Grandi restauri
Le vetrate del duomo di Milano

PITTURACOL VETRO

Dipingere con la luce non è proprio solo dei videoartisti, da molti secoli l’impresa è svolta con successo da maestri vetrai-pittori. Ci introduce al tema una nota restauratrice di antiche vetrate (o maestra vetraia, come si definisce), in particolare di quelle del duomo di Milano alle quali ha dedicato anni di lavoro come restauratrice ufficiale.

Laura Morandotti

Negli anni passati sui ponteggi della certosa di Pavia, della cattedrale di Aosta e del duomo di Milano sono stata completamente “dipinta” nella mente, nel cuore, nell’anima e nello spirito dai raggi di luce che attraversando le vetrate in qualsiasi condizione di tempo, colpivano ogni parte del mio volto e del mio corpo. 

Lo stato d’animo spirituale e mentale dei tecnici che lavorano in questi luoghi trascende ogni realtà quotidiana. Il contatto con la luce e col colore si trasforma in magia, qualcosa di simile a una sinfonia musicale: i toni scuri rattristano, i gialli acidi elettrizzano, i rossi e gli aranci eccitano, i verdi tranquillizzano come la sinfonia di Beethoven detta Pastorale, i blu evocano grandi spazi, i bianchi danno un senso di vuoto, a volte di ansia e tristezza. 

Ben lo sapevano i più noti studiosi di scienza del colore: da Goethe a Itten, per non nominarne altri, e ottimo uso ne fecero pittori moderni eccellenti quali Klee e Kandinskij, come pure Chagall e Matisse. Una differenza: i primi due sono stati maestri nel creare trasparenze e luce sulla tela, con l’uso di pigmenti, i secondi hanno compreso appieno la valenza della pittura col vetro e l’ausilio della luce solare. 


Diverso - dolce in alcuni
casi, e di una forza
espressiva incredibile
in altri - è lo stile delle
vetrate del duomo
di Milano


Stupefacente la maestria degli antichi artisti e maestri vetrai che, senza nessun aiuto tecnologico, bensì dotati di una profondissima esperienza, sicuramente tramandata di padre in figlio, e gelosamente conservata fra le mura della bottega, sono riusciti a esprimere opere di valore universale. 

Guidati, in Italia, da artisti come Duccio di Buoninsegna, Giotto, Paolo Uccello, Foppa, Ghirlandaio, Arcimboldo (questione ancora piuttosto discussa dagli storici dell’arte), hanno saputo lasciarci un corpus di vetrate assolutamente invidiabile quanto a stile e dolcezza - tratto tipicamente italiano -, mentre i colleghi d’oltralpe facevano del Gotico un palcoscenico di vetrate dall’effetto caleidoscopico. 

Diverso - dolce in alcuni casi, e di una forza espressiva incredibile in altri - è lo stile delle vetrate del duomo di Milano. Monumento nato e progettato perché le vetrate avessero una predominanza sulle pareti lapidee, e che il loro slancio verticale invitasse i fedeli a elevare lo spirito al Signore.


Tutte le opere qui illustrate sono del Museo del duomo di Milano. Le attribuzioni si riferiscono agli studi compiuti fino a oggi. Arcimboldo (attribuito), Davide e Golia (primo ventennio del XVI secolo). La parte inferiore della testa di Golia è stata rifatta nell’Ottocento.


Franceschino Zavattari (attribuito), Visitazione (primi due decenni del XV secolo).

Ben 1700 metri quadrati di vetrate compongono il corpus vetrario della cattedrale milanese. 

Molti finestroni risalgono al XV e XVI secolo, ma le varie vicende storiche, le guerre, hanno fatto sì che ci fossero già nel XVII e XVIII secolo varie sostituzioni. Soprattutto, nel XIX secolo, la famiglia Bertini si è molto prodigata nel rimpiazzare e/o rifare centinaia e centinaia di antelli (porzioni in vetro riquadrate), prediligendo la pittura su formelle di vetro molto estese e di scarsa qualità anziché utilizzare il vetro colorato in pasta, più pregiato, soffiato in lastra o in rulli, e dai cromatismi di notevole effetto. 

Seppure ottimi pittori, Bertini padre e due figli, hanno molto interferito sugli antelli del duomo, dipingendo “sul” vetro, con grisaglie e smalti, peraltro con grande maestria, anziché col vetro, sostituendo molte vetrate antiche. 

Rimangono, “in situ”, nella navata sud, parecchie vetrate riferite a episodi del Vecchio testamento, ancora non restaurate secondo gli ultimi criteri scientifici, che si avvalgono del supporto di storici dell’arte, nonché di esperti universitari di chimica, fisica, e biologia. 

Altrettanto la navata nord ci offre tre finestroni di Pellegrino Tibaldi (XVI secolo) che, pur rimaneggiati, hanno una grande forza espressiva. 

