IL PIÙ SUBLIME ENIGMADEL PIACERE

Pigmalione prova un’attrazione fatale per la statua che ha appena finito di levigare con le carezze.
Che cosa accade in quel determinato istante?

il colpo di fulmine non giunge da uno dei dardi di Zeus. Come è caduto in quell’abisso, quello del desiderio amoroso, che attanaglia le viscere e rende schiavi anche i più razionali filosofi, come Aristotele che, secondo la leggenda, perde il senno per Fillide e si lascia cavalcare dalla seducente fanciulla, che lo denigra? Pigmalione è esemplare portavoce di quella categoria che si invaghisce di un’immagine, nel suo caso di una scultura femminile nuda, che secondo Clemente Alessandrino era il simulacro della bellezza e della dea Afrodite. Lo scultore cipriota si innamora perdutamente della sua statua, che considera l’incarnazione del proprio ideale femminile, superiore persino a qualunque donna in carne e ossa. Per lungo tempo le dorme accanto, la desidera ardentemente, nella speranza che un giorno si animi per fare l’amore, realmente, con lei. E a un certo punto il suo desiderio viene esaudito. Afrodite tramuta la statua in creatura umana, la anima e le fa aprire gli occhi.
In questa narrazione si celano anche metafore dell’eros, tra sguardo, desiderio e soddisfazione sensuale. Il mito può essere collegato anche a ciò che sta prendendo piede attualmente, ovvero ai casi di molte persone che decidono di vivere con riproduzioni sofisticate, bambole che paiono donne reali. E più in là nel tempo qualcuno forse preferirà condividere la propria intimità con cyborg o con illusioni prodotte da tecnologie, che sapranno stimolare direttamente zone del cervello e appagare il desiderio. Partendo dal senso visivo, una persona si può, non dico innamorare, almeno eccitare sia contemplando un reale corpo attraente sia mettendosi in relazione immaginativa con una figura (pittorica, scultorea, fotografica, filmica) o scena erotica.
Contemplare un’opera d’arte attraente, un quadro misterioso o un simulacro della bellezza può originare le stesse sensazioni e piacere di quando si è innamorati persi di una persona, o qualcosa di simile a un orgasmo nel sogno? Alcuni neurobiologi sono convinti che quando ammiriamo un capolavoro si attiva la stessa zona del cervello di quando si è fortemente invaghiti o attratti da qualcuno, ovvero la corteccia orbito-frontale, e che viene prodotta dopamina, un ormone conosciuto anche come trasmettitore di benessere, noto per dare sensazioni di piacere e appagamento.
L’arte e la bellezza avrebbero quindi il potere di favorire maggiore attività nei centri di ricompensa del piacere nel cervello. Ci sono dunque probabilità che vi sia una parentela o una consonanza tra chi contempla con grande trasporto emotivo o intellettuale un’opera d’arte e chi cerca il piacere partendo dall’attività voyeuristica. L’eccitamento innescato dal guardare una persona incantevole e seducente, il suo corpo nudo, reale e disponibile, può essere in qualche modo messo sullo stesso piano di chi invece si eccita partendo da un’immagine presente in un quadro, in un libro, o rivista o in un film o in una fantasia erotica immaginata?


Bronzino, Pigmalione e la statua amata (1529); Firenze, Palazzo vecchio.


Jean-Léon Gérôme, Pigmalione e Galatea (1890).

Dettagli di decorazione dei templi di Khajuraho (950-1050 circa); India.


Dettagli di decorazione dei templi di Khajuraho (950-1050 circa); India.


Dettagli di decorazione dei templi di Khajuraho (950-1050 circa); India.

Qualche anno fa mi trovavo a Khajuraho, in India, in visita ai famosi templi eretti tra il 950 e il 1050, all’epoca della dinastia Chandela, in uno dei luoghi sacri dell’induismo. Le decorazioni dei templi sono perlopiù traduzione visiva dell’eros indiano, fregi e sculture in pietra, che emanano da secoli una spiritualità sensuale e provocante. I soggetti sono innumerevoli amanti, umani e divini, a coppie o in piccoli gruppi, avvolti in caldi abbracci e disinibiti amplessi, ricorrenti simboli di fertilità, fanciulle del cielo, animali reali e mitologici, narrazioni della vita quotidiana. Un giorno, mentre stavo visitando un tempio, mi sono accorto che nel corso della giornata molti uomini indù si avvicinavano ai cicli iconografici e si masturbavano davanti alle scene erotiche, con una tale naturalezza, quasi come quando i fedeli cristiani vanno in chiesa a pregare davanti alla statua di un santo o della Madonna. In questi templi del kamasutra, le decorazioni lapidee rendono visibili tutte le declinazioni e le varianti delle attività sessuali. Alcuni studiosi ritengono che le sculture erotiche, essendo collocate solo sulle pareti esterne dei templi, rappresentino in realtà una sorta di recinto simbolico, un primo livello prima di innalzarsi su altri piani e dimensioni spirituali, per elevarsi fino agli stati delle manifestazioni divine(1)

