Grandi mostre. 1
Giovanni Fattori a Padova

macchie di terradi mare e di guerra

Un Fattori come, forse, non l’abbiamo mai visto.
Oltre cento dipinti e un gruppo di incisioni raccontano l’intera carriera dell’artista livornese attivo nell’Italia risorgimentale. Ritratti, scene di guerra, scene di genere e paesaggi tradotti in una pittura realistica tra gioia e dolore, luce e ombra, quiete e pathos.

Maurizia Tazartes

Sole, polvere, soldati, cavalli, mari, pinete, volti. È tutto l’Ottocento che passa sotto i nostri occhi in uno straordinario racconto di luce e colore. Con illusioni e delusioni, momenti felici e dolorosi. A tramandarcelo vivo e intenso è il grande Giovanni Fattori (Livorno 1825 - Firenze 1908) con la sua pittura realistica, capace di anticipare tagli cinematografici, con un timbro orgogliosamente personale. 

L’antologica padovana, giunta dopo tante mostre dedicate al pittore, riesce ancora a sorprendere e presentarci forse per la prima volta il vero Fattori. Con una cronologia rivista e corretta, in un percorso che segue tutte le tappe di vita dell’artista e ripropone gli stessi temi - ritratti, paesaggi, scene militari e di genere - nei diversi momenti con ogni passaggio di stile ed evoluzione. Una storia che è quella del pittore stesso con le sue vicende personali, ma anche quella dell’Italia risorgimentale. Promossa dalla Fondazione Bano e dal Comune di Padova, la rassegna presenta oltre cento dipinti, provenienti da importanti musei e collezioni private, oltre a un gruppo di incisioni. 

Il primo a presentarsi è proprio lui, Fattori, a ventinove anni, con folta capigliatura, barba, baffi, pennelli. L’Autoritratto, fiero e grintoso, richiama subito quello più tardo, del 1894, esposto quasi alla fine, in cui il pittore sessantanovenne, abito sobrio, capelli e barba bianchi, sembra interrogare chi guarda, di fronte a tele e cavalletti. Che senso ha tutta questa corsa di vita e pittura? Che senso ha davvero l’esistenza? La domanda che pongono anche molti dipinti con soldati morti, “abbandonati” e “staffati”, come recitano i titoli.


Le macchiaiole (1866 circa).


Carica di cavalleria (La battaglia della Sforzesca) (1877).


Autoritratto (1854), Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti.

Quadri densi e movimentati, pieni di pathos, con soluzioni iconografiche nuove


Ma, all’inizio, c’è ancora la speranza, il tono è gioioso, nonostante truppe ed eserciti in arrivo. Ecco le piccole tavole colorate, già macchiaiole, eseguite tra il 1859 e il 1860, con i soldati francesi giunti a dare una mano ai patrioti italiani. Sono le truppe inviate da Napoleone III, comandate da Girolamo Bonaparte e sbarcate alla fine di maggio del 1859 nel porto di Livorno per raggiungere Firenze. Eccole accampate alle Cascine fiorentine, con le tende fatte da macchie quasi geometriche. Il clima è di fiducia, come sembra dire quel bersagliere che fuma la pipa. Ma la guerra è guerra, morte e dramma, come documentano i grandi quadri di maggiori dimensioni, Garibaldi a Palermo del 1860-1861 e le due tele con la Battaglia di Magenta (un inedito di collezione privata) del 1860 e Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta del 1862, modelli per il dipinto monumentale, oggi a palazzo Pitti, con cui il pittore aveva vinto il concorso indetto il 5 settembre 1862 da Bettino Ricasoli, a capo del governo provvisorio della Toscana liberata. Quadri densi e movimentati, pieni di pathos, con soluzioni iconografiche nuove e interessanti come quelle raffiguranti alcune monache in un carro che assistono i feriti nel campo italiano alla battaglia di Magenta.


Piantoni. Il muro bianco (In vedetta) (1874 circa).


Autoritratto (1894).

A contrasto, fuori dalla cronaca, le statiche, intense immagini con i ritratti della famiglia, La cugina Argia, I fidanzati, La cognata Carlotta Scali, sguardi profondi e vivi, abiti scuri e austeri. La prima moglie Settimia Vannucci è ritratta con i segni della tisi che la ucciderà due anni dopo, nel 1867: «Ci si vide e ci amammo», scriverà il pittore, «era buona, carattere semplice». La prima di altre due consorti, i cui volti si incontrano lungo la mostra, Marianna Bigazzi ritratta nel 1889, ormai matura, e Fanny Martinelli, la compagna degli ultimi anni. Ritratti che non hanno niente da invidiare a Degas o Cézanne. 

