Outsiders


LA PITTRICE NELLA FOSSA
DI PUBBLICA PIETA

di Alfredo Accatino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere e storie spesso dimenticate: Deiva De Angelis

Questo articolo non sarebbe esistito se un giorno non avessi incrociato un sito di toponomastica. Una nota biografica, intensa e appassionata, scritta da un editor anonimo con uno stile degno di Flaubert: «Una vita piena di misteri quella di Deiva Terradura. Non ci sono notizie anagrafiche certe. Nulla nei registri delle nascite e dei battesimi; nulla sul giorno della morte, né una tomba che ricordi il suo nome. Del resto il cognome Terradura, ereditato dalla madre, sembra riassumere le difficoltà di una vita fatta di fatica e sacrifici».

Come non volerne sapere di più? Nata intorno al 1885 da una ragazza madre, giovanissima Deiva lascia l’Umbria per Roma. Non vuole fare la servetta. Preferisce vendere violette a piazza di Spagna. È bella, e ben presto viene richiesta come modella dai pittori della vicina via Margutta. È in questa veste che conosce l’acquarellista inglese William Walcot, docente al British Institute. Lei ha diociotto anni, lui trentadue. Scoppia l’amore. Va a vivere con lui e con lui inizia a viaggiare e a soggiornare a Londra e a Parigi, dove scopre l’arte. Si compiono, di fatto, la sua trasformazione in donna e la sua istruzione, colpita dalla trasgressione e libertà dei Fauves, dall’espressionismo poetico di Van Gogh e dalle cromie di Gauguin.

Anton Giulio Bragaglia, in un articolo del 1925, ricorda la scoperta delle sue doti artistiche: «Walcot si attardava un giorno non riuscendo a finire un quadro, il cui soggetto era Deiva, con una sua compagna modella. Difficile da ritrarre era quell’amica! Ma il pittore uscì per un momento e Deiva preso il carbone terminò la figura della compagna. Quando Walcot, tornando, vide, restò come trasognato. Da quel giorno Deiva fu pittrice».

Quando la loro storia finisce, Deiva torna a Roma e dopo pochi mesi sposa l’avvocato pugliese De Angelis, del quale non si sa altro. Forse si lasciano, forse muore. Lei, però, da quel momento, non rinuncerà mai al cognome, che diventerà la sua firma: Deiva De Angelis: l’unica cosa certa della sua vita.

A Roma, dove era stata modella, ora è un’artista, e nel 1913 inizia una relazione intensa con Cipriano Efisio Oppo, pittore, futuro inventore della Quadriennale. Nonostante la giovane età, è già affermato e vive nella villa Strohl-Fern, dove ha lo studio. È il momento d’oro per quel luogo magico, voluto da un ricco mecenate, che vedrà nascere la Scuola romana: Ziveri, Spadini, Trombadori. Tra marzo e giugno di quell’anno si tiene la prima Esposizione internazionale d’arte della Secessione al Palazzo delle esposizioni. La vetrina è importante e Deiva presenta Studio d’uomo, entrando nel “salotto buono” dell’arte. Da quel momento parteciperà a tutte le edizioni della Secessione, fino all’ultima (1916). 

La carriera di Deiva prosegue con le Biennali romane dal 1921 al 1925, con le collettive nella Casa d’arte di Bragaglia, con l’Exposition Internationale d’Art Moderne a Ginevra, 1920-1921. I suoi dipinti, come ha scritto Cesare Vivaldi, testimoniano una «personalità d’eccezione in anticipo sulla cultura italiana dell’epoca, caratterizzata da un espressionismo stralunato, elettrico nel colore come nel segno guizzante».

Nel 1918 lascia Oppo, probabilmente per una gravidanza non voluta da lui, che nella ricerca dell’affermazione professionale non vuole ostacoli. Scelta che la ferisce profondamente. Come sempre i dubbi vincono sulle certezze. Deiva si lega poi al cartellonista Giuseppe (Bepi) Fabiano, che sposerà prima di morire. Inizia, però, a sprofondare in una dipendenza alcolica che causerà l’aggravarsi del suo stato di salute.

Aldo Di Lea pubblicò nel 1921 in “Cronache d’attualità” un articolo monografico con la riproduzione dell’Autoritratto con sigaretta, il suo dipinto più famoso. Deiva andava in giro con abiti maschili, cogliendo l’irritualità che la moda androgina aveva portato in Europa, ma che a Roma non era facile vedere. Il critico, riportando che la pittrice aveva lo studio in via Angelo Brunetti 35, a piazza del Popolo, offre di lei una descrizione colorita: «Nella persona e nei modi, nei pensieri e nel movimento vivido delle frasi ho ritrovato la pittrice con le sue esuberanze e le sue audacie [...] la pioniera d’un avanguardismo erostratico negatore d’ogni canone d’arte antica e accettata, e bestemmiatore d’ogni catechismo pittorico, c’è invece un religioso quasi feticistico amore per la linea pura del disegno». Ed ecco le fasi finali di un decadimento fisico e mentale che recupero, ancora una volta, dal sito di toponomastica: «La solitudine la accompagnò per molti tratti della vita, nonostante lo scambio artistico e gli amori vissuti. Essere pittrice comportava rinunce, prevedeva ostacoli, determinava una celebrità effimera raggiunta attraverso percorsi tortuosi. Il suo destino, difficile fin dalla nascita, la aggredì con una malattia che non lasciò scampo: un tumore, forse all’intestino, che la fece soffrire molto e che la divorò in breve tempo. Deiva fu costretta a vendere - o meglio svendere - i suoi quadri per comprare le medicine che, se non riuscirono a combattere il cancro, le diedero un po’ di tregua dal dolore». Opere realizzate su materiali di recupero, colpa della complicata situazione economica, molte delle quali attribuite nel tempo ad altri artisti. Morì, secondo le ultime scoperte, il 24 febbraio del 1925, una settimana prima della Terza mostra internazionale di Belle arti, dove sarebbe stata presentata la sua ultima opera. Aveva circa trentanove anni.

Fu tumulata in un loculo del quale si è persa traccia al Verano, a Roma, nella “fossa di pubblica pietà” concessa a chi non ha i mezzi per altra sepoltura. Amen.


Alberi a villa Strohl-Fern (1920).

ART E DOSSIER N. 374
ART E DOSSIER N. 374
MARZO 2020
In questo numero: RISCOPERTE E RIFLESSIONI: Daverio: La luce di La Tour in un'Europa in guerra. Saffo nel Parnaso di Raffaello. La scultura performativa di Mary Vieira. . RESTAURI A FIRENZE: La Porta sud del battistero. IN MOSTRA: 3 Body Configutations a Bologna, Gio Ponti a Roma, Divisionismo a Novara, Tissot a Parigi, La Tour a Milano.Direttore: Philippe Daverio