Studi e riscoperte. 3
Antigone: la tragedia per immagini

INCARNAZIONE
DELLA PIETAS

Antigone, protagonista dell’omonima opera di Sofocle, non poteva non lasciare tracce nelle discipline umanistiche e storico-artistiche. Il suo prendersi cura del padre Edipo con immensa devozione fanno di questo personaggio un mito, indagato nella pittura di fine Settecento-Ottocento con tale profondità da essere ripreso anche nel XX secolo.

Valentina Motta

Il mito di Antigone affonda le sue radici in una secolare tradizione affermatasi grazie alla tragedia sofoclea e alimentata da un ricco materiale letterario e filosofico nonché storico-artistico. In particolare, l’analisi della produzione pittorica di fine Settecento-Ottocento ha consentito di rilevare alcune caratteristiche proprie del personaggio, tra cui l’eccezionale sentimento di “pietas” che lega Antigone al padre e la induce a svolgere la funzione di guida per un Edipo ormai cieco e vecchio. Tale attitudine è evocata già nella parodo di un’altra tragedia sofoclea, l’Edipo a Colono, in cui Antigone funge da supporto all’esule, come ricordato dal coro (180-184): «Conducilo, o fanciulla, più avanti; infatti tu comprendi». Nella medesima tragedia Edipo stesso interviene a sottolineare il ruolo di ausilio e sostegno svolto da Antigone, questa volta associata alla sorella Ismene (445-447): «E da queste due fanciulle, come la natura concede loro, ricevo nutrimento per vivere, la sicurezza di un asilo e il soccorso di una famiglia». Anche nell’Antigone l’eroina, poco prima di morire, allude al vincolo affettivo che la lega a Edipo (897-899), citato per primo fra tutti i familiari: «Ma ho almeno la speranza, una volta arrivata, di giungere cara al padre, e gradita poi a te, o madre, e a te, fratello mio».

Nella tragedia Le fenicie di Euripide è sottolineata nuovamente la funzione simbolica di Antigone, vero e proprio “bastone” per il padre


Il dipinto Edipo e Antigone, per il quale Charles François Jalabert si ispirò all’Edipo re, sempre di Sofocle, consente di visualizzare in modo immediato ed efficace il motivo della pietas, che qui si fonde con quello della terribile pestilenza abbattutasi su Tebe.

Nella tragedia Le fenicie di Euripide è sottolineata nuovamente la funzione simbolica di Antigone, vero e proprio “bastone” per il padre (1539-1542). Non a caso, nell’opera La fine di Edipo del pittore svizzero Johann Heinrich Füssli, che rappresenta l’addio da parte dell’uomo alle figlie nel finale dell’Edipo a Colono, compare proprio un bastone in primo piano, chiara allusione al ruolo di Antigone.


Charles François Jalabert, Edipo e Antigone (1843), Marsiglia, Musée des Beaux-Arts.

Ma è nelle Phoenissae (Le fenicie) di Seneca che questo “topos” appare predominante fin dall’incipit, dove Antigone è definita da Edipo “regimen” (guida, come già rilevato), e quindi come si legge nel primo verso colei che sostiene il «cieco genitore », e «unico sollievo per il padre stanco». Tuttavia, in questo caso, Edipo chiede alla figlia di lasciargli compiere il suo percorso, solo, liberato da ogni guida; ciò anche a costo di andare incontro a quella morte da lui prospettata come “hospitium” (rifugio ospitale). Lungi però dall’assecondare le richieste paterne, Antigone conferma il suo ruolo di compagna e sollievo per Edipo (66): «Non puoi morire senza di me; insieme a me puoi».

Antigone, la «sposa della pena» di Kierkegaard(1), è protagonista di un’altra variante iconografica, che privilegia un preciso particolare del testo sofocleo: la sosta durante il lungo cammino di esilio da Tebe. «Piega qui le tue membra su questa rozza pietra; hai percorso infatti un cammino lungo per un vecchio» (19-21). Così la ragazza nell’Edipo a Colono si rivolge al padre, invitandolo a riposarsi dal viaggio in un’area sacra, rigogliosa di lauri, olivi e viti, in cui cantano gli usignoli, e che ben si presta a una pausa ristoratrice (14-17). Questo momento sembra essere il soggetto della tela dell’austriaco Johann Peter Krafft, Edipo e Antigone(2) e dell’omonimo dipinto di Camille Bellanger, che però sceglie di rappresentare un momento di maggior quiete.
Riguardo a quest’ultimo dipinto, occorre ricordare, in particolare, che nel 1811 l’artista neoclassico Jean-Auguste-Dominique Ingres aveva portato a termine la tela Giove e Teti, in cui la ninfa si rivolge supplichevole al Dio a favore del figlio, Achille, affinché questi torni a combattere. Ora, sia in Ingres che in Bellanger, le pose dei personaggi, la ieraticità delle due figure maschili, l’atteggiamento di Antigone/Teti inginocchiate e rivolte verso Edipo/Zeus, di cui toccano il corpo, e la corrispondenza scettro/bastone sono tutti elementi che accomunano le due opere e lasciano supporre l’influenza di Ingres sul dipinto di Bellanger.

