In tutta la sua vita Vincent van Gogh ha venduto un solo quadro, Il vigneto rosso, ad Anna Boch, sorella di un amico pittore, che lo aveva acquistato forse solo per ragioni umanitarie, poco prima del suicidio dell’artista olandese. Arthur Bispo do Rosário mai nessuno. Anche se non se ne è mai fatto un problema. Nato a Japaratuba (Brasile) nel 1909 (o forse nel 1911), morto a Rio de Janeiro il 5 luglio del 1989, schizofrenico, “outsider artist”, ha vissuto cinquant’anni della propria vita nell’istituto psichiatrico Colônia Juliano Moreira di Rio de Janeiro (nel sobborgo di Jacarepagua). È qui che ha creato opere e oggetti d’arte, nel segno del recupero e del riciclo dei materiali, convinto di doverlo fare perché, come i Blues Brothers, in «missione per conto di Dio».
Il Museo immaginario
In mIssIone
per conto dI dIo
di Alfredo Accatino - Il Museo Immaginario
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Nato nella zona più arida e povera del Nord Est, nero in un continente dove il colore della pelle contava ancora, ha vissuto una giovinezza turbolenta ai margini della società. Si arruola come marinaio, poi tenta l’avventura come pugile - di non eccelso talento - e infine di allibratore per scommesse clandestine. Riprova a mettersi sulla retta via. Lavora alla manutenzione dei tram e poi fa il domestico a casa della famiglia di un avvocato amico, Humberto Leoni, che lo aveva difeso in una causa di lavoro.
Forse lo hanno picchiato duro sul ring, oppure era nato proprio così, “suonato”, matto. Fatto sta che la notte del 22 dicembre 1938, senza un apparente motivo, dopo aver vagato per le strade di Rio, entra nello storico Mosteiro São Bento, dove annuncia a un gruppo di monaci interdetti che egli è Gesù Cristo (anzi, lo sta per diventare), inviato da Dio sulla terra per giudicare i vivi e i morti alla guida di una armata di angeli. Viene arrestato, condotto all’Hospicio Pedro II, il primo istituto di salute mentale ufficiale in Brasile e quindi alla Colônia Juliano Moreira, con la diagnosi di “schizofrenia paranoica”.Un luogo dove ancora si praticavano le terapie d’urto per la malattia mentale e addirittura la lobotomia. Certo in quegli anni Duchamp aveva fatto già un bel po’ di clamore con i suoi strani “ready-made”. E Kurt Schwitters realizzava collage polimaterici unendo carte e materiali di recupero, come tutti gli altri del movimento Dada. Ma questo Bispo non poteva certo saperlo. Come non poteva immaginare il lavoro di Rauschenberg, di Warhol e dei protagonisti della Pop Art o dell’Arte povera, che avrebbe anticipato e superato.
In merito alla sua produzione artistica ha molte idee e chiare: se ne infischia della ricerca estetica, delle mode e del mercato. Crea per dovere divino composizioni, sovrastrutture, agglomerazioni di oggetti, costruendosi giacche e gilet. Esplora il tema del letto (Romeo e Giulietta) e poi si concentra sulla riproduzione e la raffigurazione di imbarcazioni a vela, memoria dei suoi trascorsi oceanici nella marina militare brasiliana. O del suo sogno di fuga. Arthur ha cura del proprio aspetto, e si presenta sempre curato e in ordine. E ama anche le donne, a suo modo ovviamente, soprattutto le Miss. A suo avviso, le modelle incarnano il paradigma della castità. Una donna in particolare rapì l’attenzione di Arthur: Miss Universo 1963 (la brasiliana Leda Maria Vargas), per la quale crea molte fasce. Realizza alcune fasce anche per rappresentare i paesi del mondo. Pure un’infermiera colpì il suo cuore, tanto da scriverne il nome su tutte le opere realizzate dopo la sua conoscenza, e permettere così una sommaria datazione al 1981, prima e dopo l’infermiera.
Lo abbiamo scritto all’inizio. Arthur non ha interesse a vedere le sue opere, figuriamoci a farle vedere, ma durante il seguitissimo programma Fantastico, trasmesso nel 1980 in tutto il Brasile dalla Rede Globo, viene presentata la sua storia che commuove il paese. Al programma segue il documentario O Prisioneiro da Passagem - Arthur Bispo do Rosário, firmato dallo psicanalista e fotografo Hugo Denizart che ne allarga la popolarità. A partire da quel momento, grandi personalità, artisti e appassionati si recano di persona nella Colônia Juliano Moreira per incontrare l’artista alienato. Nel 1982 Arthur espone alla mostra Margem da Vida del Museu de Arte Moderna di Rio de Janeiro. A chi voleva visitare il suo atelier faceva però una domanda: «Che colore ha il mio viso?». A seconda della riposta apriva o serrava l’uscio. Bispo do Rosário morirà per un attacco di cuore intorno agli ottant’anni. Ha esposto nei principali musei brasiliani, dando addirittura il proprio nome a uno dei più prestigiosi. Inoltre alcune sue opere sono state esibite alle Biennali di Venezia del 2005 e del 2013. Uno dei rari casi di artista outsider malato di mente, indifferente al mercato e al sistema dell’arte, accolto a pieno titolo nel “mainstream”. «I malati mentali sono come i colibrì», diceva Bispo, «non si fermano mai e sono sempre a due metri da terra».
ART E DOSSIER N. 336
OTTOBRE 2016
In questo numero: ARTE ALTRUI Culture, tradizioni, creatività non europee dalla Cina agli Inuit, dal vudu ai nativi americani. BIBLIOTECHE Le parenti povere dei Beni Culturali. PITTURA COME CINEMA Toulouse-Lautrec: l'intuito del regista. IN MOSTRA Ai Weiwei a Firenze, Espressionismo astratto a Londra, Magritte a Parigi, Ariosto a Ferrara.Direttore: Philippe Daverio