Nella mitologia greca le storie degli dèi rendono vive tutte le possibilità inerenti alla sessualità. Zeus assapora tutti i frutti del godimento, esperisce le gradazioni del gioco amoroso, sonda le declinazioni delle fantasie umane; oltre che con la sua sposa si congiunge con numerose donne, rapisce Ganimede per amoreggiare con lui nell’Olimpo, attua metamorfosi in forme animali, partorisce Dioniso dalla coscia e Atena dalla testa, e molto altro ancora. Quando giace nel letto con Alcmena, triplica la durata della notte per dar lungo spazio alle gioie dell’accoppiamento. Da questa unione verrà concepito Eracle, che a sua volta, più in là nel tempo, non volendo essere da meno del padre, in una sola notte si congiunge con cinquanta fanciulle. Scene erotiche - degli dèi, degli eroi e degli uomini - sono state dipinte sulle coppe attiche, raffigurate sulle pareti dei palazzi e delle case, scolpite o realizzate in terracotta, oltre che tramandate dalle narrazioni orali e trascritte poi sui supporti cartacei. Il registro dell’eros trapela in tutta la letteratura mitologica greca. Il sesso è associato ai rituali della fertilità. Vari culti prevedono la prostituzione sacra nei templi dedicati agli dèi, dove ospitali fanciulle, ancelle della dea della persua sione, cioè Peitho, concedono di cogliere il frutto dei loro delicati fiori su splendidi giacigli, con la benedizione di Afrodite e di Eros.


Pittore di Pan, cratere attico a figure rosse (dall’Etruria) con Donna che trasporta un enorme fallo (480-460 a.C.); Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Antikensammlung, Altes Museum.


Kylix con scultore che lavora a un’erma (520-500 a.C.); Copenaghen, Nationalmuseet.

(1) Secondo gli antichi testi indiani, i quattro scopi della vita sono il “dharma” o dovere, l’“artha” o ricchezza, il “kama” o piacere e il “moksha”, la liberazione, fine ultimo delle persone. Alle pratiche tantriche e all’esperienza sensoriale venivano attribuite forti componenti spirituali. Le sessantaquattro posizioni descritte nel Kama Sutra – codice sanscrito dell’amore, scritto tra II e VI secolo d.C. e considerato come una guida tecnica al godimento sessuale – non servivano solo a garantirsi il massimo del piacere, ma soprattutto a raggiungere l’estasi attraverso l’amplesso. La corrente mistica del tantrismo (presente sia nell’induismo sia nel buddismo) era convinta che la coppia doveva puntare all’estasi, prolungando il più possibile il rapporto e ritardando l’orgasmo, senza raggiungerlo.

L’erotismo entra nella religione, la permea. Nelle principali feste di Atene veniva rappresentato il matrimonio rituale del sacerdote di Dioniso, che vestiva i panni della divinità, con la consorte Basilinna, mentre durante processioni, che si svolgevano nelle campagne dell’Attica, si portavano falli enormi su carri. Anche nei misteri eleusini, basati su semplici riti di fertilità che implicavano il mistero della resurrezione, venivano esposti modelli di organi sessuali e si compivano atti erotici a scopo propiziatorio per la fertilità dei campi. 

In alcune feste ateniesi era in uso anche il rituale di piantare riproduzioni di falli direttamente nella terra. Nella città spiccavano numerose erme, ovvero pilastri sormontati dalla testa di Ermes, sui quali erano scolpiti genitali in erezione, che i passanti toccavano perché li consideravano portafortuna. Nelle campagne erano presenti invece le erme o figure di Priapo, uno spiritello fallico. Tutti gli oggetti che non sono andati distrutti, e che ora sono conservati nei maggiori musei del mondo, testimoniano l’anima superstiziosa e la vivacità erotica del popolo greco nell’antichità. Venivano utilizzati anche innumerevoli amuleti d’amore e si credeva che gli organi genitali avessero efficacia magica, specialmente contro il malocchio. Per questo motivo durante le processioni eleusine a un certo punto le donne urlavano insulti osceni in direzione dei passanti e si denudavano per scongiurare l’eventualità che potesse prendere corpo qualche minaccia maligna. La figura del fallo e le scene erotiche erano presenti nelle case, dipinte, scolpite o in forma di amuleti, per favorire la fertilità e per tenere a distanza le forze oscure. 


