Grandi mostre. 4
Giovanni Bellini e i belliniani a Conegliano (Treviso)

UNA BOTTEGACHE HA FATTO SCUOLA

Una famiglia, quella dei Bellini, che ha lasciato il segno nella storia dell’arte oltre i confini della laguna veneta. In particolare attorno alla figura di Giovanni e al suo laboratorio, si muove una nutrita schiera di artisti per far fronte alle crescenti richieste del mercato. Piccoli collaboratori e grandi protagonisti, tutti partono dalle invenzioni del capobottega. Ecco come.
Ce lo racconta qui il curatore della mostra in corso a palazzo Sarcinelli,

Giandomenico Romanelli

È ben nota la frase con la quale il celebre diarista veneziano Marin Sanudo annota nei suoi Diarii la morte di Giovanni Bellini: «Se intese questa mattina esser morto Zuan Bellin ottimo pytor, havia hanni... la cui fama è nota per il mondo et cussì vechio come l’era, dipenzeva per excellentia». 

Siamo alla fine di novembre del 1516 e Giovanni Bellini, Zuan Bellin, nonostante l’età ben avanzata (Vasari parlerà di novant’anni!) gode ancora di una reputazione incomparabile. Dürer stesso, come si sa, passando per Venezia lo incontra e ne rimarrà ammirato e soggiogato, come dichiara in una sua lettera del febbraio del 1506, spesso citata, all’amico umanista Willibald Pirckheimer: «È molto vecchio, ma certo è ancora il miglior pittore di tutti». 

Che avesse davvero quest’età veneranda, da tempo oramai è messo in dubbio dagli studiosi ma va ricordato almeno che sia Roberto Longhi sia Giuseppe Fiocco lo facevano nascere (e non solo per la testimonianza - spesso approssimativa - di Vasari ma sulla base di un ragionamento critico tutt’altro che peregrino) nel 1425-1426. E il conto è presto fatto.


Tutte le opere in mostra provengono dalla Pinacoteca dell’Accademia dei concordi di Rovigo. Giovanni Bellini, Cristo portacroce (1510 circa).

Un’azienda ben strutturata, ricca di presenze come aiuti, collaboratori, discepoli, garzoni, il cui ruolo si è venuto di recente illuminando


Ma questa è una questione in qualche modo ancora aperta che fa (o dovrebbe far) discutere anche sulla base di recenti, se pur ambigue, sollecitazioni archivistiche. Lasciamo però anche noi i problemi di cronologia e soffermiamoci brevissimamente sulla famiglia. Il ceppo che a noi più interessa è quello che prende le mosse da Jacopo. Da lui, disegnatore sublime e pittore di vaglia con incarichi ufficiali, nascono Gentile e Giovanni. Ma già il fratello, egli pure Giovanni, è pittore, seppur di non chiarissima sostanza. Anche il figlio di una sorella di Jacopo esercita la professione, si tratta di quel Leonardo che si afferma come miniaturista di gran classe. La sorella, invece, di Gentile e Giovanni - Nicolosia - andrà sposa ad Andrea Mantegna: assieme genereranno sette figli, mentre un ottavo risulta illegittimo. 

Famiglia-laboratorio, quindi: anzi due. Se infatti Gentile, che sale a chiara fama per le sue scene “storiche”, cioè i grandi teleri con le vite di santi e gli episodi di storia veneziana oltre che per la sua attività di ritrattista, erediterà la bottega paterna, Giovanni ne apre una in proprio (e non dovette essere cosa strana, vista la sua incerta collocazione nell’albero genealogico dei Bellini, risultando anch’egli, per opinione assai diffusa tra gli studiosi, figlio illegittimo).


Girolamo da Santacroce, Madonna col Bambino, quattro santi e un donatore secondo decennio del XVI secolo).


Giovanni Bellini, Madonna col Bambino (1470 circa).

Marco Bello, Circoncisione (ultimo decennio del XV secolo).


Pasqualino Veneto, Madonna col Bambino (1496 circa).

