l'importanza
di essere qui

In Qui Richard McGuire ci racconta la storia del mondo visto dal salotto di casa in un’opera possibile solo grazie alle caratteristiche peculiari del linguaggio del fumetto

di Sergio Rossi


Nel romanzo L’immortalità (1990), Milan Kundera spiega come il numero di gesti che possono compiere gli esseri umani sia limitato e sempre inferiore rispetto al numero totale degli umani stessi: per questo ci capita di riconoscere nei gesti degli altri, fossero anche degli sconosciuti, persone conosciute o sepolte nella nostra memoria. Non so se l’illustratore e fumettista americano Richard McGuire conosca quel libro di Kundera, ma certo descrive bene la geniale intuizione che sta alla base di Qui, il primo graphic novel di questo autore edito in America nel 2014 da Random House e nel 2015 in Italia da Rizzoli Lizard (Milano), dopo una gestazione di venticinque anni.
Illustratore di fama mondiale (“New Yorker”, “Guardian”, “Harper’s magazine”) e autore di memorabili libri per bambini (The Orange Book, La notte diventa giorno, Cosa non va in questo libro, Chi la fa l’aspetti) editi in Italia da Corraini (Mantova), McGuire vive in una casa costruita all’inizio del XX secolo davanti a quella che in precedenza è stata abitata dal figlio del politico e scienziato (e molto altro) Benjamin Franklin. Prima di lui, la casa ha avuto diversi proprietari che però non hanno mai cambiato l’ordine delle stanze. Da questo 1915 10.000 AC 1970 11 fatto nasce l’intuizione geniale di Qui: utilizzare il salotto di casa come il palcoscenico su cui far sfilare non solo la storia degli abitanti della casa in varie epoche, ma anche tutta la storia del mondo dalle origini del pianeta fino al lontano futuro. Il collegamento tra le varie epoche avviene tramite i gesti che compiono i diversi personaggi che entrano in scena quando voltiamo le pagine: gesti che si ripetono uguali nel tempo e permettono così di abbattere le barriere temporali che li dividono e di mettere in comunicazione gli oceani prima della deriva dei continenti, i dinosauri del Giurassico, le tribù indiane d’America prima dell’arrivo dei coloni, le litigate tra Franklin, uno dei padri della Rivoluzione americana, e suo figlio, accesso sostenitore del re d’Inghilterra, le fasi di costruzione della casa e la sua futura distruzione, le vicende familiari delle diverse famiglie che vi hanno abitato, la fauna e la fora che popoleranno questi luoghi quando anche l’uomo sarà una specie dimenticata.
McGuire riesce a raccontare tutto questo grazie alla caratteristica peculiare del linguaggio del fumetto: la possibilità di dividere la stessa scena in più vignette nello stesso spazio di rappresentazione, ossia la pagina a stampa, senza far avvertire al lettore lo stacco da una all’altra come invece avverrebbe nel cinema quando lo schermo si divide in due, oppure in letteratura quando i paragrafi sono staccati da righe bianche.
In pratica, l’inquadratura del salotto occupa una doppia pagina di libro, sulla quale McGuire sovrappone una o più vignette che dividono le fasi in cui si svolge l’azione narrata in due o più epoche contemporaneamente, mentre le date delle stesse sono segnate nella didascalia nell’angolo in alto a sinistra di ogni vignetta. Il risultato è un affascinante viaggio nel tempo, nella memoria e nelle infinite storie contenute in ogni singolo punto dello spazio, nel quale il salotto di casa utilizzato da McGuire si trasforma nel complementare “aleph” creato da Jorge Luis Borges nella serie di racconti, L’Aleph, del 1949. Nella raccolta del grande scrittore argentino, l’“aleph” (inteso come l’inizio, il tutto, la fine) era descritto come una sfera che permetteva di vedere tutti i luoghi del mondo contemporaneamente, in Qui il salotto di casa ci permette di saltare nel tempo del mondo nella stessa unità di luogo e di azione.
Come detto all’inizio, per arrivare a questo risultato sono occorsi venticinque anni. McGuire aveva infatti già pubblicato Qui nel 1989, sotto forma di storia di sole sei pagine in bianco e nero nella sua rivista “Raw Magazine” diretta da Art Spiegelman (l’autore di Maus) e Françoise Mouly. Quella breve storia divenne subito uno dei punti di riferimento per quegli autori (come Chris Ware, Scott McCloud, Dylan Horrocks, Lewis Trondheim, Benoît Peeters) che hanno esplorato tutte le sfumature del linguaggio del fumetto. Da allora McGuire ha lavorato sull’idea di amplificare la trama e la struttura di Qui, fino al libro attuale.


La copertina e alcune tavole tratte da Qui di Richard McGuire (Rizzoli Lizard, Milano 2015).














Comparando le due versioni, rimane il piacevole dubbio su quale sia oggi la più dirompente: la versione in cui la struttura della pagina a sei vignette e la brevità della narrazione esaltano il racconto simultaneo di diversi eventi nello stesso spazio, oppure quella in volume che amplia le molte e suggestive storie ed esalta le continue invenzioni grafiche che rappresentano le epoche diverse narrate. A ognuno la sua risposta.

ART E DOSSIER N. 323
ART E DOSSIER N. 323
LUGLIO-AGOSTO 2015
In questo numero: UN'ESTATE D'ARTE Le mostre da non perdere da Roma a Pompei, da Milano a Firenze e a Parigi; Le biennali più politiche e l'Expo più bella; L'arte della ceramica: Delft vs Cina. IN MOSTRA Rops/Fabre, Gormley, Lachapelle, Arts & Foods, Le Corbusier, Pompei, Piero di Cosimo.Direttore: Philippe Daverio