Studi e riscoperte. 2
Comacini e campionesi: i maestri della scultura medievale

I SIGNORI
DELLA PIETRA

Rapidità di esecuzione, prezzi competitivi, maestria ed esperienza nel costruire e nello scolpire: queste caratteristiche garantiscono ai lombardi “magistri comacini” - tra i quali nomi come Antelami e Wiligelmo - e ai campionesi alcuni secoli di preminenza negli appalti edilizi e nelle decorazioni in pietra in tutta Europa. E la possibilità di diffondere ovunque - incuranti di limiti e confini - una lingua comune di stili, tecniche e abilità tradizionali.


Mauro Zanchi

Alla fine del VI secolo, i longobardi conquistano le terre e i possedimenti bizantini dove sono ubicati i maggiori laghi italiani. L’arrivo dei guerrieri di origini germaniche dà avvio veramente alla disgregazione dell’ordinamento di matrice romana, che era stato invece mantenuto in Italia dai goti e dai bizantini? I re longobardi disciplinano le «maestranze dei laghi lombardi»(1) in corporazioni e collegi, con gli editti di Rotari (643) e di Liutprando (713-735), primi documenti in cui compare il termine «Magister Commacinus»(2). Secondo Isidoro di Siviglia, autore nel VII secolo di un trattato sulle origini delle parole, i muratori si sarebbero chiamati “machiones” o “maciones”(3), nomi derivati dalle impalcature (macchine) che utilizzavano operando su alte pareti(4); il testo di Isidoro e il Memoratorium de mercedibus commacinorvm (VIII secolo) testimoniano che le conoscenze relative alla costruzione e decorazione di edifici non erano andate perdute.

Questi iniziati erano eredi di quella che possiamo chiamare “lingua di pietra”, un linguaggio che ha sempre evocato e tramandato i valori preziosi di ogni cultura e religione, i pensieri più sottili e poetici degli antenati, le immagini spirituali, innalzando i santuari dell’arte e della scienza. Sin dall’epoca altomedievale i “maestri comacini” sono architetti, costruttori, muratori, scultori, scalpellini, decoratori, stuccatori e artisti raggruppati in corporazioni di imprese edili itineranti, provenienti da aree comasche, dal Canton Ticino e da altre città della Lombardia.

(1) Maestranze che vivevano nella regione dell’Alta Lombardia compresa fra Lario e Verbano.

(2) L’aggettivo “comacino” in italiano è sinonimo di “comasco”. Sant’Ambrogio si riferisce ai monti sopra Como con «rupes comacinas» (epistola 55). Il «lacus comacenus» (Lario) è citato nell’Itinerarium Antonini (II-III secolo d.C.). Anche Paolo Diacono (lo storico dei Longobardi), nell’VIII secolo, nomina l’«insula comacina» o «commacina».

(3) Sulla facciata del duomo di Pisa è inciso l’epitaffio che ricorda l’architetto Busketo come «magister cum machinis».

(4) F. Bluhme (1868) e U. Monneret du Villard (1952) interpretano il termine “comacinus” come una derivazione da “cum machinis” o “cum macinis”, riferendosi alle impalcature utilizzate per costruire gli edifici. C. A. Mastrelli invece prospetta una possibile derivazione della parola dal germanico “ga-makin” (“costruttore”; e anche in francese “maçon” è il “muratore”), dal quale sarebbe scaturito il termine “commacimus” con due “m”, divenuto poi “comacinus”, forse per la preponderanza di maestranze “comasche” alla corte longobarda.

Eccellenze tecniche sviluppate attraverso esperienze e viaggi in Europa e in Medio Oriente


Come mai queste terre hanno dato i natali a numerosi maestri costruttori per molti secoli? Qui si erano conservati documenti e segreti costruttivi dell’antichità romana? È plausibile che queste maestranze locali - inquadrate in associazioni obbligatorie ed ereditarie secondo le leggi tardoromane, confluite nel “codex theodosianus” - abbiano mantenuto, applicato e tramandato le conoscenze edificatorie dell’antichità, erigendo fortificazioni, ponti, strade, cappelle castrensi, architetture religiose, sotto la direzione di esperti costruttori romano-bizantini, pure dopo la conquista longobarda. La loro eccellenza tecnica si è sviluppata continuamente, anche e soprattutto attraverso le esperienze e i viaggi nelle diverse zone dell’Europa e in Medio Oriente, venendo a contatto con stili di altre civiltà, nuove idee di costruttori di alto livello provenienti dai centri culturalmente più evoluti.

In Italia e in svariate zone d’Europa i comacini formano organizzazioni giuridicamente riconosciute, che fanno incetta di appalti nel campo edilizio. Ma quale è loro formula vincente? Le maestranze dei laghi operano in gruppi linguisticamente omogenei - comprendenti architetto, scultore, scalpellino, stuccatore, pittore, procacciatore di pietra e legname (a volte la stessa persona svolge più qualifiche) - capaci di fornire ai committenti soluzioni e opere a prezzi competitivi e in tempi rapidi. 


Costruzione della torre di Babele, miniatura dalla Bibbia di Maciejowski, (Parigi, 1250 circa), New York, Morgan Library.


Jean Fouquet, Costruzione del tempio di Gerusalemme, miniatura da un’edizione illustrata delle Antichità giudaiche di Flavio Giuseppe, (1420-1480 circa), Parigi, Bibliothèque Nationale.



Miniature tratte dal manoscritto Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani ac de translatione eius beatissimi corporis, ms. O.II.11.c. 0 e 9r, (XII-XIII secolo), Archivio capitolare, Modena.

