Cataloghi e libri

NOVEMBRE 2020

IN PAROLE POVERE

È un’autobiografia con immagini, questa del grande fotografo oggi novantenne. Gianni Berengo Gardin - «Giuanin», come lo chiama l’amico Ferdinando Scianna, nella prefazione/ lettera di questo libro - è molto schivo e la sua testimonianza di vita e di lavoro l’ha raccolta la figlia Susanna. Pare non sia stato facile, ma non ce ne accorgiamo, tanto questi ricordi sono ben scritti, e così densi di notizie su di lui e sugli amici fotografi, tanti. Molte le incursioni nel campo strettamente tecnico, e qui pare di sentire la sua voce, mentre descrive la sua prima Zeiss, un’Ikonta 6x6, le sue duttili e inseparabili Leica (una se la porta sempre dietro, anche quando va dal panettiere), i suoi ingranditori: non solo l’inconfondibile Durst, che chi in passato ha praticato camere oscure conosce senz’altro, o l’altrettanto famoso Leica, ma anche un aggeggio che si costruì da solo, con mezzi di fortuna, ancora funzionante. A dire il vero la sua prima macchina fotografica fu quella che prese alla madre quando i tedeschi occuparono Roma. Era un’Ica Halloh a soffietto, forse già dei nonni. Era vietato fotografare, e anzi si dovevano consegnare in questura tutti gli apparecchi fotografici. Forse con incoscienza adolescenziale, Gianni acquistò alcuni rullini e girellò per Roma con quella Ica. Gli scatti sono andati perduti, ma centinaia di migliaia di altri, frutto della sua lunga carriera, sono tutti ben catalogati, archiviati e conservati non solo nelle stampe curatissime, ma anche nei provini a contatto. Non possiamo che concordare con lui sul fatto che i provini sono una documentazione primaria: testimoniano la genesi di uno scatto, e spesso, a distanza di anni, si sceglie proprio un’immagine che prima avevamo scartato. Senz’altro annuisce lassù dove ora si trova anche il suo (e nostro) amico Mario Dondero: dopo trent’anni dagli scatti che Mario eseguì per il nostro libro Sulle tracce di Van Gogh (Giunti Editore, Firenze 2020), i provini che avevamo tenuto, e che ora abbiamo pubblicato nel nuovo libro, testimoniano ciò che Berengo Gardin narra qui. Dietro ogni sua stampa un timbro verde indica «vera fotografia»: nessuno scatto è stato ritoccato.


Gianni Berengo Gardin Contrasto, Roma 2020 208 pp., 78 ill. b.n. € 22,90

IL CALZOLAIO DEI SOGNI

La versione originale inglese dell’autobiografia di Salvatore Ferragamo (Bonito, Avellino 1898 - Firenze 1960) uscì a Londra nel 1957, quando l’imprenditore/ calzolaio era ancora vivo. Aveva ancora molte cose da dire e da fare, ma morì a sessantadue anni. Il libro fu tradotto postumo nel 1971, e l’edizione Sansoni è introvabile. Bene ha fatto Electa a ripubblicare una rielaborazione dell’originale, anche perché lo scorso settembre, alla 77. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Luca Guadagnino ha portato il suo documentario tratto dal libro: Salvatore - The Shoemaker of Dreams, dove si sente anche la vera voce del protagonista. Ferragamo fu sì coraggioso imprenditore, fattosi dal nulla in un isolato paesino irpino, ma fu in primo luogo artista, con modelli di scarpe che restano capolavori di design. Capita spesso di non poter fare a meno di dichiarare, nel recensire un saggio biografico: «Questo libro si legge come un romanzo ». Mai luogo comune fu più vero. Cominciatelo, e passerete una notte in bianco.


