Grandi mostre. 2
Francesco Hayez a Milano

kiss
me
baby

Pittore di storia e di nudi, ritrattista e cantore del Risorgimento, apprezzato da Mazzini e Stendhal, in perfetta sintonia con la stagione d’oro del melodramma, Hayez è anche l’“inventore” del bacio come icona pop.
Ce ne parla qui il curatore della mostra milanese a lui dedicata.

Fernando Mazzocca

A distanza di ormai trentadue anni dalla rassegna che io stesso avevo realizzato nel 1983 tra il Palazzo reale e quello di Brera, coinvolto nelle sue tre principali istituzioni - l’Accademia, la Pinacoteca e la Biblioteca nazionale Braidense -, mi è sembrato che fosse arrivato il momento di riproporre all’attenzione, soprattutto delle ultime generazioni, l’opera di Francesco Hayez, il cui catalogo si è andato nel frattempo arricchendo di opere, anche fondamentali, che allora non ero riuscito a presentare, o perché non disponibili o perché non ancora note. Qualche esempio significativo. I magnifici Sponsali di Giulietta e Romeo procurati da fra Lorenzo, acquistati da Franz Erwein von Schönborn-Wiesentheid e ancora conservati nella famosa galleria principesca di Pommersfelden, o la straordinaria scena corale della Maria Stuarda nel momento in cui sale al patibolo, destinato alla quadreria milanese del barone tedesco Ludwig von Seufferheld: dipinti che ora dominano con le loro dimensioni monumentali due sezioni della mostra e non comparivano più in pubblico da quando furono presentati, suscitando come sempre l’ammirazione del pubblico e violente divisioni invece tra la critica, alle esposizioni dell’Accademia di Brera rispettivamente nel 1823 e nel 1827. 

La serie delle dieci lunette rappresentanti divinità marine e le allegorie dei continenti, ora collocate nel percorso espositivo come divisione tra gli anni della formazione neoclassica e la conversione romantica, sono il sensazionale recupero, realizzato in questa occasione, di un ciclo di affreschi eseguito tra il 1818 e il 1819 per la Borsa della Camera di commercio che aveva sede al pianterreno di Palazzo ducale a Venezia. Possiamo dunque finalmente capire come Stendhal abbia potuto ammirare, incantato dai richiami al Trionfo dei Galatea di Raffaello o alle fontane di Roma, questa impresa decorativa, che Hayez aveva ormai rinnegato, dopo aver capito la forza rivoluzionaria dei successivi quadri storici, come il Carmagnola o il Pietro l’Eremita che predica la prima crociata. Alla vista di queste opere lo scrittore francese aveva dichiarato, in una lettera molto appassionata scritta dall’Isola Bella nel 1828 all’amico Alphonse Gonssolin, che «M. Hayez, peintre vénitien à Milano, me semble rien moins que le premier peintre vivant».


Il bacio (1861);

Il bacio. Episodio della giovinezza. Costumi del secolo XIV (1859), Milano, Pinacoteca di Brera;


Il bacio (1867).

Hayez riporta la pittura a un’eccellenza
tecnica, formale e ideale
che dopo Tiepolo sembrava smarrita


Giudizio poi confermato nel 1841 da Giuseppe Mazzini che, dall’esilio londinese, aveva riconosciuto al pittore - di cui aveva fatto in tempo ad apprezzare proprio i dipinti storici tra cui sicuramente il Pietro l’Eremita conservato a Genova e poi i celebri Profughi di Parga - il decisivo merito di aver riportato la pittura italiana contemporanea all’altezza di un grande passato considerato irrimediabilmente perduto. Questa era soprattutto la convinzione degli stranieri, cui l’Italia, ancora unica per la bellezza dell’ambiente naturale e le sue testimonianze artistiche, appariva invece dal punto di vista economico e sociale, ma anche culturale, la «terra dei morti». Il «genio democratico» di Hayez, come lo definì appunto Mazzini, ha saputo restituire il suo orgoglio, negli anni del Risorgimento, a una nazione divisa e avvilita dal dominio straniero. Come Canova, che fu il suo mentore negli anni fondamentali della formazione trascorsi a Roma, aveva recuperato alla scultura italiana l’antico primato perduto, Hayez avrebbe fatto lo stesso in pittura, riportandola a un’eccellenza tecnica, formale e ideale che dopo Tiepolo sembrava smarrita per sempre. 

