Luoghi da conoscere
Il castello del Buonconsiglio a Trento

LA FORTEZZA
E LE SUE VIRTÙ

Residenza dei principi vescovi di Trento dal XIII al XVIII secolo, il castello del Buonconsiglio, con edifici di epoca diversa e con straordinari affreschi di Romanino, dei fratelli Dossi, di Fogolino, dal 1924 è sede di Museo nazionale. Dal 2018, inoltre, un nuovo allestimento offre un’affascinante esplorazione del complesso monumentale e dei suoi tesori.


Marta Santacatterina

Lo chiamano castello, ma è molto di più: il Buonconsiglio di Trento è un complesso stratificato che racchiude tra le sue mura un antico mastio, severe torri, un raffinato palazzo rinascimentale, splendidi giardini, fondamentali memorie storiche - qui nel 1916 si condannò a morte l’irredentista Cesare Battisti - nonché un museo con preziose opere dalla preistoria alla prima metà dell’Ottocento.

Ripercorrere le tappe della sua costruzione significa addentrarsi nelle vicende di un territorio per lunghi secoli sospeso tra Italia e Austria, tra Chiesa e Impero.

Trento divenne infatti principato vescovile nel 1027 e tale rimase fino al 1796. Sul dosso detto Malconsey (ribatezzato poi Bonconsey a scopo beneaugurale) lungo le mura della città, nella prima metà del Duecento si costruì l’imponente torre d’Augusto per ospitarvi il podestà.

Dal 1255 il principe vescovo vi stabilì la sua residenza, mentre alla fine del XIV secolo Giorgio di Liechtenstein fece decorare una sala di torre Aquila, raggiungibile percorrendo un lungo camminamento di ronda verso est. Raffinata espressione del Gotico internazionale, sulle sue pareti si snoda un ciclo dei Mesi attribuito al boemo Venceslao che, entro suggestivi paesaggi, raffigurò i lavori nei campi e gli svaghi degli aristocratici.

Il castello di Trento è rappresentato nei mesi di novembre e dicembre; in quello di gennaio stupiscono i cortigiani che giocano a palle di neve.

Castelvecchio, come venne chiamata la parte più antica del complesso per differenziarla da altre strutture realizzate in fasi successive, rimase però un’arcigna fortezza fino a quando Giovanni Hinderbach ne ordinò la ristrutturazione e la sopraelevazione, munendola di una terza cinta muraria. Nel 1475 prese forma il cortile con tre loggiati sovrapposti e sulla parete esterna venne aperta l’elegante loggia in stile veneziano ad archi gotici trilobati, straordinario belvedere sulla città.


Il cortile di Castelvecchio con i loggiati di Giovanni Hinderbach (1475) e gli affreschi di Marcello Fogolino con Carlo Magno e con la serie di vescovi trentini prima del Mille (1534 circa).

A voler un po’ esagerare, la complessa concatenazione di archi, scale, passaggi e porte suscita ora la strana impressione di trovarsi all’interno di un’opera di Escher.


Il cortile di Castelvecchio con tre loggiati sovrapposti e l’affresco con Carlo Magno in trono


Gli anni cruciali per il castello furono però quelli tra il 1528 e il 1536, che trascorsero sotto la guida di Bernardo Cles, consigliere degli imperatori Massimiliano I e Carlo V e al contempo vicino al papa, nonché abile diplomatico e colto signore rinascimentale. Con evidente intento autocelebrativo fece edificare un Magno palazzo in grado di competere in simmetria e bellezza con le dimore dei più potenti sovrani italiani. Il cantiere si aprì il 25 febbraio 1528 e nel 1531, in tempi da record, la nuova residenza fu pronta per accogliere affreschi e sculture, come per esempio le terrecotte di Zaccaria Zacchi per il soffitto della cappella e per la cosiddetta Stua (Stufa) delle figure. Cles si mise “a caccia” di valenti artisti aggiornati sulle novità rinascimentali guardando alle corti più alla moda e trasformando Trento in un vivace crocevia (ai protagonisti, Romanino, i fratelli Dossi e Fogolino, sono state recentemente dedicate esposizioni monografiche).
Il principe vescovo convinse Alfonso d’Este a concedergli “in prestito” da Ferrara i fratelli Battista e Dosso Dossi: i due pittori lavorarono al Magno palazzo per circa un anno, affrescando diciannove ambienti e aprendo la strada a un colto programma iconografico e a uno stile moderno che comprendeva la ripresa dell’antico, la pittura di paesaggio e di genere. La Stua della famea, sala da pranzo della “famiglia”, è tra i lavori più significativi dei Dossi: al centro della volta campeggia l’impresa di Bernardo Cles, mentre nei pennacchi sono dipinte antiche sculture mutile e nelle lunette le favole di Fedro ed Esopo ambientate in dolci paesaggi.
Meritano attenzione anche il fregio della Sala grande, con putti che giocano con gli emblemi del vescovo e con degli stemmi imperiali, e poi i poeti, filosofi, sapienti che emergono dai cassettoni del soffitto della biblioteca, a confermare le aspirazioni umanistiche del committente.