Negli anni Sessanta Fattori è impegnato non solo nella pittura militare e nel ritratto, ma nel paesaggio. Sperimenta il “plein air” nelle zone tra mare e campagna nei pressi di Livorno, Ardenza e Antignano. Emblematiche Le macchiaiole (nel senso della “macchia” mediterranea) presentate alla Promotrice di Firenze del 1866, sacre vestali che raccolgono erbe in paesaggi intonsi e silenziosi: «Un atto di “guerra” contro gli “accademici” e gli “storici”», dirà l’artista. Come avevano fatto Courbet, Millet, Breton.


Garibaldi a Palermo (1860-1861).


La cugina Argia (1861), Firenze, Galleria d’arte moderna di palazzo Pitti.

Ma la Macchia (nel senso dello stile) irromperà più decisa in quadri di piccolo formato, quasi astratti e informali, con tratti di mare, di costa e pianure livornesi, con tanto di pescatori che accomodano le reti. Bellissimi. Spicca il celebre dipinto La rotonda di Palmieri a Livorno, un’icona del 1866 con la moglie malata a respirare l’aria marina. Dal 1867 in poi c’è la tappa di Castiglioncello, dove Fattori è ospite di Diego Martelli con gli amici pittori Giuseppe Abbati e Odoardo Borrani. È un momento di grande sperimentazione comune su temi legati all’uomo e alla natura. In grandi paesaggi assolati, lambiti dal mare, dominano placidi e potenti buoi che trascinano un carro rosso. Uomini al lavoro lo riempiono di fieno. Fattori tratta il soggetto negli anni 1868-1875 in una serie di varianti in tavole, tele e cartoni di piccolo e grande formato (Bifolco e buoi, Bovi al carro, La raccolta del fieno in Maremma, Bovi e bifolco in Arno) in cui si riesce a percepire la calda quiete estiva di luoghi solitari e selvaggi. La raccolta del fieno in Maremma, dettagliato e studiato in ogni centimetro di luce e ombra, evoca la poetica di Carducci con cui il pittore era indirettamente imparentato. E con i buoi sono di scena anche i cavalli, mentre vengono ritratti in celebri dipinti gli amici intellettuali, scrittori, avvocati, il mecenate Diego Martelli a Castiglioncello e la sua compagna Teresa Fabbrini, inseriti nel loro ambiente. 

Nella prima metà degli anni Settanta tornano i soggetti militari in chiave antieroica, che sottolineano la drammaticità della guerra e le prime grandi delusioni. Capolavoro di questa stagione è la piccola tela con Piantoni. Il muro bianco (In vedetta) che con quel vasto muro chiaro rasenta l’astrazione ed evidenzia la solitudine del soldato. Dalla delusione alla convinzione dell’inutilità della guerra e del fallimento degli ideali del Risorgimento. Troppi i morti, tra cui molti amici. I quadri con i soldati diventano denuncia dell’orrore. Eccezionalmente belli nella loro dinamicità Carica di cavalleria (La battaglia della Sforzesca) del 1877, una tela ricomparsa in anni recenti, dal taglio cinematografico, che coinvolge lo spettatore sino a fargli sentire lo scalpitio dei cavalli e la polvere sollevata. Lo staffato e Lo scoppio di una bomba presentano i militari come vittime trascinate sul terreno da cavalli impazziti o dilaniati da bombe. 

Ma il lungo viaggio con Fattori non è finito. Passa attraverso la Maremma, con dipinti di grande forza epica come il Mercato a San Godenzo, La marca dei puledri e La mena in Maremma, grandi scene popolari riprese dal vero negli anni 1880-1890, che la mostra documenta con ricchezza. Senza tralasciare i ritratti, che raggiungono vertici poetici come nel Ritratto della figliastra del 1889 o in Gotine rosse, un profilo di bimba con i suoi misteri.


La punta del Romito a Livorno con barca di pescatori (1866 circa), Viareggio, Istituto Matteucci.


La rotonda di Palmieri a Livorno (1866), Firenze, Galleria d’arte moderna


La signora Teresa Fabbrini a Castiglioncello (1875 circa), Livorno, Museo Fattori.

Fattori

a cura di Francesca Dini, Giuliano Matteucci e Fernando Mazzocca
Padova, palazzo Zabarella
orario 9.30-19, chiuso lunedì e 25 dicembre
fino al 28 marzo
catalogo Marsilio Editori
www.zabarella.it

ART E DOSSIER N. 329
ART E DOSSIER N. 329
FEBBRAIO 2016
In questo numero: LA PAROLA E LE ARTI Dagli ipertesti medievali ai calligrammi, dal lettrismo a Boetti. BOSCH 500 Gli eventi del quinto centenario del più visionario tra i pittori. IN MOSTRA Hayez, Fattori.Direttore: Philippe Daverio