XX secolo. 3
Oskar Kokoschka e Alma Mahler

SEDOTTOE ABBANDONATO

Breve, intenso e segnato da un’accecante gelosia. Così fu il rapporto tra Kokoschka e l’affascinante vedova del famoso compositore e direttore d’orchestra austriaco Gustav Malher. Lei, fiera di aver fatto centro con la sua bellezza e prepotente femminilità; lui, soddisfatto della sua conquista ma tormentato dal costante timore di perderla.

Marilena Mosco

«I tre anni passati con lui furono una vera battaglia d’amore. Non avevo conosciuto prima l’inferno come il paradiso»(1)

«La malinconia aveva gettato ombre sulla nostra estasi, sull’amore, aveva ridotto al silenzio la lira di Apollo. Preso tra la malinconia e il silenzio fui conscio del passare del tempo e di come il mio grande amore fosse uscito, calzato di sandali, dal riflesso azzurro del sole per entrare nel regno delle ombre e delle chimere»(2)

Quando il 12 aprile 1912 Oskar Kokoschka fu invitato a cena da Carl Moll, uno dei fondatori della Secessione viennese, per conoscere la vedova di Gustav Mahler, la famosa Alma, non avrebbe mai immaginato che questo incontro sarebbe stato fatale e avrebbe segnato profondamente la sua vita di uomo e di artista. Lui stesso nella sua autobiografia avrebbe ricordato l’evento: «Lei era curiosa di incontrarmi. Dopo cena, mi portò nella stanza accanto, verso il pianoforte, dove cantò e suonò, solo per me disse, la Morte di Isotta

Ero affascinato; era giovane e incredibilmente bella nel suo lutto, e sola, malgrado tutta la gente che vedeva. Quando mi propose di farle il ritratto a casa sua, rimasi al tempo stesso colmo di gioia e turbato». 

Dell’incontro, Alma offre un’altra versione: «Nell’inverno del 1912 Carl Moll mi disse un giorno: “C’è un ragazzo geniale; al tuo posto, mi farei ritrarre da lui”. 

E venne Oskar Kokoschka; lo conoscevo già prima attraverso i suoi abbozzi originali e grandiosi; si era portato della carta ruvida e voleva disegnare, ma dopo un po’ gli dissi che non poteva fissarmi in quel modo e gli chiesi se potevo suonare il pianoforte […].


Tutte le opere riprodotte in questo articolo sono di Oskar Kokoschka. Autoritratto con Alma Malher (1912-1913), Essen, Museum Folkwang.

(1) A. Mahler, La mia vita, Roma 2012.
(2) O. Kokoschka, La mia vita, Venezia 1982.

«Nell’uomo amo solo l’opera; quanto
più grande è la sua opera, tanto più
sento di doverlo amare»
(Alma Malher)


Cominciò a disegnare, ma non riuscì, aveva le scarpe rotte, il vestito logoro, all’improvviso mi abbracciò con foga, questo modo di abbracciare mi era nuovo […] non contraccambiai affatto e credo che proprio questo gli abbia fatto impressione: si precipitò fuori e dopo un’ora avevo la più bella lettera d’amore e una promessa di matrimonio». Da queste pagine si avverte la personalità di ambedue: l’artista orgoglioso di aver conquistato la vedova del grande Mahler, e la donna fiera di veder confermato il suo fascino e il suo potere seduttivo. 

Lui, nelle sue prime litografie per I ragazzi sognanti aveva subito il fascino di Klimt per poi staccarsi dall’estetismo klimtiano e affermarsi con i suoi personalissimi “ritratti dell’anima”; ritratti che rivelano un forte timbro espressionistico analogo alle forti vibrazioni degli strumenti musicali che nello stesso periodo Mahler stava sperimentando. Kokoschka aveva destato scalpore in tutta Vienna per il suo dramma di sapore sadomasochista sulla lotta tra Eros e Thanatos, Assassino, speranza delle donne che lo dipingeva come «corruttore della gioventù »; Alma, trentacinquenne, assetata di novità, era rimasta attratta da quel ragazzo ventottenne «impacciato e squattrinato, brusco e indolente, a volte impetuoso, selvatico testardo e geniale», che avrebbe mostrato di non stancarsi mai di seguirla, di ritrarla, di ammirarla, pazzo d’amore. Inizia una relazione appassionata e soggetta a continue turbolenze: Alma - dopo anni di frustrazione con la figura dominante di Mahler che per anni aveva ignorato i “lieder” da lei composti, apprezzandoli solo dopo il suo tradimento con Gropius - mostra un continuo bisogno di affermazione e di “revanche” di contro alla personalità altrettanto forte e possessiva di Oskar. Lui non smette mai di ritrarla: la gelosia, la paura di perderla, l’ansia e l’insicurezza si riflettono in tutte le opere a cominciare dall’Autoritratto con Alma (1912-1913), centrato sullo sguardo di lui che s’impone all’osservatore con l’orgoglio di presentargli la sua conquista, la bella Alma, distante, ma trattenuta con forza dalle sue mani; negli Amanti (1913) l’abbraccio di lui è come una stretta al cuore, lo sguardo disperato tradisce l’ansia e il terrore di perderla.


