Questo articolo non sarebbe esistito se un giorno non avessi incrociato un sito di toponomastica. Una nota biografica, intensa e appassionata, scritta da un editor anonimo con uno stile degno di Flaubert: «Una vita piena di misteri quella di Deiva Terradura. Non ci sono notizie anagrafiche certe. Nulla nei registri delle nascite e dei battesimi; nulla sul giorno della morte, né una tomba che ricordi il suo nome. Del resto il cognome Terradura, ereditato dalla madre, sembra riassumere le difficoltà di una vita fatta di fatica e sacrifici».
Come non volerne sapere di più? Nata intorno al 1885 da una ragazza madre, giovanissima Deiva lascia l’Umbria per Roma. Non vuole fare la servetta. Preferisce vendere violette a piazza di Spagna. È bella, e ben presto viene richiesta come modella dai pittori della vicina via Margutta. È in questa veste che conosce l’acquarellista inglese William Walcot, docente al British Institute. Lei ha diociotto anni, lui trentadue. Scoppia l’amore. Va a vivere con lui e con lui inizia a viaggiare e a soggiornare a Londra e a Parigi, dove scopre l’arte. Si compiono, di fatto, la sua trasformazione in donna e la sua istruzione, colpita dalla trasgressione e libertà dei Fauves, dall’espressionismo poetico di Van Gogh e dalle cromie di Gauguin.
Anton Giulio Bragaglia, in un articolo del 1925, ricorda la scoperta delle sue doti artistiche: «Walcot si attardava un giorno non riuscendo a finire un quadro, il cui soggetto era Deiva, con una sua compagna modella. Difficile da ritrarre era quell’amica! Ma il pittore uscì per un momento e Deiva preso il carbone terminò la figura della compagna. Quando Walcot, tornando, vide, restò come trasognato. Da quel giorno Deiva fu pittrice».
Quando la loro storia finisce, Deiva torna a Roma e dopo pochi mesi sposa l’avvocato pugliese De Angelis, del quale non si sa altro. Forse si lasciano, forse muore. Lei, però, da quel momento, non rinuncerà mai al cognome, che diventerà la sua firma: Deiva De Angelis: l’unica cosa certa della sua vita.