Grandi mostre. 2
Da Magritte a Duchamp a Pisa

LA PAROLA
ALL’INCONSCIO

Il gruppo surrealista, nato ufficialmente a Parigi nel 1924, subisce dal 1929 lacerazioni insanabili che non impediscono tuttavia al movimento di proseguire la propria ricerca per dare spazio, contro la cultura dominante dell’epoca, alla dimensione più irrazionale della creatività.

Maurizia Tazartes

Tutto ruota intorno al 1929, anno di crisi finanziaria mondiale e, in limiti più ristretti, di crisi per quello strano e affascinante movimento artistico e letterario indicato come surrealismo. Era nato in Francia verso il 1920 e si proponeva di esprimere il pensiero senza alcun controllo razionale, intenti estetici o morali. La sua nascita ufficiale veniva siglata nel 1924 con il primo Manifesto del surrealismo elaborato da André Breton - teorico del movimento, oltre che poeta e saggista - insieme a una ventina di intellettuali, tra cui Louis Aragon, Paul Eluard, Philippe Soupault, Joan Miró. Nel documento si ribadivano un’idea di realtà legata all’inconscio, l’importanza del sogno e delle visioni oniriche, il recupero dell’immaginazione infantile, l’abolizione della logica a vantaggio del freudiano automatismo mentale, la malattia mentale come rivelatrice di verità. Molte teorie di Sigmund Freud venivano adottate da Breton nei punti del suo programma.

Ma nel 1929 il gruppo si disgrega. A partire dalla primavera per giungere a dicembre e oltre, varie tappe segnano il distacco di Breton, sostenitore di un surrealismo venato di comunismo e marxismo, da Georges Bataille e da altri “dissidenti”, che ritengono troppo idealistico l’atteggiamento del capofila. Arma di scontro diventa la nuova rivista “Documents”. Ciascuno dei due schieramenti cerca di tirare a sé linfa fresca, come Salvador Dalí che appare sulla scena parigina proprio nel 1929. Non mancano contraddizioni e confusioni da ambo le parti.

Nel 1928 Breton pubblica un saggio dal titolo Il surrealismo e la pittura, e nella mostra Le Surréalisme, existe-t-il? (nello stesso anno a Parigi) si chiede se esista una pittura surrealista, riunendo un buon numero di artisti, tra cui Arp, de Chirico, Ernst, Man Ray e tanti altri. Il 15 dicembre del 1929, nel numero 12 della rivista “La Révolution surréaliste”, Breton dà alle stampe il secondo Manifesto del surrealismo, in cui conferma l’adesione del movimento al Partito comunista francese, cui si era iscritto nel 1927 con Aragon ed Eluard e rielabora le sue teorie.

È la visione stessa a creare l’oggetto, al di là della realtà


Nonostante difficoltà e divisioni, il surrealismo anziché indebolirsi si rinforza. Innanzi tutto con l’adesione di Dalí, che si porta dietro la sua “paranoia critica” e il film Un chien andalou realizzato con Luis Buñuel e proiettato il 6 giugno 1929. Violenza e crudeltà mettono d’accordo Breton e Bataille.

Ai surrealisti francesi si uniscono i belgi col gruppo di Bruxelles capeggiato da Paul Nougé. Arriva anche René Magritte, che pubblica nel dicembre 1929 Les mots et les images sul numero 12-13 della “Revolution surréaliste”. E poi a nutrire il surrealismo giungono il primo romanzo-collage di Max Ernst, La femme 100 têtes, nuove riviste e varie espressioni d’arte come la fotografia.

Alla vitalità del movimento, in questi anni di apparente crisi, è dedicata la mostra Da Magritte a Duchamp. 1929: il Grande Surrealismo dal Centre Pompidou allestita al Blu - Palazzo d’arte e cultura di Pisa. Curata da Didier Ottinger, direttore del Pompidou, presenta novanta opere del museo parigino tra dipinti, sculture, disegni, collage, installazioni e fotografie, che fanno di Parigi la capitale delle avanguardie e dello sviluppo artistico mondiale. È una lunga passeggiata tra capolavori di Magritte, Dalí, Duchamp, Ernst, de Chirico, Giacometti, Man Ray, Miró, Tanguy, Picasso, e altri importanti maestri del Novecento.


René Magritte, Doppio segreto (1927).

Magritte è uno dei protagonisti. Il suo Doppio segreto, un olio su tela del 1927, utilizzato come immagine guida della mostra, si ispira ai collage di Ernst per simulare una sorta di “slittamento” della pelle dalla superficie di un volto, rivelandone l’inconsistenza dei volumi: «Visto nell’ottica del surrealismo e dei suoi valori», scrive Ottinger nel catalogo della mostra, «il dipinto può essere interpretato come la messa a nudo dei meccanismi di una psiche che la cultura tende a dissimulare dietro una maschera di educazione e buona creanza». Il modello rosso, un olio su cartone del 1935, rappresenta un paio di scarpe-piedi che rimandano a una realtà inventata, al sogno e al mostruoso.