Gli amanti (1913), Boston, Museum of Fine Arts;


Ritratto di Alma Mahler (1912), Tokyo, National Museum of Modern Art.

Alma aveva promesso di sposarlo se fosse diventato famoso e aveva detto: «Nell’uomo amo solo l’opera; quanto più grande è la sua opera, tanto più sento di doverlo amare», convinta che fosse suo destino dedicare se stessa all’amore di personalità geniali, degne di una donna come lei, figlia d’arte (di un paesaggista famoso a corte) e artista lei stessa, compositrice di “lieder” e ingiustamente incompresa. Orgogliosa di vedersi ritratta come una seconda Gioconda o ancor meglio come Lucrezia Borgia (a quanto riferì al genero Elias Canetti), aspettava dal suo amante il capolavoro e fu accontentata da Oskar con un dipinto intitolato La sposa del vento (1913) raffigurante Alma assopita con la testa appoggiata sulla spalla di lui, Oskar, inquieto, lo sguardo lontano, presago della fine del rapporto troppo intenso e fragile, compromesso dalla volontà di potenza di lei e dalla possessività di lui. Alma necessitava continuamente di gratificazione esercitando sugli uomini la sua capacità di sedurre e nelle litografie che accompagnano gli scritti di Kokoschka viene continuamente ritratta come maliarda, sfinge e dominatrice, secondo lo stereotipo della “femme fatale” caratterizzante la cultura del tempo. 

Il 1915 è un anno cruciale perché il 18 agosto Alma sposa l’architetto Walter Gropius, con cui non aveva mai smesso del tutto di comunicare; già nelle litografie che accompagnano la Cantata di Bach (1914) Kokoschka si descrive «disteso nella tomba ucciso dalla mia gelosia» e nella Natura morta con putto e coniglio (1914) raffigura se stesso nel coniglio che fronteggia la gatta Alma, distante dal puttino che ricorda il bimbo mai nato, abortito volutamente da Alma contro il parere di Oskar.


La sposa del vento (1913), Basilea, Kunstmuseum Basel.

Impedito nel rialzarsi dalla corazza
del suo ego, sotto l’immagine
dell’angelo della morte


Distrutto dal dolore per l’abbandono dell’amante, Kokoschka si ritrae nel Cavaliere errante (1915), impedito nel rialzarsi dalla corazza del suo ego, e fluttuante tra mare e cielo, sotto l’immagine dell’angelo della morte, non lontano dalla gatta strisciante col volto di Alma. Partito volontario in guerra, nelle file della cavalleria austriaca, per dimenticare il perduto amore, rimarrà ferito due volte, ed esule a Dresda si consolerà dell’abbandono di Alma, ordinando a una modista di Monaco una bambola a grandezza naturale con le stesse fattezze dell’amata, e una volta che l’avrà posseduta la ritrarrà come Donna in blu e come compagna nell’Autoritratto con bambola. La fine ingloriosa della pupattola di pezza, decapitata e spruzzata di vino rosso come il sangue nel finale orgiastico di una festa, segnerà la fine di una passione ossessiva, gesto liberatorio di un Pigmalione che invece di dare nuova vita al suo amore aveva scelto di dargli la morte.


Natura morta con putto e coniglio (1914), Zurigo, Kunsthaus Zürich.


Litografia da Oh Eternità, tu parola folgorante (Cantata di Bach) (1914), New York, MoMA - Museum of Modern Art.

Il cavaliere errante (1915), New York, Solomon R. Guggenheim Museum.


Autoritratto con bambola (1920-1921), Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie.

ART E DOSSIER N. 339
ART E DOSSIER N. 339
GENNAIO 2017
In questo numero: ARTE, PASSIONE, POTERE Kokoschka e Alma Mahler: una relazione tormentata. I Gentileschi: un rapporto spezzato. Gesmar e le dive Belle Epoque. IN MOSTRA Fabre a San Pietroburgo, Liberty a Reggio Emilia, Ottocento italiano a Viareggio, Scrittura mesopotamica a Venezia.Direttore: Philippe Daverio