XX secolo. 2
Il lettrismo di Isidore Isou

la rivoluzionealla lettera

Una delle ultime fra le avanguardie storiche del Novecento puntava alla liberazione dell’individuo dall’alienazione del quotidiano per farlo accedere a una nuova paradisiaca dimensione esistenziale.
In questo progetto il ruolo principale lo aveva una trasformazione del linguaggio che avrebbe immerso l’uomo in una rete globale dove tutto è comunicazione (vi ricorda qualcosa?).

Gianluca Ranzi

René Descartes così scrive in una sua corrispondenza: «I selvaggi ritengono che le scimmie, se vogliono, sanno parlare; se non lo fanno è perché non le si costringa a lavorare». Dopo trecento anni lo stesso dubbio sul linguaggio come veicolo di sopraffazione rivive in Isidore Isou, che nel 1946 a Parigi fonda il “lettrismo”, movimento che, seppure ancora sottovalutato, è stato seminale per la cultura francese ed europea della seconda metà del Novecento. 

Nell’humus ricchissimo del dopoguerra, tra i nuovi fermenti di Saint-Germain-des-Prés, l’esistenzialismo di Jean-Paul Sartre e l’analisi della quotidianità di Henri Lefebvre, con il surrealismo ormai avviato sul viale del tramonto, il lettrismo si scopre la nuova e l’ultima avanguardia. Come quelle storiche degli inizi del secolo si dota di un programma sistematizzato e di una prassi strategica e si vota, come scrive Isou, «a cambiare la vita e trasformare il mondo». Ultima tra le grandi utopie che lo precedettero, il lettrismo nasce da un periodo di crisi di valori estetici e politici che coinvolgono anche il marxismo, le cui idealità non avevano portato all’auspicato cambiamento sociale. Ecco allora l’appello di Isou - di origine rumena come il dadaista Tristan Tzara cui si sente poeticamente vicino - a un rinnovamento trasformativo che dalle arti si estende alla vita e che si oppone al lavoro alienante e all’ignoranza, mentre promuove l’idea di un uomo nuovo capace di realizzare ogni sua intrinseca e potenziale virtù, come annuncia fin dal 1946 nel primo numero della rivista “La Dictature Lettriste”.


Isidore Isou, Senza titolo (Chaque création nouvelle apporte une ré-interprétation inédite du Paradis) (1988).


Isidore Isou, Réseau centré M67 (1961), Parigi, Centre Pompidou - Musée national d’art moderne.

“La Dictature Lettriste”, prima copertina della rivista fondata da Isidore Isou (1946).


Isidore Isou, fotografato a Cannes (1951).

Tale “finalità paradisiaca” parte da una riformulazione del linguaggio da parte di Isou e degli altri membri del lettrismo (Maurice Lemaître, Gabriel Pomerand, Roland Sabatier, Jacques Spacagna e Alain Satié), secondo un progetto teorico che lo riduce alle sue unità minime fondamentali: le lettere. Lettera e segno divengono così gli elementi plastici su cui si fonda una nuova concezione della pittura che diviene poliscrittura attraverso la “métagraphie” o “hypergraphie” e che si estende al campo letterario e oltre, dove non più le parole ma lettere e segni vengono elevati a elementi autonomi, capaci di costituirsi in poesie, romanzi, architettura, cinema, fotografia, teatro, danza, psicologia, pedagogia. 

Tutto concorre a fondare una nuova comunità umana non più di tipo socialista o comunista (che prevederebbe la necessità del lavoro), ma «paradisiaca e creativa», in cui gli uomini possano vivere in «un’estasi in perpetuo accrescimento» senza la necessità assoluta di lavorare, proprio come le scimmie di Descartes. 

In questo modo lo sbriciolamento del linguaggio e l’atomizzazione della lettera si convertono in nuovi oggetti plastico-visivi e poetico-sonori da cui partire per «ricreare tutta l’arte», come si espresse Roland Sabatier, dando spazio a tutti gli alfabeti possibili: fonetici, sillabici, ideogrammatici o lessicali. Lettera e segno divengono i mattoni della nuova cattedrale dell’arte, verso un’inedita unificazione dei mezzi di comunicazione che prefigura il villaggio globale di Marshall McLuhan e l’era di Internet. 

