Grandi mostre. 2
Marc Chagall a Mantova

UN MONDO DOVE
TUTTO é POSSIBILE

Ha ispirato poeti, scrittori e critici militanti e, a sua volta, si è lasciato ispirare da letterati a lui affini. Marc Chagall ha avuto la più intensa fase creativa a Parigi e al suo rientro in Russia tra 1911 e 1922, periodo a cui appartengono la maggior parte delle opere presenti nell’esposizione qui descritta dalla curatrice.


Gabriella Di Milia

Per diventare il pittore che desidera di essere, Marc Chagall lascia Vitebsk, sua città natale, e si trasferisce nel 1910 a Parigi dove si è affermata la nuova visione del cubismo. La libertà di mezzi di questo movimento spinge in breve tempo l’artista ad adattare la scomposizione geometrica delle forme e i simultanei contrasti cromatici, attinti dalla pittura di Robert e Sonia Delaunay, al modo di vedere, sentire e immaginare della sua infanzia e della sua giovinezza. Nei quadri creati tra il 1910 e il 1914, gli oggetti, le persone, le vie, le case della memoria, ingranditi o diminuiti, divengono catalizzatori di stati d’animo con le loro superfici dinamizzate dall’artista non per creare effetti di sintesi o di movimento ma per rompere una rigida compattezza e conferire alle immagini un’ambiguità evocativa che le rende animate.

In un’intervista rilasciata a James Johnson Sweeney, Chagall dichiara infatti che nelle sue opere «non c’è nulla di aneddotico, nessuna favola né letteratura associabile a leggende popolari», parole che ci impongono di ricercare nei suoi dipinti non logiche sequenze narrative ma associazioni insolite e specifici procedimenti stilistici. Così hanno fatto scrittori, poeti e critici militanti come Apollinaire che si è messo in relazione con questa pittura considerandola uno stimolo a fantasticare. Del resto anche Chagall ha dimostrato eguale capacità di lasciarsi ispirare da letterati a lui affini che lo hanno spinto a realizzare incisioni per illustrare i loro testi, come è avvenuto, per esempio, per Le anime morte di Nikolaj Gogol’, opera per la quale l’artista bielorusso, naturalizzato francese, ha disegnato creature immaginarie ritraendosi in una delle acqueforti accanto a Gogol’ e identificandosi evidentemente con questo scrittore che non era assolutamente realista ma, come ritengono Vladimir Nabokov o Dmitrij Mirskij, «dotato di una capacità sovrumana di fantasia creativa». 


Sulla città (1914-1918).

Per questi motivi, nella mostra dedicata a Chagall nel restaurato Palazzo della ragione a Mantova è inserita anche una selezione di acqueforti che illustrano, oltre a Le anime morte, la Bibbia e le Favole di La Fontaine, realizzate perlopiù tra il 1927 e il 1939.

Il nucleo centrale della mostra è invece costituito da un prestito eccezionale della Galleria Tret’jakov che comprende acquerelli e quadri degli anni 1911-1918 e i sette grandi pannelli dipinti da Chagall nel 1920 per le pareti del Teatro ebraico da camera di Mosca, raramente concessi negli ultimi anni dal museo moscovita per la difficoltà di trasporto dovuta alle grandi dimensioni delle opere e alla delicatezza dei materiali utilizzati dall’autore: tempera e caolino su tela.


Apollinaire considerava la pittura di Chagall uno stimolo a fantasticare


I lavori esposti appartengono quindi in prevalenza agli anni in cui l’artista, rientrato in Russia dal 1914 al 1922, vive momenti difficili ed esaltanti in cui eventi personali e pubblici si intrecciano generando uno slancio creativo che non si è più ripetuto nel suo percorso artistico. Nel 1915 sposa Bella Rosenfeld (incontrata nella sua città d’origine sei anni prima) e dopo la Rivoluzione del 1917 viene incaricato dal commissario del popolo all’Istruzione pubblica e alla Cultura, Anatolij Lunaˇcarskij, di rinnovare la vita artistica a Vitebsk. Ricongiunto a Bella (dopo la parentesi parigina), Chagall sublima il sentimento amoroso rappresentandosi più volte in volo con l’amata, come nel magnifico quadro del 1914-1918 Sulla città, esposto a Mantova, e in cui la coppia campeggia in posizione trasversale in uno spazio aperto dominato dalla luce.
Poi, nel novembre del 1920 si presenta per l’artista una rara ed eccezionale opportunità quando il regista Aleksej Granovskij lo incarica di realizzare scene e costumi di tre atti unici del poeta Sholem Aleichem - Gli agenti, Mazeltov, La Pasqua rovinata - per la serata inaugurale del Teatro ebraico da camera che da Pietrogrado (così si chiamava San Pietroburgo dal 1914 al 1924) si trasferisce a Mosca. Nell’appartamento borghese requisito in via ˇCernyševskij e ristrutturato in sala per novanta persone e palcoscenico, Chagall annuncia che oltre alle scenografie eseguirà dei dipinti murali. In quaranta giorni porta a termine grandi composizioni, oggi considerate capolavori del Novecento, che in mostra sono presentate nella disposizione concepita dall’autore e in cui risulta evidente che l’esigenza di collegarsi all’attualità ha liberato l’artista da quel senso di nostalgia ricorrente nei suoi stati d’animo, portandolo a rappresentare gesti, caratteri, situazioni di un’umanità che vive l’incerto presente.


Letteratura (1920).