La leggenda di Barlaam e Josafat è una rielaborazione cristiana della conversione di Buddha


Le potenti “colonie” lombarde innescano un’emigrazione capillare, pilotata dai magistri stessi, i quali chiamano parenti e compaesani, fino a giungere in seguito a situazioni che sfiorano il monopolio. Lavorando dapprima nell’Alta Lombardia e nei paesi d’oltralpe, i comacini diffondono le loro opere sciamando ovunque, così da riconfigurare l’aspetto architettonico di intere zone italiane ed europee(5).

Gli architetti e scultori Benedetto degli Antelami e Guidetto da Como hanno costituito due importanti declinazioni del Medioevo romanico, il primo a Parma e il secondo nelle chiese di Lucca. Anche Wiligelmo e Lanfranco(6) probabilmente sono originari della diocesi di Como, due grandi maestri che lavorano insieme per realizzare il duomo di Modena e quello di Cremona.


Benedetto Antelami, Apologo della vita di Barlaam e Josafat (1196 circa), Parma, lunetta del portale sud del Battistero.

Dopo aver contribuito efficacemente alla diffusione dell’architettura romanica di matrice lombarda, nel Duecento i maestri comacini promuovono la loro buona tecnica costruttiva e decorativa a Siena, a Orvieto, ad Assisi, dove la basilica di San Francesco richiama un gran numero di artefici, spingendosi anche nel Sud Italia.

Per progettare queste strutture religiose e civili è necessario conoscere e possedere anche una tecnologia all’altezza delle sfide costruttive, con complessi calcoli geometrici di ripartizione degli spazi. Gli architetti e i maestri delle corporazioni annotano le principali operazioni del cantiere su appositi taccuini, che probabilmente passano poi ai loro successori. Un esempio è quello del taccuino di Villard de Honnecourt (1230-1236), dove sono riportate le indicazioni relative a disegni di pinnacoli, al taglio delle pietre e alla costruzione di macchine.

E la tradizione delle maestranze lombarde continua anche per tutto il Trecento con i maestri campionesi. Bonino da Campione è lo scultore prediletto di Bernabò Visconti, che gli affida la realizzazione del proprio mausoleo, sormontato da una statua equestre; Simone da Orsenigo, Iacopino da Tradate e Matteo da Campione lavorano all’edificazione del duomo di Milano, di quelli di Como e di Monza, e realizzano le tombe scaligere di Verona.

Giovanni da Campione, nel portale meridionale della basilica di Bergamo, fa un omaggio ai santi Quattro coronati(7), ovvero ai protettori delle corporazioni dei costruttori di edifici, degli scultori, lapicidi e scalpellini. Il primo è il capo costruttore e degli scultori, descritto mentre utilizza il compasso per progettare; gli altri tre sono rappresentanti dei diversi gradi all’interno della stessa fabbrica, colti mentre stanno scolpendo capitelli e una colonna (emblema della loro fortezza nel martirio).

Sempre realizzati nel XIV secolo, i santi venerati dalle maestranze lapicidi sono presenti nella chiesa pavese di San Pietro in Ciel d’Oro, scolpiti nell’arca di sant’Agostino, e a Venezia in un capitello di Palazzo ducale, poetici esempi di metarappresentazione, dove i soggetti sono colti mentre stanno realizzando opere ideate per dare voce alla “lingua di pietra”, quella parlata da molte generazioni di artisti e artigiani nel corso dei secoli, che conserva ancora oggi i segreti di chi sa innalzare opere prodigiose, sia nella propria interiorità sia in direzione del cielo.





I santi Quattro coronati e discepoli lapicidi al lavoro (XIV secolo) in uno dei capitelli di Palazzo ducale a Venezia.

(5) Le loro opere sono documentate in tutte le Prealpi, nella Pianura Padana, nel Canton Ticino, in Svizzera, nella Valle del Reno, in Germania, in Borgogna, in Danimarca e Svezia, nel Lazio, nelle Marche e in Umbria, a Genova, Roma, Venezia, Verona, Pavia, Milano, Bergamo, Modena, Ferrara, Ancona, Pistoia, Arezzo, Trento, Vienna, Salisburgo, Graz, Passau, Ludwigsburg, San Pietroburgo, Praga.

(6) Lanfranco è citato come «mirabilis artifex» nella Relatio de Innovatione Ecclesie Sancti Geminiani ac de Translatione Eius Beatissimi Corporis (XII-XIII secolo), un importantissimo documento conservato presso la biblioteca capitolare del duomo di Modena, e il suo nome è presente anche in una lapide sull’abside esterna del duomo, dettata dal Canonico Magischola Aimone, il teorico del programma iconografico delle sculture. Nelle miniature della Relatio, Lanfranco viene raffigurato con una bacchetta (o bastone del comando) mentre dà istruzioni agli operai.

(7) I Quattro coronati sono Severo, Severiano, Carpoforo e Vittorino, scultori martirizzati per ordine di Diocleziano perché rifiutano di scolpire un idolo pagano (Jacopo da Varagine, Legenda Aurea, CLXIV).

ART E DOSSIER N. 361
ART E DOSSIER N. 361
GENNAIO 2019
In questo numero: La Zingara infelice. Una lettura per la Tempesta di Giorgione. In mostra: Cai Guo-Qiang e Urgessa a Firenze, Renzo Piano a Londra, Gio Ponti a Parigi, Klee a Milano, Lotto nelle Marche. Europa di contrasti. Poveri e girovaghi nell'arte olandese del XVII secolo. Il linguaggio internazionale degli scalpellini medievali.Direttore: Philippe Daverio