L’UOMO

Quando Morris stava morendo uno dei suoi medici diagnosticò la sua malattia affermando che consisteva in nient’altro che «essere semplicemente William Morris, avendo fatto più lavoro di dieci uomini!».

Morris fu uno dei più prolifici poeti vittoriani, forse il più grande artista-artigiano del suo tempo, un abile impresario nel business della decorazione e dell’arredamento, un appassionato riformatore sociale e ambientalista, un educatore, per diventare all’età di cinquant’anni un convinto socialista. Nell’odierna epoca di estrema specializzazione riesce difficile comprendere la versatilità di Morris. Egli fu sia un realista che un sognatore, una dicotomia che delineò il suo carattere e informò costantemente la sua vita. Questa lotta continua fra ideali e realtà divenne il principale sprone per il suo lavoro creativo e il potere dell’immaginazione lo aiutò a superare i limiti di una tranquilla educazione tipicamente vittoriana. Ma fu una lotta che ebbe anche conseguenze non positive come il suo idealizzato innamoramento e il matrimonio, che si rivelarono infelici, e la sua fervente credenza nella “santità” della bellezza e nell’eccellenza dell’esecuzione artistica che restarono tuttavia negate a molti le cui esistenze Morris intendeva migliorare. 

William era nato nel 1834 a Elm House, Walthamstow (Essex), vicino a Londra, terzo di nove figli, da una famiglia benestante della borghesia vittoriana, industriosa e priva di stimoli estetici. Preferiva spendere il suo tempo per sé, vorace lettore dei racconti di Walter Scott con eroi e castellane, mentre solitarie cavalcate su un pony esaltavano, tra stupita ammirazione della bellezza e curiosità scientifica, la sua scoperta di foreste, chiese, edifici. Ammirazione e curiosità che spiegano quella che nella maturità sarà la sua antesignana militanza in favore della conservazione degli edifici antichi che culminerà nella raccolta di firme per bloccare l’intervento sulla facciata della basilica di San Marco a Venezia. Così visitando per la prima volta a otto anni la cattedrale di Canterbury disse che gli si erano aperte «le porte del paradiso». Il vagabondare solitario, come più tardi spiegava Edward Burne- Jones, l’amico di una vita, gli permetteva quella concentrazione assoluta sulle cose viste che nella maturità alimentò la sua prodigiosa memoria visiva per cui quando disegnava una nuova tipologia decorativa, lo faceva d’impulso, senza bisogno di schizzi preparatori.


Ritratto fotografico di William Morris (s. d.).

Autoritratto (1856); Victoria and Albert Museum.


Ritratto di Jane Burden (1857); Londra, British Museum.


Dante Gabriel Rossetti, Jane Burden (1857).

Rimosso da una scuola locale in seguito a una rissa, viene preparato privatamente da un reverendo che lo inizia allo studio della storia e dei classici per l’ammissione a Oxford nel 1853 dove avrebbe dovuto studiare teologia e farsi sacerdote, come aveva promesso alla madre. È a Oxford che Morris conosce Edward Jones (più tardi Burne- Jones), anche lui studente per diventare ecclesiastico, figlio di un modesto tipografo di Birmingham, il cui vivido ricordo ci descrive com’era Morris all’epoca: «Parlava con veemenza, talora con violenza - le sue leggendarie arrabbiature originate da eclampsia, una forma di epilessia, che poi avrebbe trasmesso a una delle due figlie - non era mai languido né stanco. Sottile nella figura, a quell’epoca, i capelli scuri e folti. Non molto dopo, a causa dei capelli che diventavano sempre più ricci mentre ingrossava sempre più, gli demmo il soprannome di “Topsy”!». Burne-Jones introdusse Morris nel suo circolo di amici studenti originari di Birmingham, appassionati di letteratura (Shakespeare, Milton, Malory) ed è stato suggerito che il contatto con questi giovani meno ricchi e fortunati di lui ma più mondani abbia aperto i suoi orizzonti nei rapporti sociali. Nel 1855, alla morte prematura del padre, Morris era entrato in possesso di una sostanziale rendita con cui generosamente finanziava i progetti nei quali gli amici e colleghi lo coinvolgevano. Influenzati dalla lettura di Ruskin, Morris e Burne-Jones, divennero ardenti compagni-viaggiatori alla scoperta delle cattedrali francesi da cui nacque la loro inestinguibile fascinazione per tutto ciò che era medievale, in particolare, per Morris, nell’ambito della decorazione. Così presero la decisione irrevocabile che non avrebbero mai servito la Chiesa ma l’arte: Burne-Jones come pittore, Morris come architetto. Ma dopo alcuni mesi come studente praticante presso lo studio, a Oxford, di uno dei più autorevoli architetti del Neogotico, George Edmund Street - un’esperienza che si sarebbe rivelata insostituibile in futuro per la realizzazione del concetto di spazio -, Morris abbandona lo studio perché la sua mente vulcanica è già attratta da altri progetti.


