Gibellina Nuova come capitale d’arte è un progetto che coinvolge parecchi artisti, anche famosi. Tra cui Consagra, di cui diremo, nato a Mazara del Vallo, ai “confini del terremoto”, e che ha voluto riposare per sempre proprio qui.
A Vittorio Gregotti e ad Alberto e Giuseppe Samonà si deve il nuovo municipio; Franco Purini e Laura Thermes creano il Sistema delle piazze, cinque consecutive; Ludovico Quaroni e Luisa Anversa, la chiesa Madre; Ales sandro Mendini, la Torre civica. Ma non mancano Giuseppe Uncini, Mauro Staccioli, Gino Severini, Mimmo Rotella, Daniel Spoerri, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino, Emilio Isgrò, Fausto Melotti, Nino Franchina, Andrea Cascella, Carla Accardi e tanti altri. L’assessore alla Cultura Tanino Bonifacio dice: «Oltre alle grandi strutture sparse per la città, noi abbiamo anche un museo d’arte contemporanea: circa mileottocento opere, di cui quattrocento saranno esposte nel nuovo allestimento; dopo cinque anni di chiusura, stiamo per riaprirlo».
Alcune realizzazioni all’aperto hanno invece bisogno di manutenzioni: virtù che, nel tempo, il nostro paese ha purtroppo perduto. «Il Cretto», continua Bonifacio, «abbiamo potuto restaurarlo con fondi comunitari; l’ultima parte dei lavori è durata due anni, dal 2015. Bisognava, soprattutto, uniformarne la cromia: le “isole” costruite per prime, le più antiche, erano ormai diventate più scure, quasi annerite; ora, è stato restituito un nuovo candore a tutto il capolavoro, che così è omogeneo».
Invece, soffrono ancora le opere di Consagra. Specialmente il Meeting, del 1976: il massimo esempio di “città frontale” della sua produzione, una scultura di grandi dimensioni, abitabile, che realizza il sogno dell’artista siciliano, la funzione architettonica dell’opera. Una struttura trasparente, utilizzata come spazio d’incontro sociale e luogo di esposizione d’arte, un edificio che dialoga con l’esterno urbanistico. La sua ultima destinazione è quella di essere stazione degli autobus e luogo d’aggregazione. «Ma dentro ci piove», dice ancora l’assessore; e spiega: «Ammalorate la struttura in calcestruzzo e la grande vetrata; ma, specialmente, l’involucro in ferro. Abbiamo consultato esperti e ingegneri: consigliano di sostituirlo con uno in acciaio». Ormai, si vedono fin troppo bene i ferri dell’“anima”, esposti alle intemperie; la ruggine, tanta; l’erosione, assai pronunciata, di svariate parti della costruzione.
La spesa prevista per la sua manutenzione è di settecentomila euro. Ed è l’urlo di dolore che chiede più urgentemente udienza. Ma altri cinquecentomila euro circa servirebbero «per una quarantina di opere, che pure invocano un soccorso».