XXI secolo
Intervista ad Adelita Husni-Bey

POLITICHE
DI UN PALCO

Focalizzata su temi politici e sociali di estrema attualità, Adelita Husni-Bey affronta questioni complesse come razza, genere, classe e ruolo delle istituzioni attraverso una pratica artistica che si sviluppa innanzitutto attraverso processi laboratoriali collettivi e metodi pedagogici radicali.


Valerio Borgonuovo

Conosciamo Adelita Husni-Bey (Milano, 1985), artista che vive a New York, esperta di pedagogia, interessata a tematiche che spaziano dall’anarco-collettivismo al teatro, dalla giurisprudenza agli studi sullo sviluppo urbano. Si occupa inoltre di organizzare laboratori, produrre pubblicazioni, curare trasmissioni radiofoniche, archivi e mostre, usando modelli pedagogici non competitivi attraverso l’arte contemporanea.


Inizierei questa intervista da Il palco dell’estinzione, un’opera pensata per ArtLine Milano, programma di arte pubblica promosso dal Comune di Milano per il parco di CityLife, più ampio progetto di riqualificazione dell’area fieristica di Milano. Puoi parlarmene?

Il palco dell’estinzione si sviluppa in tre fasi, di cui l’ultima è prevista per la metà del 2020. Alla mostra tenuta presso l’HangarBicocca dal titolo Take Me (I’m Yours) a cui sono stata invitata era possibile vedere il prototipo, la “pelle” del futuro palco, realizzato nel 2017 attraverso un laboratorio con bambini di sei anni quale prima fase del processo. Obiettivo di tale laboratorio è stato difatti quello di produrre una serie di disegni frutto di “esercizi” di interpretazione e di immaginazione sul tema dell’estinzione, e per questo strettamente legati a visioni di futuri scenari di guerra e di conflitto, ma anche di cambiamento climatico, sociale e urbano. Ho invitato per l’occasione quattro specialisti a tenere una serie di incontri pubblici su emergenze come l’innalzamento del mare, la perdita della biodiversità e il futuro dell’approvvigionamento di risorse. Sulla base delle suggestioni e degli spunti innescati da questi incontri, si è passati a una fase di disegno seguita da un momento di analisi collettiva dei disegni stessi che andranno a ricoprire la superficie del palco.

Le diverse altezze delle sedute hanno permesso una formalizzazione dell’autorità


E qual è stato il risultato?

Una serie di disegni dal futuro tragico… ma anche disegni più ottimistici. In sintesi, possiamo dire che Il palco dell’estinzione sarà il risultato diretto delle visioni “fuoriuscite” dalla rottura di quella “bolla dell’innocenza” di cui si dice siano portatori i bambini fino a una certa età.


Da dove nasce l’idea del “palco”?

Da tempo mi interesso di palchi, palchi modulari per differenti finalità. Come nel caso del laboratorio di The Classroom (2016), realizzato in collaborazione con l’Università Bocconi di Milano e rivolto a studenti di quell’istituto, ma anche dell’Accademia di Brera e a giovani ricercatori. In quell’occasione sono stati utilizzati i tavoli, le sedute, e gli sgabelli realizzati per la mostra introduttiva e propedeutica al laboratorio, tenuta presso l’ex Scuola Montessori di via Porpora a Milano. Successivamente, la possibilità di combinare queste sedute secondo le diverse altezze, ha permesso durante il laboratorio una formalizzazione dell’autorità attraverso le strutture di cui si componeva la classe stessa. Infine sono state adoperate come veri e propri palchi per le improvvisazioni teatrali che quel progetto prevedeva. Inoltre, in The Classroom non c’era carta e le sedute sono state utilizzate come fogli su cui scrivere. Da qui l’idea ripresa per Il palco dell’estinzione e sviluppata con i bambini. Mi piace la dimensione della modularità e dell’interscambiabilità di questi oggetti anche nel contesto espositivo, come per l’HangarBicocca o quest’anno per la Galleria civica di Modena con Adunanza, in cui le sedute per il “display” del video Agency - Giochi di potere del 2014 erano non a caso quelle realizzate per il laboratorio di The Classroom.


Il Palco dell’estinzione (2017), particolare di un disegno realizzato nell’ambito di un laboratorio con bambini di sei anni in occasione della mostra Take Me (I’m Yours) presso l’HangarBicocca di Milano.

