Camera con vista 


Ex-cinema

di Luca Antoccia

recentemente Renato Barilli ha ribadito la necessità di un’omologia di arti e scienze. Una nozione cara anche a chi scrive, senza la quale ci si preclude qualsiasi etica ed estetica dell’immagine. Per questo ci si dedica qui per una volta al terzo volume dell’Enciclopedia delle arti contemporanee curato da Achille Bonito Oliva (Il tempo inclinato, Electa, Milano 2015), prezioso tentativo di aggiornare al XXI secolo una nozione oggi tanto indispensabile quanto sommersa. Cinema pittura fotografa e video ricevono, con l’avvento dei New media, una nuova ricollocazione ed è soprattutto in questi ultimi, oltre che nella fotografa, che un nuovo paradigma si affaccia. Già il contributo di Stefano Chiodi, La macchia umana. Tempo, fgura, fotografia porta a un ripensamento del dilemma Lumière/Méliès, con l’irruzione della terza opzione Marey e Muybridge, i due precursori del cinema, dello studio e riproduzione del movimento attraverso vari dispositivi fotografci e precinematografci. Ma più che di riproduzione si tratta di produzione di immagini, di costruzione di un mondo da cui infatti proprio le avanguardie storiche e poi le postavanguardie passeranno nel rifuto del racconto standardizzato e commerciale del cinema classico. Oggi infatti che quest’ultimo appare appannato, nuova linfa arriva sempre più dai territori limitrof della fotografa e della videoarte. Ancor più prezioso è il contributo di Rinaldo Censi, Oggetti tecnici e processi parassitari, non solo per la dovizia di esempi riportati ma anche perché indica un percorso di incredibile e reciproca fecondazione tra foto, cinema e visioni elettroniche. Facciamo due esempi. Cory Arcangel parte in Colors (2006) dall’omonimo flm di Dennis Hopper per poi passarlo fotogramma per fotogramma, e ogni riga di pixel viene stirata fno a riempire tutto lo schermo, fno a ottenere una serie di straordinarie linee cromatiche verticali. Questo è come dire che nel suo dna il cinema è pittura ma a essa lo riconduce il digitale. Al polo opposto, Phil Solomon in Last Days in a Lonely Place (2007) estrae da immagini periferiche di videogames strutture e atmosfere che, private del colore, rallentate e sgranate acquistano una nuova e insospettata vita cinematografca. Un cinema a forma di “exergo” (letteralmente fuori opera), un “ex-cinema” che a volte però più di tanto cinema “mainstream” mostra la pulsione e il desiderio antico e modernissimo delle immagini.



frame da Colors (2006), di Cory Arcangel.

frame da Last Days in a Lonely Place (2007) di Phil Solomon.

ART E DOSSIER N. 323
ART E DOSSIER N. 323
LUGLIO-AGOSTO 2015
In questo numero: UN'ESTATE D'ARTE Le mostre da non perdere da Roma a Pompei, da Milano a Firenze e a Parigi; Le biennali più politiche e l'Expo più bella; L'arte della ceramica: Delft vs Cina. IN MOSTRA Rops/Fabre, Gormley, Lachapelle, Arts & Foods, Le Corbusier, Pompei, Piero di Cosimo.Direttore: Philippe Daverio