Doveroso riconoscere l’impatto cromatico di tutte le altre vetrate, anche se in gran parte ottocentesche: per esempio i nove finestroni sopra i due bracci di croce, nord e sud, e gran parte dell’abside. 

Da osservare con attenzione il finissimo ricamo creato dai rosoni, non presenti in facciata, prova ineguagliabile di perfetta interazione marmo-vetro. 

A noi restano da apprezzare, molto bene ambientati, gli antelli recentemente restaurati e magistralmente esposti nella sala a emiciclo del Museo del duomo.


Cristoforo de Mottis (attribuito), Gesù con discepolo (metà del XVI secolo).

Antelli arrivati nel mio laboratorio in condizioni preoccupanti: in molti casi i colori erano irriconoscibili e le immagini ricoperte da una spessa coltre scura. 

Situazione di degrado dovuta a tempo, smog, incuria, piogge acide e a restauri scapestrati, condotti in modo empirico, senza alcuna cognizione scientifica. 

Il recente restauro, svolto su base scientifica, ha permesso di veder riaffiorare i colori di tessere vitree dalle sfumature più incredibili di blu, viola, rossi, gialli e aranci che erano ormai diventati apparentemente, irrimediabilmente neri. Volti nascosti da ragnatele di piombi di sutura, parti architettoniche, panneggi, manti, cieli e sfondi di verzura sono riemersi in tutto il loro splendore. 

Impossibile descrivere in poche righe un lavoro durato anni, ci si augura che il lettore riesca a dedicare una visita speciale alla citata sala del Museo del duomo, recentemente ristrutturato, dove queste opere sono esposte. 

Altrettanto, auspico che i futuri visitatori entrino in duomo guardando in alto e dotati di binocolo; senza nulla togliere alle altre opere, potranno così godere dello spettacolo degli immensi finestroni, voluti e immaginati da tutti coloro che idearono la chiesa con l’obiettivo di farne una cattedrale di luce.


Arcimboldo (attribuito): Angeli adoranti (primi decenni del XVI secolo).

CHE COSA È IL RESTAURO SCIENTIFICO DI UNA VETRATA?
In Francia, molto prima che da noi, si sono costituiti comitati universitari per la ricerca tecnico-scientifica sul restauro delle vetrate. Materia complessa, anche per la quantità di problematiche spesso molto differenti che il maestro restauratore si trova a dover affrontare. 
Intorno alle vetrate del Museo del duomo di Milano, qui in Italia, si è creato un pool scientifico di fisici, chimici, geologi, biologi e storici dell’arte che hanno collaborato, spesso dietro mia indicazione, per individuare i problemi riguardanti il restauro degli antelli ora esposti nel museo. Ecco un breve elenco degli interventi svolti. 
Datazione delle tessere vitree. Al fine di comprenderne l’età e l’autenticità, o la presenza di sostituzioni. Gli esami, non distruttivi, sono stati eseguiti da fisici dell’Università della Bicocca con un apparecchio a raggi x a influorescenza. 
Studio dello strato nero, durissimo, che copriva gli antelli. A seguito di ricerche fra i dipendenti della Veneranda Fabbrica, si è scoperto che tutte le vetrate da restaurare per il museo, negli anni Sessanta, erano state cosparse di vinavil, poi pulito con segatura. 
Raccolta di campioni. Analizzati dai chimici della stessa università, ho avuto la conferma: il vinavil è un materiale tendenzialmente irreversibile. Solo l’asportazione manuale, dopo lunghissimi impacchi a base di acqua e carbonato di ammonio, ha permesso il recupero della leggibilità dei vetri. 
Fratture e tessere mancanti. I restauratori precedenti hanno ricomposto alcuni pezzi nei modi più fantasiosi, rovinando completamente la lettura delle opere. Il metodo più usato era l’utilizzo di piombi di sutura. Una volta asportati, questi lasciano una lacuna tra i frammenti, che viene colmata e pigmentata con collanti reversibili. Quanto alle lacune di vetro, sono spesso state utilizzate tessere provenienti da altre vetrate, con decorazioni, colori e immagini totalmente incoerenti. Tutte queste operazioni sono sempre state eseguite con la collaborazione e supervisione della Direzione scientifica del Museo del duomo e della Soprintendenza milanese. 

L. M.

Arcimboldo (attribuito): Angeli adoranti (primi decenni del XVI secolo).


Stefano da Pandino (attribuito), La pesca miracolosa (seconda metà del XVI secolo).

ART E DOSSIER N. 341
ART E DOSSIER N. 341
MARZO 2017
In questo numero: IMMAGINI FATTE DI LUCE Bill Viola: la videoarte; Ivana Franke: luce immateriale; Marinella Pirelli: light art; Vetrate: la luce ritrovata. IN MOSTRA Viola a Firenze, Mambor a Milano, De Stijl in Olanda, Bellini a Conegliano.Direttore: Philippe Daverio