Camille Bellanger, Edipo e Antigone (senza data).


Jean-Auguste- Dominique Ingres, Giove e Teti (1811), Aix-en-Provence, Musée Granet.

Antigone si appoggia alle ginocchia paterne in atteggiamento di tenero e compassionevole affetto filiale


Oltre che alla diffusione di modelli iconografici, il successo del motivo della pietas può anche essere ricondotto ad alcune rielaborazioni francesi cinquecentesche della tragedia come quella del poeta e drammaturgo Robert Garnier, Antigone ou La piété. Infatti, già nel primo atto Antigone dichiara la propria fedeltà al padre (55-56): niente potrà separarla da Edipo se non la morte, niente la distoglierà dal proposito di accompagnarlo; niente verrà chiesto in cambio per il suo sacrificio. Del resto, egli rappresenta per la fanciulla la sua «sola eredità», l’unico con cui poter “dividere” tutto, il suo «partage» (61- 62). Inoltre, il primo atto contiene preziose indicazioni in merito alla possibile fonte iconografica degli artisti citati, in quanto Antigone, pregando il padre di non sacrificare la sua esistenza, lo invoca così (361-363): «Per i tuoi capelli grigi, ornamento di vecchiaia, per queste dolci mani tremanti di debolezza, e per queste care ginocchia che io tengo abbracciate ». In effetti, in entrambe le opere Antigone si appoggia alle ginocchia paterne in atteggiamento di tenero e compassionevole affetto filiale, proprio come la shakespeariana Cordelia dell’irlandese George William Joy in Cordelia conforta il padre. Questo dipinto va posto in relazione con la vita di Joy, che si intreccia con quella del già citato Jalabert, di cui l’artista irlandese fu allievo a Parigi dal 1868; ma, per spiegare il ricorso a una simile iconografia, va anche considerata l’influenza della tragedia greca sull’opera di William Shakespeare e, in particolare, sul Re Lear: Cordelia e Antigone(3), dunque, eroine devote e tenaci nell’amore filiale.

Il tema della pietas conosce una tale fortuna da influenzare la produzione artistica novecentesca; lo dimostrano Edipo e Antigone, l’opera surrealista di Alberto Savinio in cui i personaggi sono ridotti a manichini dall’identità annullata, e Antigone consolatrice di Giorgio de Chirico, che inserisce padre e figlia in un paesaggio desertico ed enigmatico, emblema di una nuova classicità trasposta in un contesto metafisico, fatto di rassicuranti ed eterne parvenze mitiche.


George William Joy, Cordelia conforta il padre (1886), Leeds, Leeds Museums and Galleries.

Alberto Savinio, Edipo e Antigone (1929), Cortina d’Ampezzo (Belluno), Museo d’arte moderna Mario Rimoldi.


Giorgio de Chirico, Antigone consolatrice (1973), Parigi, Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris.

(1) S. Kierkegaard, Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno, Genova 2012, p. 69.

(2) L’opera si ispira al dialogo iniziale presente nelle Phoenissae (Le fenicie) di Seneca (76), in cui Edipo manifesta alla figlia il proprio desiderio di morte.

(3) Cfr. M. E. Buckley Nicholson, Like Father, Like Daughter: The Similarities Between Fathers and Daughters in Five Shakespearean Plays, Madison 2008.

ART E DOSSIER N. 342
ART E DOSSIER N. 342
APRILE 2017
In questo numero: ARTE E SOCIETA' L'affaire Dreyfus e la satira; Il museo fittizio di Broodthaers; Antigone: la pietas e il potere. IN MOSTRA Merz a New York, Haring a Milano, Oppenheim a Lugano, Winogrand/Lindbergh a Düsseldorf, Manet a Milano, Bosch a Venezia.Direttore: Philippe Daverio