Salvador Dalí con L’asino putrefatto, un olio, sabbia e ghiaia su tavola del 1928, un dipinto-collage proveniente dalla collezione di Eluard, ritorna al tema della decomposizione, suo centro di interesse sin dagli anni giovanili, quand’era studente a Madrid con García Lorca e Buñuel. Si firmava «Il tuo asino putrefatto» quando scriveva all’amico García. L’animale decomposto, simbolo di un realismo brutale, lo affascinava sino a farne il protagonista del suo “metodo paranoico- critico” apparso nel primo numero della rivista “Le Surréalisme au service de la révolution” nel luglio del 1930.

Nella Donna dormiente, cavallo, leone invisibili, dello stesso anno (1930), Dalí utilizza il medesimo metodo, che si opponeva all’automatismo della mente sostenuto dal primo surrealismo, a favore di una proiezione più attiva e soggettiva dello sguardo: «Di recente, mediante un processo decisamente paranoico, ho ottenuto l’immagine di una donna la cui postura […] è allo stesso tempo quella di un cavallo», afferma l’artista durante la conferenza Posizione sociale del surrealismo, tenuta all’Ateneo di Barcellona il 22 marzo 1930. Così di immagine in immagine, di trasformazione in trasformazione, Dalí arriva a chiedersi se la realtà non sia altro che un prodotto della nostra mente paranoica.


Salvador Dalí, Donna dormiente, cavallo, leone invisibili (1930).

Dalí arriva a chiedersi se la realtà non sia altro che un prodotto della nostra mente paranoica


Su questa strada Max Ernst elabora una sua “teoria della visione”, in cui è la visione stessa a creare l’oggetto, al di là della realtà. Idee espresse in una serie di sei dipinti del 1929 intitolati All’interno della vista: l’uovo, in cui la visione diventa un organo interno della rappresentazione. I dipinti intitolati All’interno della vista sono figure allucinate, che vagano nello spazio, in foreste, universi interiori, slegati dalla realtà, che non si vorrebbe vedere. Meglio essere ciechi, tanto che Victor Brauner si rappresenta in un Autoritratto con un occhio enucleato.

Jean Arp in Testa con baffi e bottiglie del 1929 si inventa un volto ricorrendo all’arte primitiva, africana e oceanica, con linee curve che ricordano il dinamismo dell’universo. E mentre Marcel Duchamp mette i baffi alla Gioconda nel suo L.H.O.O.Q. del 1930 (lettere che pronunciate in sequenza, in francese, danno la frase: «elle a chaud au cul», alludendo all’omosessualità latente di Leonardo da Vinci), sfregiando così il dipinto più sacralizzato della storia dell’arte, Yves Tanguy accentua l’enigmaticità della visione con forme e figure collocate in strani spazi, tra mare, terra e cielo (D’estate alle quattro, la speranza… 1929; Il faro, 1926).


Salvador Dalí, L’asino putrefatto (1928).

Max Ernst, Chimera (1928).


René Magritte, Il modello rosso (1935).

IN MOSTRA

Continua fino al 6 gennaio 2019 al Masi - Museo d’arte della Svizzera italiana - Lac Lugano arte e cultura (Lugano, piazza Bernardino Luini 6, www.masilugano.ch) René Magritte. La Ligne de vie, a cura di Xavier Canonne e Julie Waseige. Con circa settanta opere, il percorso espositivo – che trae ispirazione dalla conferenza tenuta da Magritte nel 1938 al Musée Royal des Beaux-Arts di Anversa (Le Ligne de vie), in occasione della quale illustrò il proprio lavoro e i principi fondamentali della sua poetica – illustra l’intera parabola creativa del pittore belga partendo dalle opere dei primi anni Venti fino agli anni Sessanta. Presenti, tra le altre, La memoria (1948) e la Grande guerra (1964). La mostra dovrebbe poi approdare nel 2019 all’Amox Rex di Helsinki, il nuovo museo della capitale finlandese aperto a fine agosto. Catalogo Skira.

Da Magritte a Duchamp 1929: il Grande Surrealismo dal Centre Pompidou

Pisa, Blu - Palazzo d’arte e cultura
a cura di Didier Ottinger
dall’11 ottobre 2018 al 17 febbraio 2019
orario 10-19, sabato, domenica e festivi 10-20
catalogo Skira
www.palazzoblu.it

ART E DOSSIER N. 358
ART E DOSSIER N. 358
OTTOBRE 2018
In questo numero: TINTORETTO 500 ANNI Philippe Daverio: Il pittore e gli architetti. PRERAFFAELLITI Elizabeth Siddal, Borea di Waterhouse. IN MOSTRA Licini a Venezia, Surrealisti a Pisa, Arte e magia a Rovigo, Burne-Jones a Londra, Courbet a Ferrara. Direttore: Philippe Daverio