Basta seguire il percorso cronologico della mostra, esteso dal 1807 al 1881 - un periodo molto vasto e di mutamenti straordinari - per capire finalmente, di fronte alla sublime qualità delle opere esposte, la grandezza di un artista che nei generi che ha privilegiato è l’unico nel panorama pittorico italiano di quegli anni a poter reggere il confronto con i maestri francesi: Delaroche e Delacroix per quanto riguarda la pittura storica, Ingres nel ritratto e nella rappresentazione del nudo. 

Il lusinghiero successo di cui sta già godendo la rassegna è dovuto in gran parte alla presenza - non posso negarlo - delle tre versioni del popolarissimo Bacio, per la prima volta a confronto. Ma anche al fatto che il pubblico, giustamente sedotto da quello che come tutti i capolavori più consumati è diventato una sorta di icona pop, si trova a scoprire, grazie a un insieme davvero impressionante di opere poco o mai viste, un genio versatile nel passare da una tecnica all’altra, dalla pittura a olio su tela e spesso su tavola - miracolosamente recuperata dal Rinascimento e trattata con esiti strepitosi - alla decorazione murale, realizzata tanto a secco che a “buon fresco”, come da un genere all’altro, dimostrando la stessa abilità nei grandi quadri a tema storico o letterario, nella pittura sacra, nel trattamento del nudo eroico maschile e soprattutto di quello femminile. Addirittura nei quadri di fiori. 

È possibile ripercorrere, di anno in anno, nelle loro successive varianti le serie strepitose delle Maddalene, delle Bagnanti, delle Odalische, delle figure bibliche discinte, come Betsabea, Susanna, Rebecca, Tamar, Ruth. Sono interpreti di una sensualità tutta contemporanea, inquieta e conturbante, e dell’indole stessa di un artista che, come aveva capito Stendhal, è stato insuperabile nel rendere le passioni, sia quelle civili, rappresentate nella pittura di storia, soprattutto nei prediletti soggetti veneziani, sia quelle personali che, esplicite nella sconvolgente sequenza di disegni erotici che ci ha lasciato, traspaiono in alcuni temi privilegiati, come quello di Giulietta e Romeo, e in quello stesso Bacio rappresentato con un coinvolgimento mai visto prima, come se fosse stato proprio Hayez a inventarsi quel modo così convincente di unire i corpi e le labbra destinato a dominare nell’immaginario cinematografico come nella vita reale.

Del resto è stato insuperabile nell’inventare e variare gli atteggiamenti delle figure, i gesti che sono alla base e rendono credibili quelle sue composizioni storiche con tanti personaggi. Nella loro appassionata dimensione corale ritroviamo le stesse passioni che animano il melodramma. Coetaneo di Rossini, di cui ha realizzato il ritratto più bello (così come aveva fatto con Manzoni), di Bellini, di pochi anni più vecchio di Donizetti, li ha conosciuti e frequentati, ma è soprattutto con il più giovane Verdi (che era intenzionato a ritrarre, anche se per motivi che non sappiamo la cosa non si è verificata) che ritroviamo un’intesa che li ha portati ad affrontare gli stessi temi - pensiamo ai Due Foscari, ai Lombardi alla prima crociata, ai Vespri siciliani - in due linguaggi, quello della pittura e quello della musica, diversi, ma in realtà molto più affini di quanto non si possa pensare. Questa sintonia si è a un certo punto smarrita. Penso che questa mostra sia l’occasione davvero unica per ritrovarla.


Gli sponsali di Giulietta e Romeo procurati da fra Lorenzo (1823), Pommersfelden (Baviera), Graf von Schönborn Kunstsammlungen.


Accusa segreta (1847-1848), Pavia, Musei civici.


Betsabea al bagno (1834).

Hayez

A cura di Fernando Mazzocca
Milano, Gallerie d’Italia - Piazza Scala
Fino al 21 febbraio 2016
Orario 9.30-19.30, giovedì 9.30-22.30, lunedì chiuso
Telefono 800 167619; www.gallerieditalia.com
Catalogo Silvana Editoriale

ART E DOSSIER N. 329
ART E DOSSIER N. 329
FEBBRAIO 2016
In questo numero: LA PAROLA E LE ARTI Dagli ipertesti medievali ai calligrammi, dal lettrismo a Boetti. BOSCH 500 Gli eventi del quinto centenario del più visionario tra i pittori. IN MOSTRA Hayez, Fattori.Direttore: Philippe Daverio