, né un essere umano. Immobilizzando il mare, il più noto fotografo giapponese ha cercato di fermare il tempo, fino a che le stampe, esposte alle intemperie e ai cambiamenti climatici, scompariranno per rientrare a far parte del ciclo naturale delle cose. Quest’opera sembra così ergersi a icona del “Mono no Aware”, il pathos delle cose, ovvero dell’ideale estetico giapponese che esprime proprio la bellezza intrinseca del divenire. A Naoshima e nelle isole vicine di Teshima e Inujima, tutte le opere, compresi gli edifici che le contengono, sono state concepite secondo questo principio di comunione spirituale e panteistica con la natura.

Il progetto che ha trasformato l’area in una meta imprescindibile dell’arte contemporanea nasce nel 1989, quando Soichiro Fukutake, uomo d’affari e collezionista d’arte, portò avanti l’idea visionaria del padre di contrastare il declino demografico di queste isole di pescatori attraverso la creazione contemporanea. Chiese allora a Tadao Ando di collaborare alla costruzione di un luogo dove arte e natura si potessero incontrare e mescolare. In linea con i suoi principi teorici, secondo i quali gli edifici devono seguire le forme naturali del paesaggio, l’architetto vincitore del Pritzker Architecture Prize nel 1995 ha costruito nell’arco di due decenni gli edifici del Benesse Art Site di Naoshima, un insieme di musei, installazioni in situ, opere “en plein air” e hotel.

Le stampe di Sugimoto, esposte alle intemperie e ai cambiamenti climatici, scompariranno per rientrare a far parte del ciclo naturale delle cose


La Benesse House Museum, che è sia hotel sia museo, è stata inaugurata per prima, nel 1992. Al suo interno ci sono molte opere di artisti americani del dopoguerra: l’espressionismo astratto e la Pop Art di Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Andy Warhol si alternano ai neon lampeggianti di Bruce Naumann e al minimalismo di Donald Judd. Altre opere invece si nutrono dello spirito del luogo, dialogando con gli elementi propri all’isola stessa. Il più noto artista della Land Art, Richard Long, ha cominciato a raccogliere pietre e frammenti di rocce nel 1997 e li ha poi disposti nel grande mandala Full Moon Stone Circle, esposto anch’esso su una terrazza esterna. L’anno prima Jannis Kounellis aveva usato legno, tessuto, ceramiche e altri materiali locali di uso quotidiano per creare una specie di alveare verticale di ricordi. Sul molo della spiaggia davanti all’hotel la zucca psichedelica di Yayoi Kusama, Pumpkin, e le sculture di Niki de Saint Phalle circondano l’edificio.


Hiroshi Sugimoto, TIme Exposed (1980-1997), Naoshima, Benesse House Museum.

Richard Long, Full Moon Stone Circle (1997), Naoshima, Benesse House Museum.


Walter de Maria, Time/Timeless/No Time (2004), Naoshima, Chichu Art Museum.

Il Teshima Art Museum è appoggiato come una goccia sul terreno


Qualche anno dopo, nel 1998, la volontà di utilizzare l’arte come strumento per far rinascere la zona e le sue comunità si è concretizzata nell’Art House Project, grazie al quale il villaggio di pescatori di Honmura è stato in parte riconvertito in spazio artistico all’aria aperta. Nel restaurare alcune case tradizionali e luoghi di culto abbandonati, gli artisti invitati hanno mantenuto un legame con la storia degli edifici. Tra le sette costruzioni, la casa di Kadoya, antica di duecento anni, è stata ristrutturata dall’artista giapponese Tatsuo Miyajima con l’installazione Sea of Time ’98. Sul pavimento si stende uno specchio d’acqua sul quale fluttuano centinaia di numeri a simboleggiare lo scorrere inarrestabile del tempo.

Sempre in stretta relazione con il territorio, nel 2004 Ando ha costruito il Chichu Art Museum, letteralmente Museo nella terra. Nel 2010 nasce il Lee Ufan Museum, dove placche d’acciaio e pietre usate dall’artista coreano sono semplicemente messe in relazione tra loro e con l’ambiente circostante.

Il Chichu Art Museum è appena visibile dall’esterno. Nonostante sia un museo sotterraneo, quasi tutte le stanze sono state progettate per essere illuminate dalla luce naturale. La percezione delle opere dipende così dalle ore della giornata. Vi sono esposte le opere di tre artisti che hanno fatto della luce il loro materiale principale. A cominciare dalle cinque ninfee tardive di Claude Monet, il quale scelse proprio questo fiore, simbolo della sua passione per il Giappone, per compiere le sue ricerche sulla luce e catturare attraverso di essa la fugacità dei fenomeni atmosferici.


James Turrell, Open Sky (2004), Naoshima, Chichu Art Museum.

Teshima Art Museum realizzato dall’architetto Ryue Nishizawa sull’isola di Teshima.


Christian Boltanski, Les Archives du Coeur (2008), Teshima Art Museum.

Sull’enorme sfera di granito nera dell’installazione di Walter de Maria Time/Timeless/ No Time, circondata da ventisette sculture di legno dorato, si riflette il cielo sovrastante. Si possono così contemplare, come in un monumentale tempio geometrico, le diverse sfumature di luce che attraversano lo spazio dall’alba al tramonto. Nell’opera Open Sky, di James Turrel, convivono simultaneamente il mondo del chiuso e dell’aperto attraverso un’apertura sul soffitto dalla quale gli spettatori possono solo osservare il cielo. La compenetrazione di ambiente e architettura ha ispirato anche l’architetto Ryue Nishizawa, il quale ha costruito, nell’isola vicina, il Teshima Art Museum. Appoggiato come una goccia sul terreno, il museo, completamente vuoto, è stato progettato per accogliere un’installazione dello scultore giapponese Rei Naito: Bokei (Matrice) è un elogio alla forza generatrice della natura. Tante goccioline sgorgano dal terreno attraverso la sottile membrana di cemento che riveste il pavimento. Lo spettatore può solo contemplare i misteriosi movimenti delle gocce d’acqua che vengono prodotti dal vento che entra nell’edificio attraverso due grandi aperture ovali sul soffitto.

La stessa forza vitale si ritrova nell’opera di Christian Boltanski, il quale, come Sugimoto, ha cercato di fermare il tempo per esorcizzare il timore della morte. E proprio a Teshima nel 2008 ha installato Les Archives du Coeur, dove si può ascoltare il suono di migliaia di battiti cardiaci registrati in giro per il mondo. Ogni visitatore può aggiungere il proprio battito al potenzialmente infinito memoriale e lasciare cosi una parte del suo cuore nelle isole del mare interno di Seto.


Rei Naito, Bokei (2010), Teshima Art Museum.

Benesse Art Site Naoshima
Naoshima, Teshima e Inujima (Giappone, mare interno di Seto)
www.benesse-artsite.jp

ART E DOSSIER N. 347
ART E DOSSIER N. 347
Ottobre 2017
In questo numero: AUTUNNO, TEMPO DI MOSTRE Jasper Johns a Londra, Marino Marini a Pistoia, Magritte a Bruxelles, Paul Klee a Basilea, Mägi a Roma, Caravaggio a Milano, Il Cinquecento a Firenze, I Longobardi a Pavia.Direttore: Philippe Daverio