Puoi dirmi qualcosa di più su come si strutturava The Classroom?

Dunque, la metodologia adottata per quel laboratorio è stata presa in prestito dal Teatro dell’oppresso, un sistema di esercizi, giochi e tecniche iniziato negli anni Sessanta dal brasiliano Augusto Boal e finalizzato a stimolare tra i partecipanti una trasformazione critica della propria condizione. Il tema affrontato in classe era invece l’“intersezionalità”, ovvero lo studio dell’intersezione tra razza, classe ed estrazione sociale intrapreso all’inizio degli anni Settanta negli Stati Uniti dall’attivista e femminista afroamericana Kimberly Crashow, e dal collettivo di femministe nere Combahee River Collective. Per questo laboratorio, la classe è stata pensata come un luogo di letture, di conversazione, e di Teatro Forum: uno strumento quest’ultimo del Teatro dell’oppresso in cui si mette in scena una situazione oppressiva [o una simulazione, una prova generale prima dell’azione, come uno sciopero o una manifestazione - nda]. Su queste premesse, si dava spazio all’improvvisazione teatrale sui temi del laboratorio usando il palco come una scena in continuo cambiamento proprio come funziona nel Teatro Forum, in cui ogni partecipante può intervenire inserendosi nella scena e cambiando talvolta la narrazione della pièce.


The Classroom (2016), opere realizzate in occasione della mostra propedeutica al laboratorio presso l’ex Scuola Montessori di via Porpora a Milano.

Negli ultimi anni ho l’impressione che la formalizzazione del tuo lavoro cerchi di sfuggire a un inquadramento specifico autoriale, confondendosi tra alcuni canoni dei linguaggi codificati della comunicazione globale, da quella aziendale e corporativistica a quella di intrattenimento televisivo - andando di pari passo con la mutevolezza della figura dell’artista oggi - e che anche per questa ragione si caratterizzi per una connotazione fortemente politica. Cosa ne pensi?

Sono d’accordo ma devi considerare che ogni progetto è una storia a sé che risponde a fattori e condizioni ogni volta differenti. Sono d’accordo quando dici che il video After the Finishing Line ha uno stile da pubblicità della Nike ma poi quando ascolti l’audio ti rendi conto che racconta tutt’altro. Sicuramente in quel caso la differenza l’ha fatta il budget. Oppure il taglio da Mtv o X Factor di The Agency in cui per restituire la complessità e la difficoltà di mettere insieme quei tre giorni intensi e caotici di giochi di ruolo (“role play”) all’interno della galleria 5 del Maxxi (riadattata per l’occasione a set televisivo) con gli studenti di un liceo di Roma, si è scelto un layout spaziale del laboratorio molto stretto, con una macchina che potesse passare tra i tavoli e i partecipanti in azione. A ogni modo sono tutti fattori dettati da un’estetica mutevole, ma mutevole per scelta dell’artista. Ecco perché a breve lavorerò su tutt’altro formato come un libro per bambini per la Serpentine Gallery di Londra.


Postcards da Desert Island (2011), frame da video presentato in occasione della mostra propedeutica al laboratorio presso l’ex Scuola Montessori di via Porpora a Milano.

In The Classroom non c’era carta e le sedute sono state utilizzate come fogli su cui scrivere

Agency - Giochi di potere, video e fotografia (2014), presentati in occasione della mostra Adunanza realizzata nel 2018 alla Galleria civica di Modena.


The Classroom (2016), dettaglio di una seduta realizzata nell’ambito del laboratorio con gli studenti dell’Università Bocconi di Milano, dell’Accademia di Brera e con giovani ricercatori.

ART E DOSSIER N. 359
ART E DOSSIER N. 359
NOVEMBRE 2018
In questo numero: Laboratorio futuro - Gli scenari di Adelita Husni-Bey; Nuovi spazi per l'arte - In Cina, nelle Fiandre, in Lucchesia; Medioevo inquieto - Maria protettrice: un'iconografia fortunata In mostra: Picasso a Milano; Chagall a Mantova; Ghiglia a Viareggio; l'Oceania a Londra; Brouwer a Oudenaarde; da Tiziano a Van Dyck a Treviso.Direttore: Philippe Daverio