Per Isou infatti l’uomo è innanzitutto un essere di comunicazione, emittente e ricevente, immerso in reti di segni, produttore di un’arte le cui le particelle primarie si lasciano contaminare, sovrapporre e declinare, coinvolgendo il pubblico in un processo creativo aperto, illimitato, sovratemporale e integrale, che in questo modo anticipa anche Happening e Fluxus. Questo avviene nelle performances al Tabou in rue Dauphine o nelle nuove “meccaniche” cinematografiche messe a punto da Maurice Lemaître - dove gli attori si materializzano tra il pubblico in sala interferendo con l’azione del film stesso (Le film est déjà commencé?, del 1951) - e da Gil J. Wolman che nel 1952 alla prima di L’anti-concept usa un pallone sonda come schermo.


“Bizarre”, n. 32-33, 1964.


Roland Sabatier, Suite hermétique (pour soliste) (Parigi 1965).

Un processo creativo aperto,
illimitato, sovratemporale
e integrale


Il 1952 è un anno cruciale: Isou diffonde l’idea della meccanica totale dell’arte, quella “mécesthétique” integrale che moltiplica gli strumenti dell’arte all’infinito, estendendo tutte le tecniche, i materiali e i risultati possibili e su cui si consumerà la scissione con il giovane Guy Debord che, prima di fondare l’Internazionale situazionista nel 1957, aveva infatti militato nelle file del lettrismo fino a fondarne nel 1952 un’ala estrema chiamata Internationale Lettriste. 

Quella di Isou è una galassia in continua espansione che conduce dalla creatività limitata del sistema borghese repressivo a una creatività generalizzata definita “estapéirisme” (estetica dell’innumerevole), o “art infinitésimal”, dove la creazione totale è la meta da raggiungere per la liberazione dell’uomo: «Io dico: tutto è essenziale. Voglio spingere tutte le discipline nello stesso tempo. Proseguo la mia strada fino alla società paradisiaca e all’eternità concreta nel cosmo». 

Così il concetto di “creazione” è il perno centrale del sistema lettrista e l’asse su cui si fonda la ricostruzione integrale della vita. Nei tre Manifestes du Soulèvement de la Jeunesse, scritti tra il 1947 e il 1967, Isou individua la creatività pura nei giovani, cioè in quei soggetti che devono cercare di sfuggire alla “esternità” in cui sono temporaneamente parcheggiati prima di essere inseriti nelle maglie dello sfruttamento sociale e nel meccanismo societario dell’alienazione, in linea con quanto già trattato da Marcuse e dalla scuola di Francoforte. Nella gioventù Isou vede la concreta possibilità di una rivoluzione sistemica e complessiva, radunando la creatività dispersa e “esternizzata” in un progetto di rivendicazione di libertà e di energia creativa: «I giovani sono l’attacco, l’avventura; devono cessare di essere merce per divenire consumatori del proprio slancio. Se la gioventù non si salverà essa perderà il mondo»: parole che ben fanno comprendere quanto il lettrismo sia stato antesignano rispetto alla controcultura underground degli anni Sessanta e alle teorie del Maggio francese, fino a restare un monito per la contemporaneità, oltre ogni momento storico definito.


Jacques Spacagna, illustrazione per la raccolta Lettrisme et Hypergraphie (Parigi 1971).


Manifesto di Le film est déjà commencé? di Maurice Lemaître (Parigi 1951).

Isidore Isou, illustrazione per “Le monde des Grands Musées”, n. 3 (Parigi 1974).


“Internationale lettriste”, n. 3, agosto 1953.

ART E DOSSIER N. 329
ART E DOSSIER N. 329
FEBBRAIO 2016
In questo numero: LA PAROLA E LE ARTI Dagli ipertesti medievali ai calligrammi, dal lettrismo a Boetti. BOSCH 500 Gli eventi del quinto centenario del più visionario tra i pittori. IN MOSTRA Hayez, Fattori.Direttore: Philippe Daverio