CATALOGHI E LIBRI

GIUGNO 2017

IL MUSEO

Icona è un termine abusato, e Natali lo sostituisce con “feticcio” per contestare con autorevole coraggio, controcorrente rispetto all’effimero di certe iniziative e mode, «l ’idolatrico approccio ai capolavori». Questo libro raccoglie non già i saggi dello studioso, ma gli scritti più in sintonia col suo lavoro al museo: pagine munite comunque della sapienza di chi ha dedicato la vita non solo alle beghe burocratiche e alla tutela di un patrimonio inestimabile come quello degli Uffizi ma anche allo studio. Natali ha diretto il museo fiorentino dal 2006 al 2015 ma vi era entrato nel 1981. Lo ricordiamo in decine di battaglie, ricerche, eventi felici come il restauro del Tondo Doni; in momenti bui, come la mattina dell ’attentato del 1993, intorno alla voragine della bomba, senza lamenti, con voglia di fare, ricominciare. E lo stimiamo, soprattutto, per aver guidato una ristrutturazione che pareva missione impossibile: non chiudere al pubblico gli Uffizi, neanche un giorno, e al contempo spostare, restaurare, riordinare secondo un procedimento razionale e rigoroso, per giunta didattico, in sintonia con sviluppi e scuole della storia dell ’arte, che oggi è sotto gli occhi di tutti e ci auguriamo non venga stravolto. Al di là di ricordi e retoriche elogiative, questi suoi scritti, ordinati per tematiche vicine alla sua idea di museo e della poesia che comunica, fanno capire, che si concordi o meno con lui, come sia fuori luogo «l ’accusa molesta di moralismo accidioso», nel caso, poniamo, della negazione di un prestito o della “valorizzazione” di aspetti meno di moda. Riordinamenti in apparenza poco popolari come quello della Tribuna restaurata di Buontalenti o eventi come I mai visti e La Città degli Uffizi hanno esteso la conoscenza dei capolavori del museo anche ai depositi, fatto conoscere e ammirare (vista l’affluenza) opere che non sono “icone”, almeno nel senso più frusto della parola. Perché la storia dell ’arte, come anche ha insegnato Zeri, non è solo fatta di Botticelli e Michelangelo. Che pure amiamo e studiamo, nonostante una politica infausta ne abbia ridotto l’insegnamento nelle scuole.

Antonio Natali Silvana, Milano 2016 280 pp. € 14

ARCHIVI IMPOSSIBILI

L’“archivio” è un’«ossessione dell’arte contemporanea». Lo segnala Cristina Baldacci, che dedica da tempo (talvolta anche su “Art e Dossier”) brillanti studi all’idea di archivio, museo, atlante, insomma alle multiformi pratiche di catalogazione, ideale e non, da parte di artisti e teorici: pratiche che hanno radici nei secoli passati ma si sono rinforzate nel Novecento e godono ancora di discreta salute. Impossibile sintetizzare qui un’analisi che spazia su vari fronti. Come viatico alla lettura, che sarà di particolare interesse per chiunque si occupi di contemporaneo e storia della critica, Baldacci percorre principalmente tre tematiche: Archiviomania, introduzione alla tendenza ad accumulare anziché selezionare, dai tempi del ready-made di Duchamp e Mnemosyne di Warburg a oggi. Pratiche d’archivio, dal catalogo mozartiano di Don Giovanni al Declassified Wallpaper di William E. Jones del 2015. Anarchivi, antiarchivi, controarchivi, che illustrano alcune fra le opere più significative di questi tempi.


