L'oggetto misterioso


CLARA, UN RINOCERONTE
PER AMICO

di Gloria Fossi

L’avventurosa storia di una femmina di rinoceronte, in viaggio suo malgrado da Calcutta a Rotterdam, dove giunse nel 1741. Protagonista di un Grand Tour in decine di città europee, vive ancora in alcuni dipinti dell’epoca

Il primo confronto con un rinoceronte allo stato libero mi è capitato una ventina d’anni fa in Namibia: incontro ravvicinato ma rispettoso, commovente e inaspettato. Era un cucciolo. La riserva, protetta da una Ong, si occupava in realtà di ghepardi. Come spesso accade quando si cerca una rarità, invece del ricercato ghepardo (che vidi solamente due anni dopo in Botswana, per caso, di notte, nel delta dell’Okawango), quella volta in Namibia m’imbattei nel piccolo rinoceronte bianco. Stava immobile fra la secca sterpaglia della savana, silenzioso e timido, non lontano dalla madre. Crescendo avrebbe visto spuntare sul muso due preziosi corni d’avorio, e forse aveva già, d’istinto, un sano terrore dei bracconieri. Non a caso più a sud, in Sudafrica, un santuario protegge da anni i rinoceronti e soccorre quelli orfani. Altri se ne trovano in India, dove alcune specie in estinzione contano oggi non più di un paio di migliaia di esemplari.

Nel riscrivere la triste storia di Clara, nata nel 1738 in India, nel Bengala nord-orientale, non posso non pensare al cucciolo spaventato incontrato vent’anni fa. Clara però era una femmina di rinoceronte indiano e a differenza della specie africana bianca (Ceratotherium Simum) il Rhinoceros unicornis indiano ha un solo corno. Clara aveva un mese quando la mamma fu uccisa dai cacciatori, nel 1738. A quei tempi non c’era niente di male, si fa per dire, oggi è proibito dar loro la caccia. Per due anni Clara scorrazzò nella grande casa coloniale di Jan Albert Sichterman, direttore della Compagnia olandese delle Indie. Lo raccontano diverse fonti, menzionate nel libro di Glynis Ridley (Clara’s Grand Tour. Travels with a Rhinoceros in Eighteenth Century Europe, New York, Grove Press 2004, con ricca bibliografia). La Ridley illustra la vicenda con la mappa dei viaggi di Clara attorno al mondo.

Infatti, dato che nel 1740 era divenuto troppo ingombrante per vivere in casa, il rinoceronte era stato affidato al capitano Douwe Mout van der Meer (al comando di un vascello pieno di merci esotiche) che affrontò con l’animale il viaggio di ritorno per i Paesi Bassi. Il suo primo lungo percorso era iniziato nel porto di Calcutta. La nave con l’insolito carico si era fermata a Ceylon (come in passato era chiamata l’isola di Sri Lanka), e dopo aver incrociato il Madagascar aveva fatto sosta al Capo di Buona Speranza. Infine era risalita senza altre soste fino a Rotterdam.

Quando Clara fu “scaricata” nel porto di Rotterdam, nel 1741, pesava tremila libbre (oltre millecinquecento chili). Fu messa a terra con una solida imbracatura, povera bestia. Van der Meer capì subito, in patria, di poter ottenere affari d’oro col suo rinoceronte, che suscitava enorme interesse in chiunque incontrasse. Di animali come quello dovevano circolarne pochi in Occidente, anzi pare non ve ne fosse alcuno… anche se, oltre due secoli prima, un esemplare indiano, più sfortunato di Clara, era giunto a Lisbona nel 1515, in dono al re del Portogallo.


Jean-Baptiste Oudry, Ritratto del rinoceronte Clara a Parigi (1749), Schwerin, Staatliches Museum.

