Cataloghi e libri

APRILE 2020

CARAVAGGIO 1951

Prefato da Giovanni Agosti - che spiega le ragioni dell’esemplare ricerca del suo “protégé” -, e con una postfazione di Jacopo Stoppa sui mutamenti, non necessariamente positivi, nel corso dei decenni, nel campo della riproduzione fotografica dell’opera d’arte, il lungo saggio di Patrizio Aiello, corredato da fotografie storiche e da due appendici documentarie, interessa non solo chi si occupi della fortuna critica di Caravaggio, ma in generale chi voglia indagare in modo rigoroso e sistematico - e sono studiosi sempre in maggior numero - sulle vicende di mostre d’arte epocali svoltesi nel secolo scorso (antefatti, cataloghi, allestimenti, fotografie, critiche, recensioni, revisioni). A questo proposito, non si può far a meno di rendere omaggio agli studi pionieristici di Francis Haskell, che di questi temi si era egregiamente occupato e che purtroppo non ha potuto veder pubblicato il suo Ephemeral Museum, uscito postumo nel 2000 (ed. it. Skira, Milano 2016). A seguito di un’accuratissima ricerca, Aiello esamina in questo libro, a distanza di oltre mezzo secolo, un evento che costituì un vero spartiacque negli studi su Caravaggio e i caravaggeschi, divenuti oggi di proporzioni sterminate.
Era il 21 aprile 1951 quando Palazzo reale a Milano aprì le porte a oltre quattrocentomila persone, nel corso di pochi mesi, per la più grande mostra mai realizzata fino ad allora su Caravaggio e i caravaggeschi italiani e stranieri: “deus ex machina” Roberto Longhi (già autore di Ultimi studi sul Caravaggio e la sua cerchia), che fu curatore anche del catalogo, in breve tempo ristampato, con correzioni dello stesso Longhi, che nella prima edizione era occorso anche in qualche lapsus, come ben rileva Aiello. Senza cedere al «positivismo accumulatorio», lo studioso ricostruisce e fa filologia su ogni aspetto della mostra, compresi, grazie alle fotografie d’epoca, l’allestimento delle sale e perfino i servizi aggiuntivi, ai tempi innovativi, come caffetteria e un embrionale bookshop. Se mostra e catalogo sancirono l’avvio alla nuova stagione di studi caravaggeschi, il libro si pone anche come esempio di metodo per una materia ancora molto da esplorare.


Patrizio Aiello Officina Libraria, Milano 2019 224 pp., 33 ill. b.n. € 20

ABITARE L’ARTE

Paolo Zani, imprenditore e collezionista bresciano, è scomparso nel 2018, prima d’inaugurare la casa-museo di
Cellatica (Brescia), aperta al pubblico il 5 febbraio scorso.
La dirige Massimilano Capella, che qui la presenta con le fotografie poetiche di Massimo Listri e l’autorevole descrizione di Alvar González-Palacios.
La raffinata dimora, con oltre ottocento opere barocche e rococò, è visitabile internamente ed esternamente, fino
al giardino, arredato con sculture antiche e arricchito da essenze, agrumi e piante acquatiche di molte specie. Provenienti in massima parte da acquisti sul mercato antiquario e delle aste, diversi arredi e dipinti sono veri capolavori, come il tavolo ottagonale in commesso di pietre dure delle manifatture granducali fiorentine, la Coppa della vendemmia di Froment-Meurice, la Flagellazione attribuita ad Alessandro Algardi, e soprattutto la coppia di cassettoni di Giuseppe Maggiolini, i più importanti in assoluto del celebre ebanista lombardo.


Massimiliano Capella, Alvar González-Palacios Electa, Milano 2020 208 pagine, 184 ill. colore € 30

