Grandi mostre. 2
Espressionismo astratto a Londra

il non-movimento
di liberazione dell’energia

La Royal Academy of Arts dedica all’espressionismo astratto un percorso espositivo “inusuale” grazie a un’approfondita indagine che ci racconta qui il curatore.

David Anfam

Accostiamoci all’espressionismo astratto, per un attimo, con l’occhio irriverente dei nostri tempi. Contraband, l’adrenalinico film diretto nel 2012 da Baltasar Kormákur, segue un furgone pieno di banconote false e cocaina che da Panama viaggia in cargo verso gli Stati Uniti. Quando gli agenti doganali lo ispezionano a New Orleans trovano solo un telone schizzato di vernice che era servito a coprire la merce, già scaricata e nascosta altrove dai contrabbandieri. E lo ignorano. Per l’appunto, il grande “telo” rubato a Panama è, all’insaputa degli stessi ladri, un dipinto di Jackson Pollock che vale infinitamente di più dell’intero carico di droga e soldi falsi. Il finale a sorpresa conferma la percezione diffusa che si ha oggi di Pollock, artista iconico, con Picasso e Warhol, del XX secolo: come dire che la materia caotica delle sue tele si trasforma inevitabilmente in oro al suo ingresso nel mondo vissuto.

Al pari di altri miti, anche questo è un misto di verità e fantasia: da una parte le cifre da record raggiunte ora alle aste, dall’altra la celebre autodifesa alla quale fu costretto Pollock nel 1950, contro chi lo criticava: «Non c’è caos, dannazione, nelle mie opere». Insomma, l’espressionismo astratto sembra ancora oscillare tra cultura alta e cultura bassa, fra la miseria della bohème e una ricchezza sfacciata. Pollock resta comunque l’emblema di questo fenomeno, la sua opera un episodio cruciale per l’arte del XX secolo, e il suo mito più che mai resistente al tempo. Ed Harris lo ha interpretato nel film (Pollock) premiato a Hollywood nel 2000, e lo stesso vale per Rothko, oggetto di Red, pluripremiata pièce teatrale di John Logan (2009), per non parlare del cammeo di una tela di Rothko nella fortunata serie televisiva Mad Men (2007-2015). Entrambi gli artisti sono stati oggetto di imponenti biografie che alla documentazione minuziosa uniscono la speculazione critica. Pollock e Rothko restano la punta di un iceberg che non solo arricchisce le case d’asta, provoca scandali e clamorose contraffazioni ma ispira la moda, lo stile, le rock band. Piaccia o no, quest’effetto a catena tuttora in corso attesta che l’espressionismo astratto è qui per rimanere. 


Jackson Pollock, Blue poles (1952), Canberra, Nga - National Gallery of Australia.

che alla documentazione minuziosa uniscono la speculazione critica. Pollock e Rothko restano la punta di un iceberg che non solo arricchisce le case d’asta, provoca scandali e clamorose contraffazioni ma ispira la moda, lo stile, le rock band. Piaccia o no, quest’effetto a catena tuttora in corso attesta che l’espressionismo astratto è qui per rimanere. Possiamo vedere le cose però da un’altra prospettiva, e ampliare notevolmente il discorso. Quando nel 1995 Gombrich aggiornò il suo The Story of Art (1950) - il libro più venduto del suo genere nella storia dell’editoria - aprì il nuovo capitolo finale con un’opera di Pollock (Number 31, 1950). A parte confermare, se ve ne fosse stato bisogno, il primato di Pollock e la sua inarrestabile creatività, la scelta di Gombrich pone la questione di chi fossero davvero gli espressionisti astratti e che cosa li abbia semmai caratterizzati.

