Letture iconologiche
I “grilli” nell’arte di Bosch e le loro origini

ARRIVANO
I MOSTRI

I “grilli” - mostriciattoli di varia natura - popolano l’immaginario creativo (non solo occidentale) da qualche millennio, e non accennano a dileguarsi. La pittura fiamminga del XVI secolo ne è stata collettore e veicolo di diffusione.

Claudio Pescio

strani esseri, un po’ uomo, un po’ animale, si aggirano nelle arti maggiori e minori da più di duemila anni. Mutazioni innaturali, assemblaggi fantasiosi, deformazioni demoniache ci presentano un’alterazione della realtà esibendocene il lato assurdo, grottesco. Un campionario di freaks che arriva da epoche e civiltà diverse come per un happening che assume forme stabili e ricorrenti nell’immaginario europeo, invadendo motivi decorativi, simbologie, iconografie che si tramandano per generazioni a dare corpo a ossessioni e paure evidentemente mai sopite e anzi bisognose di valvole di sfogo.

L’idea di base è che c’è un mondo, nei territori dell’irragionevole, che ci rivela qualcosa, che ci aiuta a capire, a dare un senso all’incomprensibile, un mondo sta “oltre i confini della percezione”, avrebbe detto qualche protagonista di esperienze lisergiche, e quel mondo ce lo possono mostrare solo i pazzi, i poeti e gli artisti. In fondo, quel che vediamo non è tutto il visibile, e a sua volta il visibile non è tutto ciò che esiste.

Jurgis Baltrušaitis, nel suo Il Medioevo fantastico (1955) indica l’Oriente come fonte delle “imageries” più enigmatiche e ne setaccia la produzione per trovare gli agganci visivi utili a un confronto fra culture differenti. Perché magie e bizzarrie alloggiano ovunque, nella testa dell’uomo, e un volto buffo rende l’ignoto meno spaventoso: chi può aver paura di una cosa divertente?


Grilli dal Salterio Vaux-Bardolf (1310-1320), Londra, Lambeth Palace.

Buffo doveva essere il personaggio che ha ispirato e battezzato col proprio il nome con cui questi esseri di fantasia sono conosciuti: “grilli”. Plinio il Vecchio racconta di un greco chiamato Gryllos (porcellino) la cui caricatura, opera di un certo Antiphilos, era diventata piuttosto popolare e che probabilmente lo ritraeva un po’ uomo un po’ animale (niente a che fare con l’omonimo insetto, quindi). Da allora i “grylloi” sono entrati in varie forme a dare un aspetto visibile a figure satiriche d’invenzione, soprattutto in pittura e nella glittica. È proprio in questa ultima veste di gemme o pietre incise (ma anche di monete) che si sono diffusi in tutta l’area mediterranea.


Ancora due grilli dal Salterio Luttrell.

Tutto ciò che unisce esseri di natura diversa assume una connotazione magica


In questo ampio e differenziato ambito culturale si saldano influenze iraniane e caldee, miti mesopotamici, cinocefali indiani e demoni in viaggio dalla lontana Cina (ne vediamo ancora oggi le tracce in Ai Weiwei). E si riversano là dove non ti aspetti, nella cultura greco-romana, che non riserva solo modelli aurei di classica e serena compostezza ma anche tangibili tracce di mondi alla rovescia.

Ora, fin dall’antichità tutto ciò che unisce esseri di natura diversa assume una connotazione magica, e i grilli incisi diventano amuleti ricercatissimi, oggetti di collezionismo, finendo a decorare reliquiari medievali, armi o gioielli, in particolare nel Nord Europa.

