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un sognatore
innovativO

di Daniele Liberanome

aprima vista il mercato di Jan Fabre pare disastroso, ma indagando si scopre una realtà più complessa. È vero che i suoi top lot sono stati tutti aggiudicati nel 2011-2012, ed è vero che ultimamente gli invenduti in asta sono piuttosto numerosi, ma rimanere ancorati a questi dati è sbagliato. Del resto, sarebbe insensato che nell’attuale fase positiva per le quotazioni di arte contemporanea, proprio le opere coinvolgenti, innovative, di un artista di quel calibro si muovessero in chiara controtendenza negativa. Senza contare le importanti personali che gli continuano a tributare musei importanti, soprattutto in Italia, Belgio e Olanda, che non possono non influenzare positivamente le quotazioni.
Certo, le sue opere sono fin troppo poliedriche, poco ripetitive e riconoscibili, il che, purtroppo, non piace ai collezionisti. Poi, parte della sua produzione più famosa, come le pièce teatrali, non può essere facilmente messa sul mercato. Ma quando arriva in asta qualche bel pezzo-evento piuttosto raro - il successo è assicurato. Prendiamo De man die de wolken meet (L’uomo che misura le nuvole) in cui Fabre esprime plasticamente la sua ricerca di stabilire un rapporto con l’immenso, con l’infinito - perfino a costo di sembrare assurdo; perché apparentemente assurda è la pretesa dell’uomo nella sua scultura, di misurare le nuvole con un righello e di farlo dopo l’ulteriore, vano e insensato, sforzo di avvicinarsi alle nuvole salendo su una scala. Ma Fabre non si stanca di affrontare temi vastissimi con i limitati mezzi a disposizione, come suo fratello morto, anche lui un sognatore, a cui è dedicata l’opera.


Il mercato di Jan Fabre non fa faville,
ma quando arriva inasta un bel pezzo il successo è assicurato



Uno degli otto esemplari di De man die de wolken meet - a cui vanno aggiunte due prove d’artista - in bronzo con patina dorata, venne offerto da Christie’s il 17 giugno 2009. Le aspettative erano contenute: l’opera fu presentata nell’asta di Amsterdam, pensando cioè di coinvolgere il collezionismo nazionale di Fabre, allettandolo con una stima di appena 25-35mila euro. Il prezzo finale fu tutt’altra cosa: 205mila euro.
Così, quando ci fu l’occasione di proporre un altro esemplare dell’opera, Christie’s cambiò completamente strategia. La vendita non fu più organizzata nella troppo provinciale Amsterdam, ma nella più importante piazza europea, ossia Londra. Certo, considerato il valore ben più basso rispetto alle opere di Warhol o di Pollock, il Fabre venne posizionato in un’asta di rilievo ma non di spicco: nella sessione pomeridiana, non serale, della vendita Arte del dopoguerra e contemporanea del 15 ottobre 2011. De man die de wolken meet si confermò su valori elevati, 221mila euro, il doppio della stima massima. L’ottimo risultato convinse Sotheby’s a seguire lo stesso approccio: appena messo mano su un esemplare dell’opera, lo vendette a Londra nella sessione pomeridiana dell’importante asta del 16 febbraio 2012, piazzandolo per 245mila euro, che costituisce a tutt’oggi la cifra nota più alta mai pagata per un Fabre.
Da allora sono passati tre anni, ma la sensazione è che se venisse offerto un altro Uomo che misura le nuvole, il prezzo finale sorpasserebbe quello del 2012. Altro esempio di trend positivo per Fabre è Hoofdstuk XII, un bronzo con patina dorata, di cui un esemplare è andato in asta a Parigi da Artcurial-Briest- Poulain-Tajan il 30 maggio 2011, ossia nell’anno apparentemente migliore di Fabre, ed è stato aggiudicato per 22mila euro.
L’anno dopo, il 3 luglio, la stessa casa d’asta ebbe l’occasione di vendere un altro esemplare della stessa opera, aggiudicandola a un prezzo ancor superiore: 36mila euro, quasi il doppio della pur generosa stima.
Meno esaltante la performance di De man die vuur geeft (L’uomo che dona il fuoco), un gruppo scultoreo composto di due pezzi che Christie’s ha proposto a Londra sia il 17 febbraio 2011 sia il 15 febbraio 2012 ottenendo in ambedue le aste un prezzo di poco superiore ai 200mila euro; ma nessun segno di flessione va registrato in quel periodo. Il mercato di Fabre, quindi, non è così malato come sembrerebbe, soprattutto per quanto riguarda i pezzi più importanti, che ultimamente si vedono poco sul mercato.
Resta comunque da capire come mai negli ultimi due anni gli invenduti fiocchino. A ben vedere, le vendite fallimentari si sono tenute perlopiù in Belgio - a Bruxelles, a Lokeren, ad Anversa - presso case d’asta che non sono state in grado di richiamare i collezionisti internazionali; poi, la loro clientela locale ha giudicato eccessive le stime, spinte al rialzo dai risultati londinesi, e da qui la messe di invenduti. Ma sul mercato mondiale, anche negli ultimi anni, le opere di Fabre continuano a vendersi, pur senza far faville proprio per la mancanza di pezzi di richiamo. Ecco infatti che Tajan ha venduto lo scorso 10 marzo a Parigi un Les Messagers de la Mort décapités per 28mila euro, poco al di sotto della stima massima. Un collezionista attento potrebbe insomma acquistare in Belgio opere significative di Fabre per poi rivenderle con profitto a Londra o a Parigi.



De man die vuur geeft (2002).

De man die wolken meet (1998).

ART E DOSSIER N. 323
ART E DOSSIER N. 323
LUGLIO-AGOSTO 2015
In questo numero: UN'ESTATE D'ARTE Le mostre da non perdere da Roma a Pompei, da Milano a Firenze e a Parigi; Le biennali più politiche e l'Expo più bella; L'arte della ceramica: Delft vs Cina. IN MOSTRA Rops/Fabre, Gormley, Lachapelle, Arts & Foods, Le Corbusier, Pompei, Piero di Cosimo.Direttore: Philippe Daverio