Storie a strisce


dare spazio a ciò
che inferno non è

di Sergio Rossi

con Catarsi, Luz racconta e supera la tragedia di “Charlie Hebdo” con un inno alla vita,
senza retorica e senza vendette

I

l 7 gennaio 2015, a Parigi, due uomini armati di kalashnikov, i fratelli Said e Cherif Kouachi, entrano nella redazione del periodico satirico “Charlie Hebdo” e uccidono dodici persone. La colpa del giornale è aver dileggiato la religione musulmana e disegnato caricature del profeta Maometto (poche, tra l’altro). Tra le vittime ci sono il direttore della rivista, Charb (Stéphane Charbonnier) e due poliziotti destinati a proteggerlo, e due glorie del fumetto transalpino, Cabu (Jean Cabut) e Georges Wolinski, rispettivamente settantadue e ottant’anni. Cabu è stato, tra gli altri, il disegnatore del Maggio parigino 1968 e amatissimo da diverse generazioni di francesi come anche Wolinski, ben noto anche in Italia, nonostante abbia messo per decenni alla berlina i molti vizi pubblici e le poche virtù private della borghesia. A queste dodici persone uccise, nei giorni successivi si aggiungeranno undici feriti e altre cinque vittime: la poliziotta Clarissa Jean-Philippe e quattro clienti del supermercato “kasher” presi in ostaggio da Amedy Coulibaly, un altro terrorista complice dei fratelli Kouachi, con l’intento di distogliere l’attenzione della polizia dagli autori della strage della rivista. Il 9 gennaio tutti e tre i terroristi muoiono in uno scontro a fuoco con la polizia: Coulibaly nel supermercato “kasher”, i fratelli Kouachi in una tipografia dove si sono asserragliati nella fuga. L’11 gennaio il presidente della repubblica francese François Hollande promuove una manifestazione a cui aderiscono due milioni e mezzo di persone (in totale tre milioni contando anche le altre manifestazioni organizzate nel resto di Francia), i premier delle nazioni europee e altri leader politici tra cui il primo ministro di Israele e il presidente dell’Autorità palestinese. La frase «Je suis Charlie» fa il giro del mondo, insieme ai sarcasmi contro chi è solidale con i defunti, i distinguo su ciò che sarebbe satira e cosa non lo sarebbe, l’ipocrisia di chi afferma che quelli di “Charlie”, ammettiamolo, un po’ se la sono cercata: dopotutto già nel 2011 la sede della rivista era stata incendiata. In mezzo a tutto questo, il disegnatore Luz, al secolo Rénald Luzier, consuma il suo lutto. Quel 7 gennaio avrebbe dovuto essere anche lui nella redazione di “Charlie Hebdo” come fa da circa vent’anni, solo che il 7 gennaio è il giorno del suo compleanno, e quella mattina era in ritardo perché prima aveva festeggiato con sua moglie, poi si era fermato per comprare una torta da dividere con i compagni. Così Luz arriva in redazione quando i fratelli Kouachi hanno già finito la strage. Quel giorno Luz non perde solo i compagni di una vita di lavoro - ha quarantatré anni e da venti collabora a “Charlie” - ma perde anche la capacità di disegnare. Poi ritorna a disegnare e inizia la sua catarsi intesa sia come purificazione dal male accaduto, sia come parziale liberazione dagli eventi, che vengono rivissuti, a livello cosciente, sia sul piano razionale sia su quello emotivo. Un viaggio che Luz mette su carta e diventa un libro appunto intitolato Catarsi, edito in Francia da Futuropolis e in Italia da Bao Publishing (centoventotto pagine, traduzione di Michele Foschini). Ed è attraverso il disegno e il fumetto che Luz mette in scena il suo senso di colpa per essere sopravvissuto alla strage, il suo disgusto per la retorica di chi vuole trasformare in santini laici gli amici scomparsi e il peso della loro mancanza, la difficoltà di tornare a una vita normale, di fare l’amore con sua moglie, di godersi una giornata al mare. Dà anche un nome, Ginette, al suo senso di colpa che rappresenta come un nodo allo stomaco che, già lo sa, non lo abbandonerà mai. Ma non per questo cerca vendette o rinuncia a vivere. Ed è qui che il viaggio nel dolore di Luz si trasforma da semplice testimonianza a pura letteratura disegnata.


La copertina e alcune tavole tratte da Catarsi di Luz (Bao Publishing, Milano 2015).






Luz si salva perché, inconsciamente, cerca quello che Italo Calvino chiamava nel suo volume Le città invisibili «ciò che in mezzo all’inferno, non è inferno»: il colore del rossetto e del cappotto della moglie che si stagliano sopra l’orrore della strage, e poi l’amore di sua moglie, il suo corpo; il vento in riva al mare in una giornata d’inverno; la forma delle nuvole che hanno ispirato, ieri come oggi, i suoi disegni; l’ironia con cui rappresenta i complottisti che dicono che la strage del 7 gennaio non è mai avvenuta. In questo suo dare spazio a ciò che in mezzo all’inferno non è inferno, Luz ci consegna un libro prezioso che fa piangere e ridere, appassionare e divertire, ricordare ed emozionare. 






ART E DOSSIER N. 327
ART E DOSSIER N. 327
DICEMBRE 2015
In questo numero: ARTE GLOBALE Dalla Gallia romana alla nascita del gotico secondo Daverio, al mito dei grattacieli. MONZA Il ritorno di Teodolinda. IN MOSTRA Bosch/Brueghel, Balthus, Ai Weiwei.Direttore: Philippe Daverio