Nell’area settentrionale del nostro continente, nel Medioevo, la cultura classica non è (solo) un faro di grazia, equilibrio e compostezza ma una miniera stratificata di bizzarrie, creature fantastiche, miti arcaici e misteriosi, di grilli e grottesche. Se ne trovano nella decorazione di chiese romaniche e cattedrali gotiche: la Sheela-Na- Gig scolpita nella chiesa di Kilpeck, nell’Herefordshire, in Inghilterra (XII secolo) rimanda, con la sua grottesca deformazione del sesso femminile, ad analoghe raffigurazioni e ad antichi culti della fertilità già diffusi in Francia e Spagna. Animali fantastici ornano capitelli e portali a Metz, a Chartres, a Vézelay o a Rosheim (Alsazia), ma anche più vicino a noi se ne trovano esempi, per esempio a Montalcino in Sant’Antimo o nello Zodiaco della cattedrale di Otranto.


Pietra romana incisa (II-III secolo), New York, Metropolitan Museum of Art.

Li Lung-Mien, Demoni tuono (Cina, 1080 circa).


Metamorfosi (XIII secolo), Metz, cattedrale.

Anche i codici miniati accolgono volentieri la strana fauna che torna ad affacciarsi all’immaginario corrente, nei bestiari o nei salteri: il Salterio Luttrell (Inghilterra 1320-1345, Londra, British Library) unisce una grande varietà di grilli a scene realistiche di vita quotidiana, e figurine deformi o strani esseri di aspetto composito e divertente (“drôleries”) appaiono spesso come motivi decorativi nei girali che incorniciano le pagine o nelle iniziali.

Ma è nella pittura di Jheronimus Bosch che troviamo una sorta di enciclopedia del grillo e delle sue principali manifestazioni: teste con gambe, raddoppiamenti di teste, dislocazione di nasi (ma anche di teste, che ritroviamo su spalle, dorsi, petti), moltiplicazioni degli arti, simbiosi di uomini e animali, oggetti e animali, oppure oggetti che si animano insieme a molteplici testimonianze di stranezze e inversioni del buon senso: pesci o navi che volano, uomini che cavalcano pesci, pietre antropomorfe o provviste di occhi, quadrupedi dotati di due sole zampe, cozze giganti che danno vita a esseri umani o diventano imbarcazioni - fornendo così una versione grottesca del mito classico della conchiglia come fonte di vita che vediamo per esempio nella Nascita di Venere di Botticelli. Bosch usa spesso elmi e cimieri in forma animale, forzature giocose di quanto appariva in effetti nelle armature da parata.
Vediamo struttura e significato di almeno uno di questi esseri mostruosi prendendo la figura ornitomorfa con mantello rosso che compare nel Trittico delle tentazioni di sant’Antonio (1502 circa, Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga): uno dei più noti grilli di Bosch. Il trittico è ricchissimo di figure ed episodi, ma questa creatura demoniaca emerge nel primo piano della tavola di sinistra. È la prima opera di Bosch in cui la popolazione mostruosa cresce a dismisura.

Un mondo alla rovescia cui il pittore di ‘s-Hertogenbosch conferisce realismo e credibilità


Il santo compare in tutte e tre le tavole, col suo saio segnato dal “tau”, ultima lettera dell’alfabeto ebraico e per i cristiani segno di salvezza associato alla croce, e il santo era legato al concetto di salvezza attraverso la preghiera, unico rimedio ai tormenti di quello che viene chiamato “fuoco di sant’Antonio” (Herpes Zoster), uno fra i tanti flagelli determinati dallo spargersi del Male sulla Terra, ma significativamente causa non solo di dolore acuto ma anche di visioni e allucinazioni. L’ergotismo - connesso ai sintomi descritti - è un’intossicazione causata da un fungo (ergot) che cresce sulla segale (in questo caso si parla di segale “cornuta”, per la forma caratteristica dell’escrescenza fungoide), cereale che è spesso alla base della farina in molti paesi del Nord Europa, al punto che alcuni studiosi hanno messo in relazione le visioni di Bosch con una sorta di familiarità con il fenomeno. 

Casseforti e salvadanai, incisione da Pieter Brueghel il Vecchio (1570 circa).