Cristina Baldacci 224 pp., 32 ill. b.n. Johann & Levi, Milano 2016 € 22

UN MESTIERE SEMPLICE

Nell’immediato dopoguerra un giovane, distinto milanese, visita a Genova la casa dei pronipoti della contessa Castiglione, che a Parigi era stata intima di personaggi influenti e si era sbarazzata dei documenti più personali nascondendoli in una cassa inviata in Italia. I discendenti genovesi vogliono vendere, in quel periodo di ristrettezze, il baule malconcio pieno di fogli, lettere, documenti. Carlo Alberto Chiesa, questo il nome del giovane che sulle orme del padre si è appassionato a libri e documenti antichi, offre loro una cifra relativamente modesta, vista la scarsa disponibilità del momento. Affare fatto. Il baule viene caricato da un facchino su un carretto, e poi montato sul tetto della corriera per Milano (i treni ancora non funzionano un gran che, dopo che il ponte sul Po era stato bombardato). «La tragedia» come racconta in questo delizioso librino il protagonista della vicenda, «avviene a Milano», perché per scaricare il baule, il fondo marcio si sfascia, e per strada svolazzano diversi documenti (non tutti) che avrebbero fatto la gioia di bibliofili, collezionisti, storici, e in prima battuta dei librai antiquari. È questo uno dei primi episodi raccontati all’inizio degli anni Novanta, in un’aula gremita di studenti alla Cattolica, da Carlo Alberto Chiesa (1926-1998), uno dei più famosi librai antiquari del secolo scorso. Il testo qui ripubblicato rispettando le registrazioni è colloquiale, semplice e diretto, senza prosopopea. Il libraio di via Bigli, ben noto a tutti i bibliofili, si era fatto così, nel dopoguerra, vendendo anche, con dispiacere, la biblioteca del padre, per poter soggiornare a Parigi e farsi le ossa nel regno degli antiquari e dei “bouquinistes”. Gli aneddoti si rincorrono uno dietro l’altro. Chiesa rammenta, per esempio, il Galanti, un antiquario italiano che a Parigi abitava alla Muette, e aveva affastellato una tal quantità di libri (perfino nel bagno) da esser costretto ad andare a lavarsi con la moglie ai bagni pubblici… Peraltro, i letti dei due coniugi erano separati da una pila di volumi. «Un mestiere semplice», quello del librario antiquario, «che dà da vivere», diceva Chiesa agli studenti. Speriamo non si sia sbagliato.


Carlo Alberto Chiesa Officina Libraria, Milano 2016 96 pp, 2 ill. b.n € 10

PICASSO PARADE

Si è parlato, in questo numero della rivista, della mostra napoletana su Picasso a Roma e Napoli (pp. 46-51) ma non si è detto cosa significhi Parade, titolo del balletto di Djagilev su testo di Cocteau e musica di Satie, allestito con sipario, scenografia e costumi di Picasso. Ci risponde Jean-François Chougnet nel bel catalogo della mostra, un libro raffinato e un po’ cubista nella grafica, non imponente nel senso del peso (ed è un pregio) ma essenziale, con saggi e novità che resteranno a fondamento per studi futuri. Nel proporre a Satie e Picasso la collaborazione a Parade Cocteau «riprende, forse inconsciamente, una di quelle strane parole erranti che hanno attraversato lingue e paesi», annota Chougnet. D’etimologia incerta, “parade”, parata, indica almeno dal Seicento un’esibizione per attirare il pubblico, all’esterno di un luogo di spettacolo (nel nostro caso il circo). La passione per il circo non era nuova alle avanguardie, ma in questo caso accomunava una vera e propria idolatria da parte di Picasso e Cocteau anche per le maschere (della Commedia dell’arte ma anche quelle africane, primitive). Il soggiorno italiano dei due amici si arricchisce d’influenze e contaminazioni con il teatro dell’arte, le maschere antiche di Pompei, il presepe napoletano e i burattini. Non a caso Carmine Romano sottolinea in catalogo la presenza di statuine napoletane fra gli oggetti acquistati da Picasso in Italia, oggi nelle collezioni del nipote Bernard Ruiz Picasso, figlio di Paulo, nato dall’unione dell’artista con Olga Chochlova, la prima moglie. Ecco che in una fotografia del 1920 al pianoforte di Olga vediamo alle sue spalle i due grandi, meravigliosi Pulcinella in cartapesta e tessuto, dipinti a tempera, che confermano il loro acquisto nel corso del soggiorno napoletano di Picasso. Molti altri spunti illuminano i rapporti con l’arte italiana ma anche l’ammirazione di Picasso per gli affreschi napoletani di Hans von Marées nella biblioteca della Stazione zoologica Dohrn, che aveva visitato con Stravinskij. Nuove aperture anche dal saggio su Satie di Strinati, che è fine musicologo oltreché storico dell’arte.


A cura Sylvain Bellenger, Luigi Gallo saggi di vari autori Electa, Milano 2017 pp. 236, 190 ill. b.n. e colore € 40

ART E DOSSIER N. 344
ART E DOSSIER N. 344
GIUGNO 2017
In questo numero: MOSTRE PER L'ESTATE Hirst a Venezia, Indiana a Lugano, Documenta ad Atene, Giacomelli a Bergamo, Il colore a Rivoli e a Torino. Picasso a Parigi e a Napoli, Sassoferrato a Perugia, Il Colosseo a Roma. Bergamo celebra Baschenis. In ricordo di Kounellis. Direttore: Philippe Daverio