Dentro l'opera


ARTE COME
(CON)TESTO

di Cristina Baldacci

Un primo piano su opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Jenny Holzer, Xenon for Bregenz

Un fascio di luce blu colpisce una foresta di abeti nella notte. Due parole sole, monumentali e scenografiche, si stagliano nel buio: «My Skin». Questa proiezione fa parte di Xenon for Bregenz, la serie di scritte luminose allo xeno che Jenny Holzer collocò in vari luoghi della città austriaca (una cava, una diga, il lago di Costanza, la facciata del Kunsthaus) per la sua personale Truth Before Power nel 2004.
La breve citazione proviene da una sua poesia d’amore sulla relazione di potere che si instaura tra i corpi di due amanti, il cui testo completo è inciso su una panchina di pietra d’Istria nel giardino della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia (i versi della poesia furono anche proiettati sulle rive dell’Arno a Firenze nel settembre del 1996). Tuttavia, considerando il contesto, può essere interpretata diversamente e assumere una connotazione ancor più specificamente politica, passando dal corpo individuale a quello sociale o istituzionale. «La mia pelle» può riferirsi alla guerra - il leitmotiv della mostra a Bregenz era la politica estera statunitense in Medio Oriente, soprattutto in Iraq - o anche all’ambiente(1).

Holzer (Gallipolis, Ohio, 1950) appartiene a quella generazione di artiste-femministe americane, tra cui anche Barbara Kruger, Cindy Sherman e Louise Lawler, formatesi negli anni Settanta, il cui lavoro cominciò ad affermarsi nel decennio successivo con coraggio, autoironia e sarcasmo. Si tratta della generazione che - come scrive Lea Vergine - ha saputo collegare la questione femminile alla realtà politico-sociale denunciando violenza e oscenità, sgretolando il mito americano, adottando, al pari delle generazioni precedenti di artiste-«kamikaze», la memoria come arma per scongiurare la morte di sé e del mondo, per raccogliere il vissuto senza correre il rischio di essere cancellata dal futuro(2).Non è un caso se, nel 1989, Holzer fu la prima artista donna a rappresentare il suo paese nel padiglione degli Stati Uniti alla Biennale di Venezia.

Così come Kruger, fin dagli esordi ha preso di mira la retorica della comunicazione inserendosi in quella lunga tradizione avanguardistica che ha impiegato la parola nell’arte facendone uno strumento politico e poetico visivo. A differenza della Kruger che, armata di coltello da cucina come le artiste dadaiste(3),ha tagliato e cucito parole formando affilati slogan in forma di poster (tra i suoi più celebri, Untitled: Your Body Is a Battle Ground, 1989), Holzer ha iniziato con lo stampare lapidari aforismi di una sola riga su fogli, t-shirt e panchine, per poi arrivare a emissioni di luce led e proiezioni allo xeno (vedi la serie di Bregenz) con lunghe citazioni di testi perlopiù di altri autori. Nonostante alcuni dei testi usati come “ready-made” siano suoi, lei si ritiene non tanto una scrittrice, ma piuttosto una lettrice che seleziona e fa proprie parole altrui, ricontestualizzandole, quindi attribuendo loro nuovi significati.

Se gli aforismi valgono come Truisms, cioè frasi talmente vere da risultare ovvie, le proiezioni diventano una seconda pelle composta da parole di luce che «tatuano» lo spazio pubblico; in particolare edifici e facciate, ma anche elementi naturali come le superfici d’acqua e gli alberi, per risvegliare l’attenzione dei passanti su temi universali, come gli abusi politici e sessuali, le ingiustizie sociali, la vita e la morte(4).

(1) Sulla facciata del Kunsthaus Holzer proiettò una serie di documenti declassificati del National Security Archive. Sul tema del corpo come medium della comunicazione, ma anche come campo di battaglia, si veda la sua serie Lustmord (1993-1994), composta da brevi frasi scritte a inchiostro sulla pelle femminile in ricordo della violenza sulle donne durante la guerra in Iugoslavia.

(2) Cfr. L. Vergine, Un bilancio possibile, in L’altra metà dell’avanguardia, 1910-1940, Milano 2005, pp. 394-395.

(3) Taglio col coltello da cucina Dada attraverso la prima era germanica dalla cultura del ventre pieno di birra della Repubblica di Weimar è il titolo di un celebre fotomontaggio del 1919 di Hannah Höch.

(4) Si è appena conclusa al Palazzo della ragione, sede esterna della GAMeC di Bergamo, The Whole Truth, personale di Holzer che a questi temi ha aggiunto anche quello della cosiddetta crisi migratoria.

ART E DOSSIER N. 368
ART E DOSSIER N. 368
SETTEMBRE 2019
In questo numero: Ottocento tra scienza e mistero: Seurat e la fisica quantistica; I miti arcani di Péladan. Save Italy Bologna: da Monte di pietà a supermercato; trento : salviamo le facciate dipinte. In mostra: Burtynsky a Bologna; Stingel a Basilea; Isadora Duncan a Firenze; Preraffaelliti a Milano.Direttore: Philippe Daverio