Ebbene, proprio il nostro grillo, un demonio dal cappello a imbuto (segno di stupidità), incerto su un paio di pattini (simbolo di instabilità), porta legato al becco da uccello un cartiglio con la scritta “protio”, abbreviazione per “protestatio”, protesta, contro il Male di cui lui stesso è parte e contro ciò che il Male provoca nel mondo e che il trittico esemplifica in una parata di incubi, tentazioni, malattie, punizioni, afflizioni.

Ciò che può apparire gioco intellettuale, in Bosch è in realtà indissolubilmente legato a un monito costante: la vanità della vita, la presenza costante del peccato e del demonio, l’inevitabile e immaginificamente illustrato castigo di chi contravviene alle leggi di Dio. In quest’ottica va letta quella che è manifestazione di un “disordine”, una mancanza di ordine, appunto, determinata dall’azione del demonio, che fa saltare i canoni e i criteri con cui il mondo è regolato e funzionante. Un mondo alla rovescia cui il pittore di ’s-Hertogenbosch conferisce realismo e credibilità e al quale Pieter Brueghel darà un seguito di colorite varianti, così come fanno nello stesso periodo Herri met de Bles o Pieter Huys. Una tradizione ininterrotta che arriva a belgi nostri contemporanei come i surrealisti Delvaux e Magritte, a una scrittrice dalle stesse origini e dichiaratamente affascinata dall’arte fiamminga come Marguerite Yourcenar, fino a Jan Fabre, nato ad Anversa, costruttore di globi terrestri fatti di scarabei, di teste umane dotate di corna, di uomini-bruco e altre metamorfiche testimonianze del permanere, nell’immaginario umano, di una sorta di Medioevo perenne, tormentato e irreale, incline ai mostri e ai sortilegi, ai capricci e all’artificio. Ad avere quelli che continuiamo a chiamare “grilli per la testa”.


Due dettagli dal Trittico delle tentazioni di sant'Antonio (1502 circa) di Jheronimus Bosch, Lisbona, Museu Nacional de Arte Antiga.


BOSCH A VENEZIA
Nell’Appartamento del doge in Palazzo ducale, a Venezia, si tiene l’ultima in ordine di tempo (ma non di importanza) delle mostre dedicate al cinquecentenario della morte di Bosch (orario 8,30- 17,30 fino al 30 marzo, 8,30-19 dal 1° aprile al 4 giugno; www.palazzoducale. visitmuve.it). Col titolo Jheronimus Bosch e Venezia è aperta un’esposizione che presenta circa cinquanta opere da vari musei europei in dialogo con i tre capolavori conservati nel capoluogo lagunare - Trittico degli eremiti, Visioni dell’aldilà, Martirio di santa Liberata -, restaurati per l’occasione. Il tema della mostra gira attorno al tema del sogno, della visione, della paura dell’ignoto; tra gli artisti rappresentati Dürer, Brueghel, Massys, Van Scorel, Heintz il Giovane. Ma un interessante focus è sulla figura del collezionista che portò in città i dipinti di Bosch e sul suo gusto raffinato per l’arte fiamminga, il cardinale Domenico Grimani: in mostra anche il bellissimo Breviario Grimani (Fiandre, 1515-1520). Altro motivo di interesse, il rapporto di Grimani stesso e in genere della cultura veneziana del tempo con l’ambiente ebraico. La mostra è curata da Bernard Aikema. Catalogo Marsilio.

Ai Weiwei, creazioni in seta e bambù (2015), ispirate alla tradizione cinese, qui nell’ambientazione della recente mostra fiorentina di Palazzo Strozzi.

ART E DOSSIER N. 342
ART E DOSSIER N. 342
APRILE 2017
In questo numero: ARTE E SOCIETA' L'affaire Dreyfus e la satira; Il museo fittizio di Broodthaers; Antigone: la pietas e il potere. IN MOSTRA Merz a New York, Haring a Milano, Oppenheim a Lugano, Winogrand/Lindbergh a Düsseldorf, Manet a Milano, Bosch a Venezia.Direttore: Philippe Daverio