CATALOGHI E LIBRI

APRILE 2019

ARTE E POLITICA IN ITALIA. TRA FASCISMO E REPUBBLICA

Michele Dantini (1966) è della generazione che può fare i conti col fascismo e la Prima Repubblica con discreto distacco. La sua visione critica si basa sull’analisi capillare delle fonti, sorretta, ci pare, anche dalla sua duplice formazione filosofica e storicoartistica, che lo rende capace di spaziare con ampiezza di vedute nell’ambito ancora oggi assai dibattuto della nostra storia recente, intesa nella più articolata accezione di vicende legate a politica, letteratura, giornalismo, critica, arti figurative. Può tessere così una trama fitta di rimandi fra l’uno e l’altro degli ambiti, che anzi, non è più possibile scindere. Fin da subito annuncia che il libro corrisponde alle prime tre giornate di un affresco più ampio, che comporrà con studi successivi. Qui tratta di tre saggi sulle relazioni fra arte e politica, e sull’eventuale continuità di istanze dal ventennio fascista al secondo dopoguerra e la Prima Repubblica. Il primo saggio riguarda l’ideologia e l’attività poliedrica, talvolta contraddittoria e comunque non lineare, di una figura enigmatica e colta, il cattolico antifascista Edoardo Persico, scomparso nel 1936 in circostanze ancora da chiarire, che, fra le altre cose, detestava Marinetti, dedicò una monografia a Fontana e fu anche critico nei confronti del Concordato. Secondo e terzo saggio esaminano le politiche dell’arte di Giuseppe Bottai (che fu giovane allievo di Longhi) fino a convincenti punti di vista sugli sviluppi dell’arte in Italia nel dopoguerra, alla luce degli studi di Renzo De Felice, grande storico del fascismo, il cui insegnamento ha influito sull’arte italiana più di quanto non si pensasse. Tutti e tre i saggi esaminano la liturgia politica dell’arte, cioè l’adozione pubblica delle immagini; analizzano rimozioni storiografiche lampanti, discutono e talvolta ribaltano luoghi comuni su fascismo e antifascismo, sul ruolo dei futuristi, su intellettuali come Soffici, Croce, Gentile, ma anche Montale, su artisti come Rosai ma anche Garbari e Fontana, su dissidenti esterni o interni, ovvero chi “combatté” il regime dall’estero, oppure chi lo fece non senza ambigui ritardi, come Venturi, o chi invece vi rimase, come Persico.

Michele Dantini Donzelli, Roma 2018 154 pp. € 25

KIKI SMITH. WHAT I SAW ON THE ROAD

Cos’ha visto per strada, nei boschi, nel firmamento, Kiki Smith? È forse il popolo notturno delle fiabe oppure un mondo reale? Fra lupi, cerbiatti, gufi, leprotti, pipistrelli, aquile, gatti, cattedrali come massi preistorici, la figura femminile pare sospesa, sofferta e quasi evanescente. Nata nel 1954, Smith, docente alla Columbia e alla New York University, è una delle voci femminili più influenti e sensibili del nostro tempo. Nella sua opera delicata, espressa con i materiali e le tecniche più diverse (arazzo, scultura, incisione, fotografia, disegno), ha incessantemente svolto una ricerca sul corpo femminile. 

Questi temi si arricchiscono ora di un bestiario umanizzato ed enigmatico, talvolta amichevole, talaltra ostile. Il catalogo, con saggi dei curatori e di Demetrio Paparoni, si riferisce all’omonima mostra a palazzo Pitti, in quell’Andito degli Angiolini che da qualche tempo ospita eventi d’arte contemporanea.


a cura di Eike D. Schmidt e Renata Pintus Giunti Editore, Firenze 2019 144 pp., 60 ill. colore € 30