Salvatore Ferragamo Electa, Milano 2020 240 pp., 70 ill. b.n. € 24

CAPIRE LA FOTOGRAFIA CONTEMPORANEA

Questa Guida pratica all’arte del futuro, come indica il sottotitolo, nasce dal tentativo del suo autore di riflettere su alcune questioni che il fotografo statunitense David Alan Harvey è solito sintetizzare agli allievi all’inizio dei suoi workshop: un fotografo «racconta storie e per narrarle “deve avere qualcosa da dire”». E il fotografo emergente «dev’essere artigiano del linguaggio», insomma, «poeta, non scrittore tecnico». Termini come “autorialità”, “autorevolezza”, “progettualità”, “tecnica”, il nostro autore li contempla da sempre nella sua brillante pratica curatoriale e critica. Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci, consulente della Fondazione di Venezia per la gestione del patrimonio fotografico, è uno dei più attivi e intelligenti curatori di fotografia degli ultimi decenni. Dal 2005 al 2014 ha diretto Contrasto (Milano), nonché la rivista “Il Fotografo”. Cura oggi la testata “Black Camera” sulla piattaforma digitale di Rolling Stone (www.rollingstone.it/ black-camera). Questo libro è una perla, non solo per chi ama la fotografia ma anche per chi la pratica. Tuttavia Curti tiene a precisare di non avere la presunzione d’insegnare né come si diventa critici o curatori, né tantomeno fotografi. Il lungo saggio è composto di cinque capitoli che si potrebbero leggere anche separatamente, ma consigliamo la successione proposta. Dapprima Curti narra l’esperienza personale, poi offre una sintetica, magistrale storia della fotografia e delle evoluzioni tecniche; nel terzo capitolo illustra il lavoro di ventun fotografi, alcuni scomparsi, altri conosciuti personalmente (da Capa e Cartier-Bresson a Giacomelli, Mulas, Scianna, Berengo Gardin, Erwitt, LaChapelle e molti altri). Seguono le questioni di mercato, collezionismo, festival, fino all’ultimo, fondamentale capitolo sulla fotografia digitale: è ancora fotografia? - si domanda -, considerato che le foto che si scattano oggi ogni due minuti nel mondo sono più di quelle realizzate in tutto il XIX secolo? Impossibile rispondere o sintetizzare. Va letto, ne vale la pena. Si capirà innanzitutto perché, se guardiamo le fotografie, «anche loro segretamente » ci guardano.


DEALER/COLLECTOR

Il “lockdown” ci ha impedito di recensire prima questo libro sulla personale collezione di uno dei più celebri mercanti d’arte contemporanea. Dalla fine degli anni Sessanta, al pari di un altro gallerista italiano (Leo Castelli, «il fratello maggiore che non ho mai avuto»), Gian Enzo Sperone ha avuto un ruolo fondamentale, con intuito e lungimiranza, nella genesi non di un solo movimento, corrente o singolo artista. I suoi interessi di mercante, a partire da due enormi tele di Cy Twombly comprate, giovanissimo, con tutti i risparmi, nella dimora romana dell’artista statunitense, spaziano dalla Pop Art all’Arte povera, al minimalismo e oltre. È stato amico di Warhol, continua a esserlo di Schnabel e molti altri. Ha “solo” ottant’anni - sottolineiamo “solo” perché le sue scelte e le sue gallerie nel mondo sono ancora un punto di riferimento. Altra cosa è la sua personale raccolta d’arte, vasta e articolata, qui illustrata magnificamente e schedata nei suoi pezzi più illustri, e accompagnata dalle introduzioni, fra gli altri, di Alvar Gonzáles -Palacios e Alessandro Morandotti. La passione di Sperone non è specialisticamente maniacale, e si distingue dagli orientamenti “di galleria”, anche se non mancano Cucchi, On Kawara, e altri del nostro tempo, fino a Hirst e Schnabel, «il suo gemello astrale», come nota Gonzáles-Palacios. Sperone ama stili ed epoche diverse, e in una sorta di immensa “Wunderkammer” compra e accosta pezzi antichi, marmi, arredi in pietre dure a dipinti e sculture dal Medioevo all’Ottocento. Ritratti, paesaggi, nature morte, non sempre opere notissime, ma sempre di qualità, li ha acquistati in massima parte da grandi antiquari, anziché alle aste. Non mancano capolavori come, fra gli altri, il David del Cavalier d’Arpino e il Ritratto di Aleardo Aleardi di Domenico Induno. Goffredo Parise, suo amico, scriveva di Sperone: «L’emozione dell’arte lo ha dotato di febbre, una temperatura alta dentro cui e con cui si aggira come colui che ha rubato e porta in tasca, invendibile, il più misterioso diamante nero del mondo». L’opera meno politicamente corretta: Eugénie, maialina imbalsamata e tatuata da Delvoye (2005).


Gian Enzo Sperone a cura di Ludovica Trezzani Umberto Allemandi, Torino 2019 2 voll., in inglese e italiano 595 + 144 pp., 600 ill. colore € 200

ART E DOSSIER N. 381
ART E DOSSIER N. 381
NOVEMBRE 2020
In questo numero: LUOGHI MAGICI: Il castello del Buonconsiglio a Trento. Le nuove gallerie del Museo scienza e tecnologia di Milano. Le beatitudini del Romanico. IN MOSTRA: Untitled, 2020 a Venezia. Accardi a Milano. Van Gogh a Padova. Tiepolo a Milano. Gentileschi a Cremona.Direttore: Philippe Daverio