Grandi mostre. 8 
Piero di Cosimo a Firenze

le fiabe
di piero

Personalità stravagante e originale, Piero di Cosimo è il più “nordico” e fiabesco dei pittori attivi sulla scena artistica fiorentina quattro-cinquecentesca. Una mostra ci propone il suo mondo poetico e struggente, analitico e luminoso. Ce ne parla qui una delle curatrici.

Elena Capretti

la mostra su Piero di Cosimo alla Galleria degli Uffizi è la prima monografica dedicata all’artista in Europa e la seconda nel mondo, dopo l’edizione americana tenutasi alla National Gallery di Washington e chiusa poche settimane prima di quella fiorentina. Solo l’alleanza di due istituzioni museali di tale importanza, dove sono conservati alcuni dei massimi capolavori dell’artista, ha reso possibile il duplice evento, con alcune diversificazioni significative: concentrata sui dipinti di Piero quella di Washington, allargata ai disegni e al contesto degli artisti coevi quella degli Uffizi.
In molti forse si chiederanno chi era Piero di Lorenzo Ubaldini detto Piero di Cosimo, pittore che di rado compare nei manuali di storia dell’arte, ma che pure è stato tanto apprezzato dai collezionisti anglosassoni e americani fra Otto e Novecento. Di fatto fu uno dei protagonisti dell’arte fiorentina fra la fine del Quattrocento e il primo Cinquecento.


Uno straordinario poeta della pittura:
ora lirico e struggente,
ora ironico e stravagante