Nikostene (VI secolo a.C.), kylix a figure rosse con satiri che si accoppiano, (500 a.C.circa); Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Antikensammlung, Altes Museum.


Pittore di Trittolemo, kylix attica a figure rosse con scena erotica (470 a.C. circa); Tarquinia (Viterbo), Museo archeologico nazionale.

E quasi tutte le credenze religiose e superstiziose greche penetrano anche nelle culture etrusche e romane. Il Gabinetto segreto del Museo archeologico di Napoli ha conservato opere che testimoniano il potere sacrale dell’eros: sono raccolti i vari reperti a soggetto erotico o sessuale venuti alla luce negli scavi di Pompei ed Ercolano o acquisiti per altre vie. Nel corso dei secoli la collezione è stata chiamata anche “Gabinetto degli oggetti riservati” o “osceni” o “pornografici”, una raccolta che offre in rassegna i diversi aspetti della sessualità antica. Vi sono sia oggetti che venivano utilizzati con intenti religiosi, funerari o magici, e quindi caricati di aspettative sovrannaturali, sia manufatti caricaturali o affreschi commerciali, riconducibili a questioni apotropaiche, a giochi amorosi e al piacere di coppia. In una vetrina sono stati raccolti ex voto anatomici in terracotta, modellati nelle forme di peni, seni e uteri, realizzati tra la metà del IV e il II secolo a.C., rinvenuti nell’area archeologica dell’antica Cales, in un santuario sannitico. Vi sono poi affreschi a tema mito-erotico, altri con scene pornografiche eterosessuali, provenienti da lupanari (dal latino “lupa”, prostituta), ovvero dai bordelli romani. Nell’affresco in cui compare una scena di penetrazione anale si è conservata una iscrizione dipinta, “Lente impelle”, una richiesta della prostituta ai suoi clienti, che invitava a “spingere piano”.

La statua acefala di Priapo in alabastro giallo (I secolo d.C.) evoca la fertilità vegetale e il dio tutelare dei confini dei campi; si pensava punisse i ladri di frutta con la penetrazione anale. Altre statuette in bronzo rappresentano Priapo intento a libare sul proprio fallo, simbolo di fertilità. In una coppa attica a figure rosse attribuita al ceramografo Epiktetos (VI secolo a.C.) è descritta la scena di una baccante in procinto di accoppiarsi con un asino durante un baccanale. Una piccola statuetta bronzea raffigura Mercurio con numerosi falli in testa - proteggono e neutralizzano il male da qualsiasi direzione esso provenga -, colto nell’atto di stringere nella sua mano destra un sacco di monete; era utilizzata come talismano e amuleto, per attirare la ricchezza e ogni altro bene nella casa in cui veniva collocata. Nella collezione del Gabinetto vi sono anche numerosi amuleti fallici in materiali diversi (chiamati “fascinum”), che servivano per tutelare bambini e adulti da incidenti e malattie, mentre per le matrone patrizie dovevano propiziare la loro fecondità e la capacità di generare. Pugni in miniatura compiono il gesto delle “fiche”, ovvero il rimando alla penetrazione maschile del sesso femminile. 

Su alcuni amuleti sono incisi occhi, presenti per aumentare l’efficacia apotropaica dell’oggetto, così che attirassero maggiormente lo sguardo malevolo per poi dirigerlo lontano dalla persona che lo possedeva. Un piccolo fallo in corallo pare l’amuleto a forma di corno rosso, che ha avuto molto seguito ed è tuttora diffusissimo nella tradizione popolare napoletana.


Apollodoros, kylix a figure rosse con due etere (500 a.C. circa); Tarquinia (Viterbo), Museo archeologico nazionale.


Arte romana, rilievo marmoreo con scena di accoppiamento (da una “caupona” pompeiana; 50 a.C. circa); Napoli, Museo archeologico nazionale, Gabinetto segreto.

