CATALOGHI E LIBRI
GIUGNO 2017
ARCHIVI IMPOSSIBILI
L’“archivio” è un’«ossessione dell’arte contemporanea». Lo segnala Cristina Baldacci, che dedica da tempo (talvolta anche su “Art e Dossier”) brillanti studi all’idea di archivio, museo, atlante, insomma alle multiformi pratiche di catalogazione, ideale e non, da parte di artisti e teorici: pratiche che hanno radici nei secoli passati ma si sono rinforzate nel Novecento e godono ancora di discreta salute. Impossibile sintetizzare qui un’analisi che spazia su vari fronti. Come viatico alla lettura, che sarà di particolare interesse per chiunque si occupi di contemporaneo e storia della critica, Baldacci percorre principalmente tre tematiche: Archiviomania, introduzione alla tendenza ad accumulare anziché selezionare, dai tempi del ready-made di Duchamp e Mnemosyne di Warburg a oggi. Pratiche d’archivio, dal catalogo mozartiano di Don Giovanni al Declassified Wallpaper di William E. Jones del 2015. Anarchivi, antiarchivi, controarchivi, che illustrano alcune fra le opere più significative di questi tempi.
UN MESTIERE SEMPLICE
Nell’immediato dopoguerra un giovane, distinto milanese, visita a Genova la casa dei pronipoti della contessa Castiglione, che a Parigi era stata intima di personaggi influenti e si era sbarazzata dei documenti più personali nascondendoli in una cassa inviata in Italia. I discendenti genovesi vogliono vendere, in quel periodo di ristrettezze, il baule malconcio pieno di fogli, lettere, documenti. Carlo Alberto Chiesa, questo il nome del giovane che sulle orme del padre si è appassionato a libri e documenti antichi, offre loro una cifra relativamente modesta, vista la scarsa disponibilità del momento. Affare fatto. Il baule viene caricato da un facchino su un carretto, e poi montato sul tetto della corriera per Milano (i treni ancora non funzionano un gran che, dopo che il ponte sul Po era stato bombardato). «La tragedia» come racconta in questo delizioso librino il protagonista della vicenda, «avviene a Milano», perché per scaricare il baule, il fondo marcio si sfascia, e per strada svolazzano diversi documenti (non tutti) che avrebbero fatto la gioia di bibliofili, collezionisti, storici, e in prima battuta dei librai antiquari. È questo uno dei primi episodi raccontati all’inizio degli anni Novanta, in un’aula gremita di studenti alla Cattolica, da Carlo Alberto Chiesa (1926-1998), uno dei più famosi librai antiquari del secolo scorso. Il testo qui ripubblicato rispettando le registrazioni è colloquiale, semplice e diretto, senza prosopopea. Il libraio di via Bigli, ben noto a tutti i bibliofili, si era fatto così, nel dopoguerra, vendendo anche, con dispiacere, la biblioteca del padre, per poter soggiornare a Parigi e farsi le ossa nel regno degli antiquari e dei “bouquinistes”. Gli aneddoti si rincorrono uno dietro l’altro. Chiesa rammenta, per esempio, il Galanti, un antiquario italiano che a Parigi abitava alla Muette, e aveva affastellato una tal quantità di libri (perfino nel bagno) da esser costretto ad andare a lavarsi con la moglie ai bagni pubblici… Peraltro, i letti dei due coniugi erano separati da una pila di volumi. «Un mestiere semplice», quello del librario antiquario, «che dà da vivere», diceva Chiesa agli studenti. Speriamo non si sia sbagliato.
PICASSO PARADE
Si è parlato, in questo numero della rivista, della mostra napoletana su Picasso a Roma e Napoli (pp. 46-51) ma non si è detto cosa significhi Parade, titolo del balletto di Djagilev su testo di Cocteau e musica di Satie, allestito con sipario, scenografia e costumi di Picasso. Ci risponde Jean-François Chougnet nel bel catalogo della mostra, un libro raffinato e un po’ cubista nella grafica, non imponente nel senso del peso (ed è un pregio) ma essenziale, con saggi e novità che resteranno a fondamento per studi futuri. Nel proporre a Satie e Picasso la collaborazione a Parade Cocteau «riprende, forse inconsciamente, una di quelle strane parole erranti che hanno attraversato lingue e paesi», annota Chougnet. D’etimologia incerta, “parade”, parata, indica almeno dal Seicento un’esibizione per attirare il pubblico, all’esterno di un luogo di spettacolo (nel nostro caso il circo). La passione per il circo non era nuova alle avanguardie, ma in questo caso accomunava una vera e propria idolatria da parte di Picasso e Cocteau anche per le maschere (della Commedia dell’arte ma anche quelle africane, primitive). Il soggiorno italiano dei due amici si arricchisce d’influenze e contaminazioni con il teatro dell’arte, le maschere antiche di Pompei, il presepe napoletano e i burattini. Non a caso Carmine Romano sottolinea in catalogo la presenza di statuine napoletane fra gli oggetti acquistati da Picasso in Italia, oggi nelle collezioni del nipote Bernard Ruiz Picasso, figlio di Paulo, nato dall’unione dell’artista con Olga Chochlova, la prima moglie. Ecco che in una fotografia del 1920 al pianoforte di Olga vediamo alle sue spalle i due grandi, meravigliosi Pulcinella in cartapesta e tessuto, dipinti a tempera, che confermano il loro acquisto nel corso del soggiorno napoletano di Picasso. Molti altri spunti illuminano i rapporti con l’arte italiana ma anche l’ammirazione di Picasso per gli affreschi napoletani di Hans von Marées nella biblioteca della Stazione zoologica Dohrn, che aveva visitato con Stravinskij. Nuove aperture anche dal saggio su Satie di Strinati, che è fine musicologo oltreché storico dell’arte.
ART E DOSSIER N. 344
GIUGNO 2017
In questo numero: MOSTRE PER L'ESTATE Hirst a Venezia, Indiana a Lugano, Documenta ad Atene, Giacomelli a Bergamo, Il colore a Rivoli e a Torino. Picasso a Parigi e a Napoli, Sassoferrato a Perugia, Il Colosseo a Roma. Bergamo celebra Baschenis. In ricordo di Kounellis. Direttore: Philippe Daverio