Nato nel 1462 e morto sessant’anni dopo, operò nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, in quella repubblicana di Savonarola e Soderini, e poi ancora in quella della restaurazione medicea sotto l’egida di papa Leone X de’ Medici. Incline alla solitudine e alla libertà intellettuale, fu vittima della sua stessa originalità che lo poneva per così dire “sopra le righe”, ma che nel contempo gli dette l’opportunità di vedere sempre il mondo intorno a sé da un’angolatura diversa, mai scontata. Della sua originale personalità, dei suoi tic, dei «suoi castelli in aria», parla diffusamente Vasari in alcune fra le pagine più seducenti delle Vite, da cui emerge la personalità di un uomo geniale, «stratto e vario di fantasia», imprevedibile e bizzarro. La sua immaginazione era irrefrenabile, capace di trasformare ciò che vedeva: il suo occhio si perdeva nelle nuvole - cirri cumuli e nembi colorati, squarciati da raggi di sole, che tanto spesso tornano nei suoi dipinti -, nelle macchie e persino negli sputi sui muri che nella sua mente diventavano «battaglie de’ cavagli e le più fantastiche città», disposizioni che tanto piacquero poi ad artisti surrealisti quali Salvador Dalí e Max Ernst, le cui parole d’ordine erano inconscio, follia e libertà. Ma proprio quel pensiero disinibito, quella fantasia sensibile e senza reticenze fecero di Piero uno straordinario poeta della pittura: ora lirico e struggente, come quando racconta il dolore di un giovane satiro di fronte all’amata fanciulla uccisa (Londra, National Gallery), ora ironico e stravagante come nel corteo di satiri e menadi che fanno risuonare utensili da cucina per spingere le api in un tronco cavo (Worcester, Art Museum).
Appartenente a una famiglia di fabbri corazzai e battilori, fin da bambino Piero aveva avuto dimestichezza con i metalli ben forgiati e ornati, che nei suoi dipinti si accendono di bagliori luminosi. Fu allievo di Cosimo Rosselli, allora rinomato pittore, che portò con sé il dotato allievo a Roma quando nel 1481 venne chiamato a dipingere nella Cappella sistina con Botticelli e Ghirlandaio. Piero di Lorenzo rimase a lungo presso il Rosselli e ne trasse il patronimico, diventando per tutti Piero di Cosimo, ma da subito prese le distanze dallo stile rigido e algido del maestro, del tutto contrario alla sua sensibilità. Fin dalle prime opere, come la pala di Montevettolini, Piero dimostrò uno spiccato interesse per Leonardo instaurando nel contempo un dialogo aperto con Filippino Lippi, anch’egli spirito originale con cui il nostro artista condivise la committenza dei Del Pugliese e degli Strozzi. Dopo l’arrivo a Firenze del monumentale Trittico Portinari dipinto da Hugo van der Goes, dal 1483 sull’altare di Sant’Egidio, Piero divenne il più originale e assiduo interprete dell’arte fiamminga a Firenze. Con la monumentale opera negli occhi, realizzò le due pale richieste dal ricco lanaiolo e mercante Piero del Pugliese, una per Santa Maria a Lecceto (ora a St. Louis) e l’altra per la chiesa dello Spedale degli Innocenti. Spinto dalle suggestioni fiamminghe, Piero crea un intrigante gioco fra ciò che appare e ciò che è, fino alla resa iperrealistica di certi dettagli, come le sfere dorate attributo di san Nicola macchiate da riflessi colorati o le mani incartapecorite di sant’Antonio nella Visitazione per l’altare di Pier Capponi in Santo Spirito (Washington, National Gallery). Vivace narratore di «storie di favole» per le camere dei palazzi dell’alta borghesia fiorentina, Piero evoca mondi primordiali minacciati dalla costante presenza del fuoco nelle tavole con la Caccia e il Ritorno dalla caccia oggi al Metropolitan Museum, parte del cosiddetto “ciclo dell’umanità primitiva”, forse identificabile con la serie di dipinti eseguiti per una stanza dell’appartamento di Francesco del Pugliese, nipote di Piero, nel palazzo di famiglia in via de’ Serragli.
Nella Firenze del Soderini, ai primi del Cinquecento, in cui si confrontano Leonardo, Michelangelo e Raffaello e si creano le fondamenta per la “maniera moderna”, Piero torna a guardare con rinnovata attenzione al maestro vinciano, mosso dall’affinità di certi interessi per la natura, gli umani affetti, il paesaggio, le potenzialità mimetiche della pittura a olio. Da questa svolta fondamentale deriva la Madonna della Fondazione Cini, in cui l’angelo musicante interpreta l’invenzione leonardesca della Leda inginocchiata, una sorta di “lapsus” da parte di un artista che raramente fa citazioni tanto puntuali e tende sempre a dissimulare i propri richiami.
La luce è ormai l’assoluta protagonista delle composizioni di Piero e diventa essenza dello Spirito santo nell’Incarnazione, già sull’altare Tedaldi nella Santissima Annunziata (ora agli Uffizi), inondando dal cielo Maria, il suo volto, il suo ventre di madre.
L’inventiva del pittore lo aveva portato a cimentarsi con successo nella realizzazione di carri trionfali e apparati in cartapesta e legno, manufatti che duravano il tempo di una festa ma che lasciavano nella gente il ricordo dell’emozione che avevano suscitato, come il Carro della Morte - orribile quanto famoso - approntato in occasione di un carnevale. L’esperienza da estroso scenografo e valente costumista si percepisce in anni ormai tardi nella Liberazione di Andromeda, opera eccelsa degli Uffizi dipinta per Filippo Strozzi il Giovane all’indomani del rientro dei Medici, dove i protagonisti indossano costumi fantasiosi, suonano strumenti musicali impossibili e si atteggiano in pose enfatiche. Un registro diverso e persino dissonante emerge però nelle pale tarde destinate a chiese defilate o confraternite, come l’Immacolata concezione di San Francesco a Fiesole, compiuta verso il 1516: le figure esili e allungate, i colori tenui, le forme sfaldate paiono ormai riflesso di un ripiegamento spirituale profondo. Attendevano Piero anni di sofferenza, afflitto dal “parletico” del Parkinson, che gli avrebbe impedito di dipingere. Morì solo, come aveva vissuto, trovato accasciato in fondo a una scala di casa sua, il 12 aprile del 1522.

Satiro che piange la morte di una ninfa (Morte di Procri?) (1495-1500 circa), Londra, National Gallery.

Visitazione con i santi Nicola e Antonio abate (1489-1490 circa), Washington, National Gallery of Art.

Ritorno dalla caccia (1485-1490), New York, Metropolitan Museum.

Madonna col Bambino e due angeli (1505-1507 circa), Venezia, Fondazione Giorgio Cini.

Incarnazione (1500-1505 circa), Firenze, Uffizi.

Disputa sull’Immacolata concezione, con i santi Agostino, Bernardo di Chiaravalle, Francesco, Gerolamo, Tommaso d’Aquino, Anselmo d’Aosta (entro il 1516), Fiesole, San Francesco.


Qui sotto, Liberazione di Andromeda (1510-1513), Firenze, Uffzi.

ART E DOSSIER N. 323
ART E DOSSIER N. 323
LUGLIO-AGOSTO 2015
In questo numero: UN'ESTATE D'ARTE Le mostre da non perdere da Roma a Pompei, da Milano a Firenze e a Parigi; Le biennali più politiche e l'Expo più bella; L'arte della ceramica: Delft vs Cina. IN MOSTRA Rops/Fabre, Gormley, Lachapelle, Arts & Foods, Le Corbusier, Pompei, Piero di Cosimo.Direttore: Philippe Daverio