Maestro Venceslao (attribuito), Gennaio, dal ciclo dei Mesi (fine XIV - inizio XV secolo), torre Aquila.

Affreschi di Romanino (1531-1532 circa) nel pianerottolo fra la loggia del Magno palazzo e la scala del giardino.


Sala delle genti trentine, Castelvecchio.

La scenografica loggia aperta sul Cortile dei leoni dipinta da Romanino


Venuto a conoscenza del cantiere, il bresciano Girolamo Romanino nel 1531 si mise a disposizione di Cles che gli affidò la scenografica loggia aperta sul Cortile dei leoni: con linguaggio anticlassico, stile estroso e tecnica rapida dipinse il mito greco di Fetonte sul carro del Sole (raccontato da Ovidio nelle sue Metamorfosi), ai lati le allegorie delle stagioni e monumentali nudi virili. Trovano posto nella loggia anche episodi biblici, mitologici o di storia antica, oltre a scene di concerti a testimonianza della vita musicale della corte. Romanino affrescò inoltre la Sala delle udienze con ritratti di imperatori, romani e contemporanei, e dello stesso Bernardo Cles.


Magno palazzo, loggia del Romanino (1531-1532).

Nei suoi tanti dipinti per il Magno palazzo l’artista bresciano mescolò audacemente soggetti aulici e mitologici con scene di vita quotidiana anche eccentrica come la castrazione di un gatto, il ritratto del buffone di corte, il soprastante che paga gli operai: una varietà di temi che riflette la cultura rinascimentale dell’illustre presule.
Fuggito dal Friuli assieme al fratello per un’accusa di omicidio, il vicentino Marcello Fogolino riparò a Trento nel 1527 e in breve si radicò stabilmente nel cantiere del Buonconsiglio, diventando l’uomo di fiducia del vescovo dopo la partenza dei Dossi e di Romanino. Abile interprete dell’antico e padrone di un lessico estroso, dopo aver superato la prova con dei fregi esterni, lavorò assiduamente a intere sale, come la Camera terrena del Torrion da basso. Quattro grandi ovali con storie di Giulio Cesare sono qui incastonati entro sontuosi stucchi; attorno compaiono paesaggi con imperatori romani a cavallo, figure di nudo, satiri e animali fantastici. Di grande interesse pure la decorazione del refettorio, con grottesche su fondo finto oro, scene musicali e una grandiosa composizione di preziose suppellettili (Silberbuffet).

A suggellare il leitmotiv della glorificazione del potere imperiale, Fogolino dipinse nel cortile di Castelvecchio un imponente Carlo Magno in trono, sotto cui si snoda una teoria di antichi vescovi trentini.

Nel 1688 il Buonconsiglio vide un ulteriore intervento architettonico con Francesco Alberti Poia che raccordò Castelvecchio e Magno palazzo - fino ad allora l’unico collegamento era un passaggio sospeso -, con una “giunta” che prese il suo nome; nel XIX secolo il degrado colpì il complesso e vi si pose rimedio dal primo dopoguerra, trasformandolo in Museo nazionale nel 1924.

Dal 2018 un intelligente riallestimento, tuttora in atto, ha dato vita a un percorso cronologico che lega edifici e manufatti. Le prime sale di Castelvecchio, particolarmente suggestive poiché affiorano direttamente dalla roccia, sono dedicate all’archeologia, all’Alto Medievo e alle “genti trentine”. Da non perdere la raccolta di sculture lignee, le splendide stufe in maiolica, il focus sulla Madonna in blu, rara scultura in pietra policroma del Trecento, e i tanti dipinti che si incontrano lungo il suggestivo e affascinante itinerario di visita.


Magno palazzo, Stua della famea con affreschi dei fratelli Dossi (1531-1532).

Castello del Buonconsiglio

Trento via Bernardo Clesio, 5
orario 10-18 fino al 1° novembre, dal 2 novembre al 30 aprile 9.30-17
chiuso lunedì non festivo
www.buonconsiglio.it

ART E DOSSIER N. 381
ART E DOSSIER N. 381
NOVEMBRE 2020
In questo numero: LUOGHI MAGICI: Il castello del Buonconsiglio a Trento. Le nuove gallerie del Museo scienza e tecnologia di Milano. Le beatitudini del Romanico. IN MOSTRA: Untitled, 2020 a Venezia. Accardi a Milano. Van Gogh a Padova. Tiepolo a Milano. Gentileschi a Cremona.Direttore: Philippe Daverio