Agli ingressi delle case o delle botteghe venivano sospesi a catenelle i “tintinnabula” in bronzo, che avevano forma di un pene eretto con un corpo di leone (simbolo di forza e potenza) e due ali aperte, con campanelle penzolanti, con la specifica funzione di difendere le abitazioni e i negozi dal malocchio e dalla malasorte. Sono interessanti anche i cippi in travertino a forma fallica, che fungevano da segnacoli di tombe etrusche (del II-I secolo a.C.), provenienti dalla zona di Chiusi e Perugia, pietre tombali che lasciavano trasparire la speranza nella rinascita: la discesa nella terra, simbolo femminile di ciò che è fertile, doveva necessariamente realizzarsi attraverso l’incontro nella dimensione ctonia con l’attributo maschile, per vincere la morte attraverso il processo vitalistico della fecondità seminale. Gli dèi immortali dell’Olimpo vollero conoscere ciò che per loro rappresentava un aspetto misterioso, desiderarono sapere qualcosa di più sulla morte. E dovettero chiedere aiuto agli uomini, che essendo mortali avrebbero potuto conoscere, con più cognizione di causa, gli aspetti legati alla paura di sparire, di perdere gli affetti e le cose a cui si erano affezionati nell’esistenza terrena. Clemente Alessandrino e Gregorio di Nazianzo(2), iniziati ai misteri della religione pagana prima di convertirsi al cristianesimo, hanno rivelato che Dioniso e Demetra, per avere informazioni sulla morte, dovettero prostituirsi. Gli uomini erano costretti a portarsi una moneta per comprarsi il passaggio nell’Ade, mentre gli dèi dovevano dare in cambio il loro corpo, sessualmente, a coloro che gli svelavano la via nascosta e segreta per giungere nell’oltretomba. In questa poco nota narrazione gli dèi rivelano cosa lega l’eros a Thánatos (personificazione della morte). Quando Dioniso scende nel mondo dei morti per riscattare sua madre Semele, Ade gli impone di dargli in cambio qualcosa che per lui è molto caro. Dioniso riflette e poi pone nella mano di Ade un ramoscello di mirto. L’etimo greco “myrton” significa sia “bacca del mirto” sia “clitoride”(3). Il dio del mondo infero accetta perché di mirto si incoronano gli sposi sulla terra ed è la pianta sacra di Afrodite. Volendo essere sensuale al pari di Zeus e Poseidone, il sovrano dell’invisibile intende introdurre nel mondo dei morti la misteriosa forza dell’erotismo, legare indissolubilmente amore e morte, vivere il più sublime enigma del piacere.


Il dio Priapo (45-89 d.C. circa); Pompei, casa dei Vettii.

(2) Si vedano: Clemente Alessandrino, Esortazione ai Greci, II, 34, 3-4; Gregorio di Nazianzo, Orazioni, 39,4.
(3) Cfr. Rufo di Efeso, Sulla denominazione, 112; Ch. Daremberg, Ch. É. Ruelle, OEuvres de Rufus dÕEph•se, Parigi 1879.

ex voto anatomici in terracotta (da un santuario sannitico a Cales; IV - II secolo a.C.); Napoli, Museo archeologico nazionale, Gabinetto segreto.
Gli ex voto anatomici in terracotta, modellati nelle forme di organi genitali e seni, venivano utilizzati per motivi legati alla fecondità, con intenti religiosi, funerari o magici, caricati di aspettative sovrannaturali o riconducibili a questioni apotropaiche o alla sfera della salute. Queste riproduzioni parziali del corpo umano rappresentano una categoria di offerte molto diffusa nei luoghi di culto in tutto il Mediterraneo antico, nell’Italia repubblicana fino alla Gallia romana.


Polifemo e Galatea (45-89 d.C. circa); Napoli, Museo archeologico nazionale, Gabinetto segreto.


Satiro che abbraccia una menade (45-89 d.C. circa); Pompei, casa di Lucio Cecilio Giocondo.

ARTE ED EROS
ARTE ED EROS
Mauro Zanchi
Il binomio Arte ed Eros permea di sé la storia dell’uomo. Questo dossier ne ripercorre e delinea alcuni aspetti fondamentali e sorprendenti, indagando la presenza dell’erotismo in ambiti inattesi come quello dell’arte sacra. Il viaggio proposto spazia dall’antichità e dalla mitologia classica alle culture extraeuropee, fino ad approdare alla contemporaneità della performance e dei sex toys.