Conosciamo Adelita Husni-Bey (Milano, 1985), artista che vive a New York, esperta di pedagogia, interessata a tematiche che spaziano dall’anarco-collettivismo al teatro, dalla giurisprudenza agli studi sullo sviluppo urbano. Si occupa inoltre di organizzare laboratori, produrre pubblicazioni, curare trasmissioni radiofoniche, archivi e mostre, usando modelli pedagogici non competitivi attraverso l’arte contemporanea.
Inizierei questa intervista da Il palco dell’estinzione, un’opera pensata per ArtLine Milano, programma di arte pubblica promosso dal Comune di Milano per il parco di CityLife, più ampio progetto di riqualificazione dell’area fieristica di Milano. Puoi parlarmene?
Il palco dell’estinzione si sviluppa in tre fasi, di cui l’ultima è prevista per la metà del 2020. Alla mostra tenuta presso l’HangarBicocca dal titolo Take Me (I’m Yours) a cui sono stata invitata era possibile vedere il prototipo, la “pelle” del futuro palco, realizzato nel 2017 attraverso un laboratorio con bambini di sei anni quale prima fase del processo. Obiettivo di tale laboratorio è stato difatti quello di produrre una serie di disegni frutto di “esercizi” di interpretazione e di immaginazione sul tema dell’estinzione, e per questo strettamente legati a visioni di futuri scenari di guerra e di conflitto, ma anche di cambiamento climatico, sociale e urbano. Ho invitato per l’occasione quattro specialisti a tenere una serie di incontri pubblici su emergenze come l’innalzamento del mare, la perdita della biodiversità e il futuro dell’approvvigionamento di risorse. Sulla base delle suggestioni e degli spunti innescati da questi incontri, si è passati a una fase di disegno seguita da un momento di analisi collettiva dei disegni stessi che andranno a ricoprire la superficie del palco.