La bella Isolda (1857-1858); Londra, Tate Modern. È l’unico quadro di Morris dipinto a cavalletto. Isolde, con lo sguardo dolente e malinconico, è ritratta in piedi mentre si allaccia una cintura che richiama il forzoso stato di castità cui è costretta dall’impossibilità di vivere il suo amore per Tristano. Sul tavolino è appoggiato un manoscritto miniato con una lettera decorata, testimonianza della passione di Morris per l’arte medievale.

Il più affascinante è una commissione procuratagli da Dante Gabriel Rossetti, che ha conosciuto a Londra attraverso Burne-Jones, la proposta di far parte di un gruppo di artisti per decorare i muri della nuova Debating Room della Oxford Union. L’inesperienza della pittura murale e la difficile architettura dell’edificio fecero sì che il progetto non fosse mai completato e che quanto era stato fatto prendesse rapidamente a scolorirsi. Ma il progetto si dimostrò importante per due ragioni. Fu la prima occasione in cui Morris, Burne-Jones, Rossetti e altri colleghi si trovarono a lavorare insieme traendone una reciproca soddisfazione, precedendo le esperienze di Red House, la prima abitazione della coppia William e Jane Morris, e della costituzione di un’impresa collettiva, la Morris, Marshall, Faulkner & Co., per arredare le case altrui. Secondariamente portò al primo incontro di Morris con la sua futura moglie, Jane Burden, figlia di uno stalliere di Oxford: sbalorditiva, anticonvenzionale, alta e sottile, una massa selvaggia di capelli neri, un lungo collo, una bocca generosa. Era una “stunner”, una cannonata, secondo il linguaggio dell’ambiente rossettiano. Ma se Rossetti vide subito in lei il potenziale per una modella, Morris se ne innamorò perdutamente al primo incontro. Difficile capire le ragioni per cui entrambi decisero di sposarsi (1858), dato l’abisso sociale che li separava. Ma Jane era esaltata dal gruppo di artisti in cui Rossetti, che l’aveva per primo incontrata con Burne-Jones, l’aveva introdotta e un futuro con Morris prometteva conforto e sicurezza. Quanto a Morris, era pronto per vivere il “romance” e Jane rappresentava per lui la perfetta amante e la castellana dei tanti romanzi di gioventù. È interessante comparare il primo ritratto a matita che Morris e Rossetti fecero di Jane subito dopo averla incontrata. Il lavoro di Morris è esitante ma intenso, sorprendentemente più simile all’immagine di lei di quello più confidente, elegante di Rossetti che va oltre la fisica somiglianza per un’elaborazione artistica. Nonostante Rossetti lo spronasse tenacemente a diventare pittore, Morris aveva difficoltà a rendere la figura umana, come prova un suo autoritratto a matita del 1856 di una certa rigidezza, anche se nel 1858 una naturale confidenza alimentata dall’innamoramento gli ispira l’unico ritratto di Jane - La bella Isolda -, secondo il poema di Malory, un quadro squisitamente medievale, dietro il quale Morris aveva scritto: «I can’t paint you, but I love you [non posso ritrarti, ma ti amo]».


Oxford Union Debating Room (1823).

The Works of Geoffrey Chaucer, copertina in pergamena.


The Works of Geoffrey Chaucer, frontespizio. Il volume fu pubblicato nel 1896 dalla Kelmscott Press Book, tipografia fondata da Morris con la quale l’artista pubblicò volumi di raffinata qualità, caratterizzati dall’accurata scelta della carta, dei tipi e dell’inchiostro.

William Morris con la camicia da lavoro.


Vignetta d’epoca che ritrae William Morris mentre legge poesie a Burne-Jones.


Dante Gabriel Rossetti, I Morris a Ems (1869).

WILLIAM MORRIS
WILLIAM MORRIS
Alberta Grugnoli
Un dossier dedicato a William Morris. In sommario: L'uomo; La Red House e la nascita dell'impresa collettiva; Morris attivista politico; Morris e le arti decorative; L'artista come imprenditore; L'eredità di Morris. Come tutte le monografie della collana Dossier d'art, una pubblicazione agile, ricca di belle riproduzioni a colori, completa di un utilissimo quadro cronologico e di una ricca bibliografia.