IL MUSEO DELL’ARTE PERDUTA

Quante opere d’arte, nei secoli, sono andate perse? Charney, fondatore dell’Associazione per la ricerca dei crimini d’arte, dichiara che un eventuale museo d’arte perduta vanterebbe «più capolavori di tutti i musei del mondo».
Questo suo libro non accenna solamente a furti, manomissioni, saccheggi, vandalismi, appropriazioni criminali dei nazisti, ma anche al “perduto” per catastrofi naturali, e perfino a opere celate, sepolte, distrutte dai loro artefici: comunque, mai ritrovate anche se vi speriamo ancora. C’è per esempio il caso del sublime Concerto a tre di Vermeer, rubato in modo sfacciato all’Isabella Stewart-Gardner Museum di Boston nel 1990. Certo pare impossibile recuperare le centinaia di tele bruciate nel 1734 per l’incendio dell’Alcázar a Madrid (solo grazie ad atti eroici si salvò, fra le altre, Las meninas di Velázquez). Talvolta riappaiono in modo fortuito, come due testine di bronzo già di Yves Saint-Laurent (asta di Christie’s del 2009), provenienti dalla fontana-orologio del Palazzo d’estate a Pechino, devastato alla fine della seconda guerra dell’Oppio (1860).
Intriganti anche le vicissitudini della settecentesca, incompiuta Camera d’ambra della moglie di Federico I di Prussia, i cui pannelli finirono in Russia, poi di nuovo in Prussia, dove nel 1944 furono distrutti dalle bombe.
Charney accenna anche alla criminalità organizzata che ricicla falsi capolavori e tele autentiche rubate, come i due paesaggi di Van Gogh rubati ad Amsterdam e finiti nel covo di un camorrista. A epilogo, l’infelice esito della performance dell’olandese Bas Jan Ader, scomparso in mare (1975). Il tono del volume ha un buon piglio giornalistico, senza avere la pretesa di esaurire temi di ampiezza sterminata. Peccato che la bibliografia derivi in gran parte dal web, e sia carente di libri più rigorosi. Fra i molti, si sente la mancanza, per il Ritratto del dottor Gachet, della omonima, fondamentale monografia di Cynthia Saltzman (ed. it. Torino 2009). Avremmo poi evitato, in un libro per non specialisti, di citare come esempi d’«arte perduta e ritrovata» i discutibilissimi dipinti “leonardeschi” (Salvator Mundi e Bella principessa), per i quali è sempre doverosa un’aggiornata riesamina critica.


Noah Charney Johan & Levi, Milano 2019 296 pp., 134 ill. b.n e colore € 30

MODA A FIRENZE E IN TOSCANA NEL TRECENTO

Un piccolo (in apparenza) ma grande libro nella sostanza, questo di Roberta Orsi Landini, acclarata studiosa di storia del tessuto, moda e costume, soprattutto toscani.
Rammentiamo, per esempio, fra i suoi tanti saggi, Moda a Firenze 1540-1580, più volte ristampato (Pagliai, Firenze 2005-2019). La sua indagine sulla moda e il costume a Firenze e in Toscana nel XIV secolo si pone adesso come sintesi di anni di ricerca, e ci appare come gioiello denso di notizie, documentazioni, connessioni fra storia e pittura, con riscontri puntuali nella letteratura trecentesca, anche sulla scia del bel catalogo della mostra alla Galleria dell’Accademia di Firenze (Tessuto e ricchezza a Firenze nel Trecento. Lana, seta, pittura, a cura di C. Hollberg, Giunti, Firenze 2017), con i saggi non solo di Orsi Landini ma anche di autorevoli medievisti come Franco Franceschi.
Adesso la studiosa ripercorre, con chiarezza e sistematicità, la moda fiorentina nel corso del Trecento, partendo da due capitoli di premessa che spiegano e testimoniano, attraverso fonti letterarie, archivistiche e figurative, le ragioni di un profondo rinnovamento nell’abbigliamento di uomini e donne delle classi agiate, a seguito di un progresso sociale, economico, perfino urbanistico senza precedenti nella storia della civiltà occidentale. Il rinnovamento, sia nelle fogge sia nella ricchezza di tessuti e di varietà di capi d’abbigliamento e acconciature, con la sempre più netta distinzione fra costume maschile e femminile (dovuto in massima parte a ruoli sociali assai diversi e al ruolo subalterno della donna), pare influenzato da numerosi fattori sociali.
Si ammirano così ricercati modelli e sempre più raffinate tecniche sartoriali, uso di sete lavorate, velluti preziosi e altri materiali che adornano capelli, cinture, vesti, scarpe, ai quali di decennio in decennio seguono severe leggi suntuarie (contro il lusso delle donne) che censurano la vanagloria femminile.
Di questa disamina, che non è solo catalogo ragionato, su veli, ghirlande, corone, guarnacche, calze, cuffie e pellicce, si può avvalere il medievista di varie discipline, ma pure chiunque ami la storia.


Roberta Orsi Landini Polistampa, Firenze 2019 160 pp., ill. colore € 25

ART E DOSSIER N. 375
ART E DOSSIER N. 375
APRILE 2020
In questo numero: INDOMITA ARTEMISIA: Una mostra a Londra. Una donna da decifrare. COLLEZIONI SUI GENERIS: L'archivio visivo della Fondazione Cirulli. Il Mo Museum si Vilnius. IN MOSTRA: Previati a Ferrara. George IV a Londra. Porcellane cinesi a Milano. Caravaggio e Bernini ad Amsterdam. Mantegna a Torino.Direttore: Philippe Daverio