Abbiamo detto più volte atelier, o laboratorio o bottega, e non per caso. Questa dei Bellini dovette essere un’azienda ben strutturata, ricca di presenze come aiuti, collaboratori, discepoli, allievi e garzoni, il cui ruolo e le modalità d’esercizio della comune professione si viene di recente illuminando anche se ancora persistono incertezze e zone d’ombra che non sempre risulta agevole dissipare. Chi faceva e cosa? Con quale grado di autonomia, con una divisione del lavoro orizzontale o verticale? 

È quel che ci si è chiesti affrontando la questione proprio dei belliniani, quindi l’insieme del mondo composito formatosi, da dentro o da vicino, attorno alcapo bottega, riprendendone, di certo con la sua approvazione e forse collaborazione, moduli, tipologie, strutture compositive, linguaggio, tematiche. Per la nostra mostra lo si è fatto partendo dalle collezioni della pinacoteca annessa all’Accademia dei concordi di Rovigo che, formatasi per generosa donazione soprattutto dei conti Casilini nel primo Ottocento, riflette con fedeltà il gusto e le mode dell’epoca, anche nella ri-scoperta dei cosiddetti primitivi oltre che degli artisti quattrocenteschi, una moda che ebbe proprio a Venezia, tra i suoi più ascoltati seguaci, personalità tra di loro agli antipodi sociali e culturali ma convergendo in questo gusto collezionistico, quali Carlo Lodoli e Leopoldo Cicognara.


I personaggi che frequentano la bottega di Bellini sono ben inseriti in un mercato florido e articolato


Domenico Capriolo, Ritratto di studioso (1528 circa).

Eccoci allora alle prese con personalità che escono dalla bottega di Bellini, ovvero che questa bottega frequentano per poi affrancarsi, ovvero ancora che utilizzano materiali di laboratorio (schizzi, disegni, modelli, cartoni, spolveri...) per trarre copie o rielaborazioni dai prototipi belliniani. 

I nomi sono più o meno celebri oggi, ma non sono nomi da poco, non sono, insomma, dei dilettanti che si rivolgono alla pittura, ma personaggi ben inseriti in un mercato che fu florido, articolato, e con solidi legami con una committenza di differente composizione e possibilità economiche. Lo si riscontra nei prodotti finiti, con eccellenze e magari qualche caduta qualitativa. 

I nomi: Girolamo da Santacroce, Marco Bello, Nicolò Rondinelli, Pasqualino Veneto, Francesco Bissolo, Bernardino Licinio... Ma anche personalità della statura di Andrea Previtali o, seppur di certo non belliniano in senso proprio, il grande Palma il Vecchio, fino a Tiziano, che per quella bottega passò traendone tutto il succo che se ne poteva spremere. E forse che possiamo dimenticare che anche Cima da Conegliano e Giorgione e Sebastiano del Piombo rappresentano altri possibili esiti del magistero belliniano?


Jacopo Negretti detto Palma il Vecchio, Madonna col Bambino tra i santi Girolamo ed Elena (secondo decennio del XVI secolo).


Andrea Previtali, Ritratto di giovane (1501-1502 circa).

Bellini e i belliniani dall’Accademia dei concordi di Rovigo

a cura di Giandomenico Romanelli
Conegliano (Treviso), Palazzo Sarcinelli
dal 25 febbraio al 18 giugno
orario 10-18, venerdì 10-21, sabato e domenica 10-20, chiuso lunedì
catalogo Marsilio Editori
www.mostrabellini.it

ART E DOSSIER N. 341
ART E DOSSIER N. 341
MARZO 2017
In questo numero: IMMAGINI FATTE DI LUCE Bill Viola: la videoarte; Ivana Franke: luce immateriale; Marinella Pirelli: light art; Vetrate: la luce ritrovata. IN MOSTRA Viola a Firenze, Mambor a Milano, De Stijl in Olanda, Bellini a Conegliano.Direttore: Philippe Daverio