ALBERTO GIACOMETTI E MAURICE MERLEAU-PONTY

Alla fine di aprile Lorella Scacco, studiosa di Fenomenologia delle arti contemporanee, interverrà su Alberto Giacometti e la fenomenologia dell’esperienza artistica alla Conferenza della Nordic Society for Phenomenology di Copenaghen. Approfittiamo di quest’occasione per ricordare il suo libro sui medesimi argomenti. In estrema sintesi, possiamo dire che si tratta di un’erudita riflessione critico- filosofica sulle relazioni fra la pratica artistica dello svizzero Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa, 10 ottobre 1901 - Coira, 11 gennaio 1966) e il pensiero del filosofo francese Maurice Merleau-Ponty (Rochefort-sur-Mer, 14 marzo 1908 - Parigi, 3 maggio 1961). Com’è noto Giacometti, originario dei Grigioni, scelse di vivere a Parigi nel 1922, dove dal 1926 lavorò freneticamente, sempre coadiuvato dal fedele fratello Diego, nello studio disordinato e fumoso di rue Hippolyte Maindron (oggi distrutto, è stato ricostruito dalla Fondation Giacometti in un antico palazzo di Montparnasse, rue Victor Schoelcher, che vale una visita). Giacometti fu amico di artisti e filosofi, frequentò Picasso, Simone de Beauvoir, Sartre, anche se con tutti ebbe non superficiali divergenze e attriti. I primi tre capitoli ripercorrono l’opera di Giacometti attraverso frequenti interpretazioni fenomenologiche sull’idea di spazio, di realtà, e molto altro; il quarto è dedicato al pensiero del filosofo, in cerca dell’origine della relazione uomo-mondo, e autore, fra l’altro, della Fenomenologia della percezione (1945). Si giunge infine a quello che fu «un dialogo sulla percezione » fra il filosofo e l’artista. Impossibile dire quando tale dialogo iniziò realmente, fisicamente, anche se è certo che nell’immediato dopoguerra Merleau-Ponty visitò lo studio di Giacometti, che con ogni probabilità lo ritrasse, come suggerisce la convincente identificazione di un ritratto di uomo disegnato su carta. Certo il filosofo e l’artista (uomo peraltro di profonda cultura filosofica) condivisero, forse ancor prima di conoscersi, istanze comuni nelle relazioni fra coscienza ed esperienza, soggettività e realtà. Nell’impossibilità di spiegare qui tutti i nessi, invitiamo dunque alla lettura.


Lorella Scacco Gangemi Editoriale, Roma 2017 112 pp., 17 ill. b.n. € 20; eBook EPUB € 15,99

ALBERTO GIACOMETTI. PARIS SANS FIN

Parigi, 1959, rue Vavin. Gli avventori di Chez Adrien siedono al bancone, oltre una colonna tortile. Li vediamo in alcune tavole di Paris sans fin, intenso omaggio alla sua città d’adozione concepito da Giacometti per l’editore Tériade. Nei disegni a matita litografica su carta preparata non erano possibili ripensamenti, e i tratti veloci spesso si sovrappongono, senza però mai ostacolare l’immagine finale. Giacometti piegava il foglio in quattro, e su ogni facciata disegnava, in modo che in trasparenza si potesse vedere, di volta in volta, l’immagine del verso: apparizioni nervose, quasi stereoscopiche, come quelle che da varie angolazioni ritraggono lo stanzone del litografo Fernand Mourlot, con le lampade al soffitto e le inconfondibili presse con la ruota. Quella di Giacometti non è la Parigi misteriosa e notturna di Brassaï. È facile riconoscerla, e perfino indovinare moto e auto come le Renault Dauphine o le Cïtroen 2CV ai margini della strada. Molti schizzi furono fatti in presa diretta dalla spider MG, della quale s’intravede il cruscotto, che l’artista aveva regalato a Caroline, amante e modella. Lei lo scorrazzò ovunque, fino ai quartieri periferici e al cantiere del terminal sud di Orly. Poi ci sono la Coupole, il Café du Dôme, Le Gaulois, Le Select o Le Tabac in rue d’Alésia. Senza fine, la Parigi di Giacometti s’estende a Saint-Sulpice, alla Brasserie Lipp di Saint-Germain, al Jardin des Plantes e alle sale, austere ancor oggi, del Museo di storia naturale, con l’infilata di mammut e scheletri preistorici (fra le tavole più belle della raccolta). Nel 1961 Giacometti litografò i primi disegni dal mitico stampatore Mourlot. A malapena completò le tavole, rifatte molte volte, qualche mese prima di morire. Così, le sue centocinquanta litografie furono pubblicate solo nel 1969, tre anni dopo la sua scomparsa, in duecentosettanta copie. Da una di queste provengono le tavole riprodotte in questo libro (senza però i testi frammentari che le accompagnavano), le stesse esposte alla bella mostra della Fondazione Geiger di Cecina l’inverno scorso, in collaborazione con Littmann Kulturprojekte.


F. Reinhardt Verlag, Basilea 2019 168 pp., 150 ill. b.n. € 32 (edizione in italiano, inglese e tedesco)

ART E DOSSIER N. 364
ART E DOSSIER N. 364
APRILE 2019
In questo numero: L'anno di Rembrandt : le celebrazioni di Amsterdam e dell' Aja. Segni impalpabili : la raffigurazione del gesto casuale. L'ombra e la pittura. In mostra : Morath a treviso, Van Gogh a Londra, Ottocento a Forlì, il nudo a Basilea.Direttore: Philippe Daverio