Outsiders


italiano, cubano, cieco,
sconosciuto in italia

di Alfredo Accatino

A Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla riscoperta di grandi artisti, di opere
e storie spesso dimenticate: Marcelo Pogolotti

Dino Pogolotti nasce nel 1879 a Giaveno, in Piemonte, figlio di un panettiere. Nel 1895 parte per New York e si sposa. Mentre sbarca il lunario inventandosi mille lavori, viene a sapere che il console americano a Cuba sta cercando un assistente, e da italiano fantasista, fa la valigia e parte.
Nell’isola, grazie al suo ingegno, conclusa l’esperienza al consolato, inizia una fortunata carriera d’imprenditore che in pochi anni lo renderà celebre a L’Avana come fondatore nel 1912 del famoso Barrio Pogolotti, a ovest della capitale, polo industriale che ancora oggi conserva il suo nome. Primo borgo operaio dei Caraibi, catalizzatore di sviluppo economico, tanto che la compagnia ferroviaria Ferrocarriles Unidos sarà obbligata, a furor di popolo, a costruire l’omonima stazione (Pogolotti), novecentocinquanta case, assegnate tramite lotteria, un acquedotto, una scuola, un cinema e un negozio di alimentari che esiste ancora oggi.
Ma la storia che vogliamo raccontarvi è quella di suo figlio, Marcelo Pogolotti (1902-1988), italiano per passaporto, che per tutta la vita ha voluto essere cubano, che non voleva fare l’imprenditore e che sarebbe divenuto il maggiore artista caraibico della prima metà del Novecento.
Ancora in fasce viene riporato in Piemonte e trascorre l’infanzia tra Cuba e l’Italia. Studia a Torino, poi negli Stati Uniti. L’ingegneria non è la sua strada, ma è solo nel 1923, alla morte del padre, che può dare un calcio ai libri di calcolo e iscriversi alla Art Students League di New York.
Da subito Marcelo capisce che è venuto il momento di superare l’accademismo e di vivere il ritmo incalzante delle avanguardie. Nel 1927 partecipa alla Exposición de Arte Nuevo, significativo evento culturale a Cuba, poi parte per Parigi, attratto dal surrealismo. Nel 1929 aderisce al movimento futurista e conosce Fillìa (pseudonimo del pittore e scrittore italiano Luigi Colombo), Diulgheroff, Marinetti e soprattutto Pippo Oriani, del quale rimarrà fraterno amico per tutta la vita.
Insieme al pittore Victor Manuel, poco più grande di lui, si batte per il rinnovamento e la creazione di un’arte nazionale. A Parigi girano sempre in coppia di notte, come i flic, con le facce un po’ incazzate, conosciuti a Montparnasse come i “pintores de vanguardia”.
Nelle sue opere, quasi come a voler completare il lavoro del padre, Marcelo rappresenta spesso una classe operaia sofferente, ma in continuo fermento, potremmo dire “in evoluzione”, che si muove in uno scenario di macchine, motori e fabbriche con ciminiere fumanti, in un contesto “umanizzato” dove la fatica è il destino ineluttabile di ognuno, e dove solo la collettività può superare l’individualismo.


Cronometraggio (1934 circa), bozzetto.

Un ritratto di Marcelo Pogolotti.

Da lì alla ricerca di una nuova forma di arte astratta il passo è breve, sancito dalla serie di disegni Nostro tempo (1930-1931). Ma l’astrattismo non lo soddisfa, ha bisogno della realtà. Il suo è un “futurismo sociale”, del tutto originale e sconosciuto nel nostro paese, più attento a esaltare la borghesia, la velocità delle auto e così via.
Il lavoro, nelle sue opere, è simbolicamente tenuto prigioniero dal capitalismo, la fatica umana è prevaricata dalla macchina. Come dirà a Mario Verdone - storico del cinema, padre di Carlo - lui era comunista, ma cercava il trascendente, un’arte sacra laica, tanto per capirci.
Famoso il suo dipinto L’intellettuale (o Giovane intellettuale), realizzato negli anni dell’ascesa del fascismo, che commenterà con queste parole: «Un personaggio con gli occhi rivolti verso l’osservatore, appoggiato su un tavolo con un libro aperto e una macchina da scrivere, momentaneamente isolato dal mondo, cerca di consultare solo con la sua coscienza le impressioni ricevute, al fine di trovare la giusta interpretazione, senza alcuna influenza esterna. Al di fuori, nell’ombra, si annida una specie di uccello che rappresenta la fame, la persecuzione e la morte».
A Parigi, nel 1932, nasce la figlia Graciela, e tra il 1934 e il 1935 espone presso l’Association des écrivains et artistes révolutionnaires, è membro fondatore del primo gruppo di pittori sociali in Europa e collaboratore di “Commune Magazine”. Nel 1938 tiene anche una mostra personale alla Galleria Carrefour di Parigi. Ma è l’anno nel quale la sua vista peggiora. In pochi mesi diviene cieco per un glaucoma, forse causato dalla sifilide. Dopo due interventi chirurgici in Francia, senza risorse economiche, a trentasette anni perde definitivamente la vista, destino che sarebbe toccato anche a sua figlia, nota saggista e docente universitaria, vissuta anche lei tra Giaveno e Cuba.


L’intellettuale (o Giovane intellettuale) (1937), L’Avana, Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba.

Paesaggio cubano (1933), L’Avana, Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba.


Verso l’alto (1934 circa), L’Avana, Museo Nacional de Bellas Artes de Cuba.

La sua arte si esprime, così, in un arco di soli quattordici anni.
Continua a esporre e inizia un intenso lavoro come saggista, romanziere e critico d’arte, vivendo modestamente in Messico e a Cuba, dove aderisce alla Rivoluzione castrista. Con il passare degli anni, il suo stato di salute peggiora.
Toccante il ricordo di Mario Verdone, che andò a trovarlo a Cuba nel 1983: «Era in carrozzella, cieco, immobile come una statua. Viveva in questo penoso stato da molti anni. Rievocò per me, quasi riprendendo energia, le sue esperienze pittoriche». Ecco cosa disse Pogolotti a Verdone: «I movimenti d’avanguardia davano spunto a imitazioni. Io volevo rompere con tutte le imitazioni. Alla fine degli anni Venti cominciai a fare astrazioni, ma erano imitazioni anche quelle, quindi contrarie ai miei principi […]. Apprezzai il futurismo, che non esitava a combattere. Era una lotta dura, anche con stravaganze, persino pagliacciate, ma indispensabile […]. La modernità era rappresentata dai futuristi, è qui la grandezza e l’importanza internazionale del movimento. Esso ha preceduto tutte le avanguardie, persino i cubisti, perché Apollinaire, con le sue idee, è venuto dopo».
Nonostante il breve arco della sua attività artistica, la sua opera possiede un alto valore nel patrimonio delle arti plastiche cubane.Con il ruolo di maggior artista caraibico a Parigi e di grande profeta in patria, prima di tornare nell’oblio, Pogolotti venne riscoperto e valorizzato solo in occasione di una mostra a Cubanel 1987 e, successivamente, per le celebrazioni del centenario della sua nascita nel 2002.

ART E DOSSIER N. 362
ART E DOSSIER N. 362
FEBBRAIO 2019
In questo numero: Zerocalcare L'anima antagonista di una generazione in mostra a Roma. Avanguardie inattese. Astrattismo rinascimentale. Finestre surrealiste. In mostra : Picasso a Basilea; Bonnard a Londra; I kimono a Gorizia; Van Dyck a Torino; Rinascimento ticinese.Direttore: Philippe Daverio