La risposta è semplice: non ci fu mai, né avrebbe potuto esserci, un consenso, un accordo univoco. Piuttosto, si può solo dire che una serie di nomi fu la costante del fenomeno (e non, si badi, di un vero e proprio movimento), da quando, nel corso degli anni Quaranta, si era manifestato in primo luogo a New York. A differenza del cubismo, con un piccolo gruppo di artisti affiatati come Picasso, Braque, Gris, l’espressionismo astratto riguarda in realtà una panoplia di artisti che oltre a quelli nati a New York attraversa la vastità degli Stati Uniti: da Cody nello Wyoming (Pollock), a Decatur nell’Indiana (Smith). Altri venivano dall’Europa, come Gorky (Armenia), de Kooning (Rotterdam). Non esiste poi, un manifesto o una dichiarazione programmatica, com’era avvenuto nel suprematismo, nel futurismo o nel surrealismo, a eccezione forse di una lettera al “New York Times” del 1943 scritta da Rothko e Gottlieb, che chiarisce come per loro il contenuto fosse più importante dello stile. Quali fossero le teorie di questi artisti lo si deve indagare piuttosto fra le pieghe delle loro opere. Le analogie più stringenti sembrano casomai da retrodatare al romanticismo, alle teorie sulle immagini pregne di significati che al contempo rifiutano la verbalizzazione. Inoltre, va detto che fotografi come Siskind, White e Barbara Morgan condivisero molti elementi con i pittori che consideriamo nell’ambito dell’espressionismo astratto, soprattutto nell’identico sforzo di creare «un’energia visibile», come Pollock diceva. Anche in questo senso, è giusto indagare altresì sulle origini del fenomeno, che non nasce affatto dal nulla come si potrebbe pensare.
LA MOSTRA

L’esposizione della Royal Academy of Arts (Abstract Expressionism, Londra, 24 settembre 2016 - 2 gennaio 2017, orario 10-18, venerdì fino alle 22, www.royalacademy.org.uk) - che a febbraio si sposterà al Guggenheim Museum di Bilbao - vanta circa centocinquanta opere tra dipinti, sculture, lavori fotografici di Gorky, de Kooning, Guston, Kline, Mitchell, Motherwell, Newman, Pollock, Rothko, Still, Siskind, White, ma ha il pregio di indagare anche su artisti meno noti come Frankenthaler, Gottlieb, Hofmann, Krasner, Reinhardt, Callahan, Matter e Morgan. È così possibile seguire l’espressionismo astratto come forse mai finora, in un percorso fluido e poliedrico e non già considerandolo un “movimento” univoco. L’obiettivo è puntato non solo sugli artisti più acclamati di New York ma anche su esponenti della West Coast quali Sam Francis, Mark Tobey e Minor White. Come dimostra il curatore David Anfam, non è più ammesso contrapporre genericamente i pittori del cosiddetto Color Field (come Rothko e Newman) agli esponenti “gestuali” dell’Action Painting (in primo luogo de Kooning e Pollock), ma è giusto inquadrare il fenomeno in un contesto più ampio, che comprenda gli antefatti finora trascurati, e i dipinti di artisti come Lee Krasner, moglie di Pollock, o le sculture di David Smith. Fra gli accostamenti più significativi e difficilmente ripetibili in una mostra, il monumentale Mural di Jackson Pollock del 1943 (University of Iowa Museum of Art) avvicinato al suo Blue poles del 1952 (Canberra, National Gallery of Australia). Riuniti inoltre, fra gli altri, da vari musei e collezioni, Water of the Flowery Mill di Gorky, Woman II di de Kooning, Star Cage di David Smith, The Eye is the First Circle di Lee Krasner, No. 15 di Rothko. La mostra Abstract Expressionism e il relativo catalogo (pubblicato dalla Royal Academy of Arts) sono curati da uno dei massimi studiosi del movimento, David Anfam, coadiuvato da Edith Devaney.


Gloria Fossi


Lee Krasner, The Eye is the First Circle (1960).

ART E DOSSIER N. 336
ART E DOSSIER N. 336
OTTOBRE 2016
In questo numero: ARTE ALTRUI Culture, tradizioni, creatività non europee dalla Cina agli Inuit, dal vudu ai nativi americani. BIBLIOTECHE Le parenti povere dei Beni Culturali. PITTURA COME CINEMA Toulouse-Lautrec: l'intuito del regista. IN MOSTRA Ai Weiwei a Firenze, Espressionismo astratto a Londra, Magritte a Parigi, Ariosto a Ferrara.Direttore: Philippe Daverio