Outsiders 


ALBERTO SPADOLINI,LO SPUDORATO

di Alfredo Accatino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: Alberto Spadolini

Alberto Spadolini agli occhi dei vicini è solo uno dei tanti stranieri che vivono a Parigi, un sessantenne di bell’aspetto che dovrebbe fare l’artista, o qualcosa del genere, che frequenta l’antica nobiltà, personaggi pittoreschi, vecchi danzatori, e anche qualche giovane profittatore. 

Sarà probabilmente uno di loro a svaligiare il suo appartamento sugli Champs- Elysées, proprio nelle ore nelle quali Alberto lotta da solo in ospedale contro un terribile cancro al fegato, nel dicembre del 1972, disperdendo un tesoro di informazioni e di cimeli che potrebbe far svanire per sempre la sua memoria e identità. 

Succede, però, che nel 1978, Marco Travaglini, giovane professore di educazione fisica a Riccione, andando ad aiutare le zie di Fermo che devono fare un trasloco, nota una vecchia scatola, già pronta per il cassonetto. Contiene fotografie, locandine, documenti, ritagli di giornali provenienti da tutto il mondo. Appartengono allo zio Alberto, fratello della madre. In famiglia hanno sempre pensato che si fosse guadagnato da vivere in Francia e Svezia come pittore e decoratore, tanto che anche il Grand Hotel di Rimini gli affidò, come poi verrà scoperto, la decorazione della sala da ballo. Nulla di più. 

Questo fortunato ritrovamento permetterà, al contrario, di iniziare a ricostruire la biografia di un personaggio assolutamente unico nel suo genere. 

Una riscoperta che avverrà grazie al lavoro meticoloso di Travaglini e a una mostra che nel 2005, partendo da Riccione, attraverserà l’Europa. Philippe Daverio presenta l’artista nel 2012 in occasione dell’esposizione alla Mole vanvitelliana di Ancona e alla Tate Modern di Londra, nella rassegna del 2017, tra le fotografie della collezione di sir Elton John c’è la foto di Dora Maar Il danzatore nudo Spadolini con sfera in mano. Basta vedere infatti qualcuna delle “foto ufficiali” scattate dallo studio Piaz per capire che Spadolini non è stato solo uno dei grandi animatori della vita parigina dagli anni Trenta, ma un performer trasgressivo, capace di esibirsi spesso nudo, per provocazione e innovazione del linguaggio espressivo, nei maggiori teatri del mondo, da Parigi a Londra, fino al Metropolitan di New York. 

Indicative le sue frequentazioni, come il mitico principe russo Feliks Feliksovič Jusupov (l’uccisore di Rasputin), Mistinguett con cui si esibisce spesso in coppia, Dora Maar, che lo fotografa svestito causando la gelosia del suo compagno Picasso, e la straordinaria Joséphine Baker, con cui ha una tempestosa relazione sentimentale. Entrambi accomunati da un’infanzia povera e difficile, danzatori autodidatti, emigrati e destinati a rivoluzionare la scena teatrale. Due autentiche “belve da palcoscenico”, di assoluta modernità. Ma non solo. Entrambi si troveranno a operare nella Resistenza antinazista. Anzi, secondo la testimonianza del granduca Alex Wolfson, suo compagno sino agli anni Cinquanta, Spadolini avrebbe addirittura continuato nel dopoguerra l’attività di spionaggio a favore dei servizi segreti occidentali, e alcuni dei dipinti realizzati durante il conflitto, ricchi di simboli misteriosi, avrebbero contenuto un codice con il quale Spadolini forniva alla Resistenza informazioni sulle attività dei nazisti.


Le opere riprodotte in questo articolo appartengono all’Archivio di Alberto Spadolini.
Dora Maar, Il danzatore nudo Spadolini con sfera in mano, Parigi 1935.

Spadolini e Joséphine Baker al Casino de Paris nel 1932;


Alberto Spadolini, Ombres, Il gioco delle perle di vetro (1947).


Maurice Seymour, Spadolini Ermes, Chicago 1934.

Spadolini era nato ad Ancona nel 1907 da una famiglia ricca di fede ma con pochi mezzi. A quattordici anni parte per Roma per studiare scenografie al Teatro degli indipendenti di Anton Giulio Bragaglia, e a vent’anni prova a raggiungere la Francia da clandestino. Espulso, vi fa però ritorno, convinto di poterla conquistare. E il suo talento vince. Paul Colin gli dà lavoro come decoratore di scenografie. Alberto assume il nome d’arte Spadò e inizia a disegnare manifesti promozionali. Durante le pause di un allestimento in una discoteca si mette a ballare, lo vede un impresario e, dopo pochi giorni, debutta. È l’inizio di una carriera folgorante, che valorizza la fisicità plastica del suo corpo e il suo istrionismo naturale che lo porta a enfatizzare pose plastiche e sensuali. Anche le sue coreografie sono diverse: ascolta il pezzo sprofondato in poltrona creando i passi nella propria mente, poi si alza ed esegue, sbattendosene di qualunque ap proccio accademico. Ma alla danza inizia ad affiancare sempre di più la pittura. 

Opera come decoratore presso il Vittoriale degli italiani (Gardone Riviera, Brescia), legandosi d’amicizia con Gabriele D’Annunzio, e a Parigi si fa conoscere come pittore (apprezzato da Max Jacob, Paul Valéry e Jean Cocteau). Ha uno stile riconoscibile che rivela la sua formazione scenografica, e anche la frequentazione, da giovane, di maestri come Giorgio de Chirico, anche se spesso finisce per scivolare nell’oleografico, a volte anche nel kitsch, miscelando ricordi delle Marche, visioni surrealiste, scorci parigini, scene di balletto dai colori cangianti e gridati. 

Nel dopoguerra affresca il castello di Brignac nella Loira, e negli anni Sessanta inaugura un atelier a Riccione, riaperto al pubblico in occasione del quarantesimo anniversario della sua scomparsa. 

Nel corso della sua esistenza è stato anche scultore, cantante, illustratore, sceneggiatore e regista di documentari (si trovano anche in rete), restauratore, giornalista, poeta. Ma è l’utilizzo che ha fatto del proprio corpo che diventa il suo maggiore contributo alla storia delle immagini, il suo segno distintivo. Immortale. Unico. Spudorato.


Alberto Spadolini, Parigi, anni Trenta.

Alberto Spadolini, Serenata di Schubert (1960).

ART E DOSSIER N. 382
ART E DOSSIER N. 382
DICEMBRE 2020
In questo numero: ATTIVISMO, ARTE E SOCIETA': Intervista a William Kentridge. Banksy: l'artista invisibile. IN MOSTRA: Banksy a Roma, Enzo Mari a Milano, Cartier-Bresson a Venezia, Derain/Le Corbusier a Mendrisio, I Macchiaioli a Padova, Michelangelo a Genova.Direttore: Philippe Daverio