Un anno dopo il re lo aveva inviato a papa Leone X, ma l’animale morì in un naufragio nel golfo di La Spezia. Probabilmente era legato e in gabbia, non poté salvarsi. Come accadeva agli schiavi. In una missiva inviata da Lisbona a Norimberga, Albrecht Dürer lesse la descrizione dell’animale. Fu così che lo raffigurò in un disegno, replicato in xilografia per una delle sue stampe più famose. L’artista tedesco però, non aveva mai visto un rinoceronte, e disegnò un errore grossolano: uno strano piccolo corno secondario sul dorso, che altri poi replicarono. Ma poi giunse Clara e fu chiaro a tutti l’errore anatomico del primo disegno e delle sue repliche. Adesso, il rinoceronte era noto in tutta Europa e servì perfino da sfondo a illustrazioni di libri di anatomia. Bizzarro abbinamento: uno scheletro che cammina e un rinoceronte che mangia. In ogni luogo visitato, Van der Meer allestiva mostre a pagamento: successo assicurato. Con Clara raggiunse via mare, fiume o terra, Leida, Hannover, Berlino, Francoforte, Vienna, Friburgo, Dresda, Lipsia.

A Mannheim l’improbabile coppia scese lungo il Reno fino a Schaffhausen, Berna, Zurigo, Basilea. E poi, di nuovo a Schaffhausen, attraversò la Foresta Nera fino a Stoccarda, Augusta, Norimberga. Nel 1749 si spinse, o meglio Clara fu spinta, povera bestia, fino a Parigi, Lione, Marsiglia. Da qui con un vascello giunse a Napoli per poi risalire a Roma. Attraverso l’Adriatico, arrivò a Bologna e da lì a Venezia. In laguna la pacifica e paziente Clara fu immortalata da Pietro Longhi. A Parigi l’aveva ritratta, da par suo, il geniale ritrattista di animali Jean-Baptiste Oudry. Ritratti, sì, e assai veritieri. Il dipinto veneziano ora a Ca’ Rezzonico, fu commissionato a Longhi dal nobile Giovanni Grimani (una replica variata ma autografa, per un altro nobile veneziano, è alla National Gallery a Londra). In un’altra tela di un anonimo artista a Clara è abbinata la figura di un uomo gigante. Come dire: due esseri formidabili, non importa se umani o animali. Già ai tempi di Agostino Carracci e Stefano della Bella, che raffigurarono la pelosa famiglia Gonzales, l’aspetto inconsueto era di moda. Più tardi Bartolomeo Bimbi dipingerà frutta deforme, gigantesca. In tempi più vicini a noi, nell’odiosa era fascista (ma anche oltre) si è continuato a ironizzare sulle donne africane steatopigie: tutti fenomeni da baraccone, o peggio, esseri umani considerati inferiori. Anche la “mostra” di Clara rappresentata da Longhi era un fenomeno da baraccone. Per quanto forse Van der Meer la trattasse senza apparente malvagità, proviamo mestizia e viva compassione per Clara e il suo faticoso Grand Tour. Pare che a Roma le fosse caduto il corno: lo stesso che nella tela veneziana viene ostentato, quasi sventolato da Van der Meer come un trofeo, proprio mentre il meraviglioso animale nel recinto, non avvezzo al galateo salottiero, non manca di fare i suoi bisogni e al tempo stesso di consumare il pasto. In un cartiglio in alto, si legge: «Vero Ritratto/ Di un Rinocerotto/ Condotto in Venezia/ L’anno 1751/ fatto per mano di/ Pietro Longhi/ per commissione/ Del N.O. Giovanni Grimani/ dei Servi Patrizio Veneto ». Clara morì a ventun anni. Eppure in cattività un rinoceronte raggiunge i quarant’anni. Lo stress, pensiamo, la distrusse. Chissà se il piccolo rinoceronte della Namibia, oggi adulto, ancora vive. Speriamo senza stress.


Jan Wandelaa, Il rinoceronte Clara e uno scheletro umano (1741), in Bernhard Siegfried Albinus, Tabulae sceleti et musculorum corporis humani, tavola IV, Londra 1749.

Albrecht Dürer, Rinoceronte (1515), Washington, National Gallery of Art.

ART E DOSSIER N. 381
ART E DOSSIER N. 381
NOVEMBRE 2020
In questo numero: LUOGHI MAGICI: Il castello del Buonconsiglio a Trento. Le nuove gallerie del Museo scienza e tecnologia di Milano. Le beatitudini del Romanico. IN MOSTRA: Untitled, 2020 a Venezia. Accardi a Milano. Van Gogh a Padova. Tiepolo a Milano. Gentileschi a Cremona.Direttore: Philippe Daverio