La vicinanza al movimento mistico del chassidismo deve aver sostenuto Chagall nell’affrontare serenamente le difficoltà della sopravvivenza quotidiana insieme a tutto il grande subbuglio psicologico di quegli anni russi brulicanti di violenza e sogni impossibili, e ha inoltre alimentato il suo entusiasmo di anticipare nei grandi dipinti un programma innovatore del Teatro ebraico che avesse radici negli spettacoli degli antenati degli attori contemporanei: i commedianti girovaghi, gli istrioni e i musici delle cerimonie nuziali della provincia polacco-russa. Nel fondo del pannello Introduzione al teatro ebraico, si avverte che i procedimenti formali di Chagall si aprono a nuovi esiti. L’assetto cubista delle strisce in diagonale, che intersecano settori curvilinei e sono modulate dal nero alle più impalpabili chiarissime tinte, separa in comparti i singoli personaggi di una grande parata e, nello stesso tempo, li tiene insieme in un campo caotico e gioioso che non può essere diviso. Tutte le figure, dal regista agli attori, allo stesso Chagall con la tavolozza in mano, portato in braccio dal critico Abram Efros, hanno un lato comico, coinvolti come sono in incidenti di ogni tipo e condizionati da manie che li fanno restare unici nella bizzarria dadaista della loro condizione.


Sospeso a mezz’aria, un violinista mefistofelico sprigiona poteri stregoneschi, incantatori


I tre saltimbanchi del teatro popolare, rappresentati nello spazio di massima evanescenza a destra, ritti a testa in giù, appaiono anche dei folli di Dio, “chassidim” che coniugano abilità acrobatica e intensa spiritualità: non a caso su uno di loro troviamo sulla fronte il “tefillin”, il tradizionale astuccio nero indossato dagli ebrei osservanti durante la preghiera. Ai margini opposti del dipinto, una mucca verde e una mucca bianca delimitano la scena travolgente e clownesca di una festa che sembra attraversata da turbinose forze dell’universo.


Danza (1920).

I quattro quadri raffiguranti le arti sono sormontati dal Fregio del banchetto nuziale che sottolinea come la festa di matrimonio costituisca un presupposto ancestrale del nuovo teatro ebraico. Nel quadro Musica un violinista mefistofelico, con due occhi neri che spiccano su un volto verde, sospeso a mezz’aria dalla rigonfia violacea “redingote”, sprigiona poteri stregoneschi, incantatori. La Danza è raffigurata come una mastodontica ballerina che rischia di apparire grottesca ma nella frenesia dei movimenti si trasforma in un’agile figura con viso e braccia rossi come fuoco per l’eccitamento. Il “badchan”, l’animatore delle nozze, nel quadro Teatro, è un maestro di simulazioni: per innalzarsi fa il gesto di salire su una sedia che non potrebbe sostenerlo perché non ha consistenza. Nella Letteratura la figura bianca e ascetica dello scribapoeta è distaccata, mediante un cuneo blu, dal muso di una mucca, simbolo di animalità, che pronuncia il nome di Chagall in yiddish. Il ciclo dei dipinti per il Teatro da camera ebraico si conclude con Amore sulla scena, in cui la coppia di ballerini nella posizione del “pas de deux”, tracciata così sottilmente da dissolversi nella trasparenza di nubi bianco-argentee delineate come triangoli, cerchi e quadrati, indica che il balletto farà parte del corso teatrale da intraprendere.


Musica (1920).


Teatro (1920).

Amore sulla scena (1920).


IN MOSTRA
In concomitanza con l’esposizione di Mantova, prosegue fino al 24 febbraio 2019 Marc Chagall. Colore e magia, a cura di Dolores Durán Úcar, presso la Fondazione Palazzo Mazzetti di Asti (corso Vittorio Alfieri 357, telefono 0141-530403, www.palazzomazzetti.it). Il percorso espositivo suddiviso in sette sezioni, secondo un ordine tematico e cronologico, racconta la poetica di Chagall che, nella sua lunga vita (1887-1985), attraverso dipinti, disegni, acquerelli, incisioni ha creato uno spazio lirico fatto di sogno, stupore, meraviglia e popolato da personaggi reali o immaginari. Fra le centocinquanta opere in mostra, dedicate perlopiù agli ultimi anni di produzione dell’artista, troviamo quadri di collezione privata dove sono raffigurati mazzi di fiori e coppie di innamorati (Mazzo di fiori su sfondo rosso del 1970, Grande bouquet rosso del 1975, Amanti con asino blu del 1955 circa, I fidanzati su fondo blu del 1931-1932, La brocca di fiori del 1925), clown e acrobati. E ancora la raccolta di acqueforti e puntesecche I sette peccati capitali pubblicata nel 1926 in cui Chagall ha rappresentato con ironia e umorismo i vizi umani. Catalogo Arthemisia Books.

Marc Chagall. Come nella pittura così nella poesia

Mantova, Palazzo della ragione
a cura di Gabriella Di Milia
fino al 3 febbraio 2019
orario 9.30-1930, lunedì chiuso
telefono 0376-1979010

catalogo Electa
www.chagallmantova.it

ART E DOSSIER N. 359
ART E DOSSIER N. 359
NOVEMBRE 2018
In questo numero: Laboratorio futuro - Gli scenari di Adelita Husni-Bey; Nuovi spazi per l'arte - In Cina, nelle Fiandre, in Lucchesia; Medioevo inquieto - Maria protettrice: un'iconografia fortunata In mostra: Picasso a Milano; Chagall a Mantova; Ghiglia a Viareggio; l'Oceania a Londra; Brouwer a Oudenaarde; da Tiziano a Van Dyck a Treviso.Direttore: Philippe Daverio