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UN ARTISTADAI MOLTI STILI

di Daniele Liberanome

Languono le quotazioni per le opere di Plinio Nomellini, a meno che non si tratti di quelle realizzate perlopiù nei primi decenni del Novecento, permeate da istanze simboliste e postimpressioniste.

Conoscere Plinio Nomellini significa conoscere la storia dell’arte italiana da metà Ottocento a metà Novecento. L’artista toscano cambiò stili, partendo dalle influenze di Fattori e dei tardi macchiaioli, per passare a un divisionismo paesaggistico ma anche sociale alla Pellizza da Volpedo e alla Telemaco Signorini; poi a un simbolismo denso di emozioni sotto l’ispirazione dei decadenti con D’Annunzio; alla fine, ai tempi del Ventennio, approdò a una pittura di regime. Mutò infatti anche credo politico, diventando fascista convinto - tanto da scomparire dal mercato e dai musei nell’immediato dopoguerra - dopo aver militato a lungo fra gli anarchici e come tale aver subìto un processo di stampo ideologico. Di tutto e di più insomma, ma sempre con un talento sopraffino. Basta guardare Passeggiata nel parco del 1920, uno dei vari dipinti dello stesso soggetto ispirati ai frequenti soggiorni dell’artista nella campagna del Meridione d’Italia. La tela trasuda di una matrice simbolista e di un naturalismo idealizzato, probabilmente per effetto dell’influenza esercitata su Nomellini da opere di Redon o di Puvis de Chavannes, viste forse alle Biennali di Venezia di fine Ottocento. Ma la resa cromatica della luce quasi divina della parte superiore, a confronto con la miriade di colori scuri della natura nella parte inferiore, le donne dai tratti appena accennati, che le fanno parere quasi ninfe in una campagna idealizzata, vanno oltre una restituzione ben eseguita di idee e approcci di altri. Il quadro colpisce, al di là di ogni analisi della storia dell’arte, e tanto piacque ai Van Haren Noman, collezionisti della buona borghesia olandese, che lo acquistarono. Il quadro, rimasto quindi nel circuito internazionale del mercato, fu poi affidato a Christie’s di Londra che lo inserì nell’asta del 9 dicembre 2014 riuscendo a spuntare 70mila euro, ben al di là della stima. 

Sempre allo stesso periodo risale Fioritura rosea presentata con successo da Pandolfini a Firenze lo scorso 15 maggio. Anche qui le figure paiono irreali, solo le teste delle due donne risultano ben definite: spuntano da corpi che si fondono con lo sfondo del cielo, il quale a sua volta contrasta con il rosso e il verde della fioritura. La stima era di appena 2535mila euro, ma alla fine l’aggiudicazione c’è stata a 77.500 euro, un buon risultato considerato che il mercato degli autori legati prevalentemente all’Ottocento minore è in crisi di questi tempi.


Passeggiata nel parco (1920).

Come a dire che anche Nomellini subisce una certa flessione, pur riuscendo a resistere su buoni livelli per le sue opere più apprezzate. Certo, se torniamo ad aste meno recenti, i risultati sono ancora migliori. Vortice azzurro risale anch’esso agli anni Venti, al periodo delle vedute di Capri, ma stavolta il richiamo è più ai postimpressionisti per la ricchezza dei colori, per il modo stesso di stenderli sulla tela e per l’atmosfera meno cupa rispetto a quella rappresentata in Passeggiata nel parco. La dimensione importante del quadro (138,5 x 100 cm) fece il resto quando Sotheby’s lo offrì a Milano l’8 giugno 2004, così ottenne oltre 112mila euro. D’altra parte, quasi tutte le opere più costose di Nomellini risalgono ai primi decenni del Novecento. Andavano - e, in una certa misura vanno ancora bene - i quadri di fanciulle che risalgono sempre a quegli anni e che non hanno niente a che fare con i ritratti di poveri bambini allora in voga. Sono bambine che vivono in un mondo irreale e richiamano figure della tradizione antica. Farsetti ne presentò ben due nell’asta dell’8 novembre 2008 e per Bambina (o Calzette nere) spuntò ben 110mila euro. 

Languono, invece, le quotazioni per le opere degli altri e variegati periodi dell’artista, con l’importante eccezione di Verso sera, che è sì del 1891, ma che richiama da vicino suggestioni postimpressioniste del più tardo Nomellini, con una figura femminile appena definita, quasi mitica, che appare integrata nella natura circostante. È questo il top lot dell’artista, che Christie’s aggiudicò a Roma nel lontano 9 giugno 2005 per 136.400 euro. 

Ma per il resto, il buio è profondo. Per trovare in asta, a un prezzo accettabile, un qualche quadro del periodo fascista bisogna tornare a Danzatrice circassa del 1930 scambiata per 32mila euro (Farsetti, Prato, 31 maggio 2014). Si tratta comunque di un’opera senza connotati ideologici come Incipit nova aetas (1924) esposta a villa Mimbelli di Livorno, sede del Museo civico Giovanni Fattori. I quadri giovanili del periodo anarchico, con forti connotati sociali, vanno ancora peggio. Pellerossa del 1888, un olio dai forti contrasti cromatici e senza il realismo di maniera di tanti suoi contemporanei, è stato aggiudicato per non più di 4.400 euro (Farsetti, Prato, 11 aprile 2014), e altri vanno invenduti non appena offerti. Il mercato dei disegni racconta la stessa storia: le opere di Nomellini di gran lunga più appetibili sono quelle dei primi vent’anni del Novecento, meglio se della fine di quel periodo. Lo studio per La rossa avanguardia delle Argonne, un bel carboncino su carta (100 x 70 cm), aggiudicato per 3.800 euro da Farsetti a Milano il 29 novembre 2014, risulta tuttora il top lot fra i disegni ed è appunto datato 1917. Portarsi a casa un pezzo di storia dell’arte italiana attraverso un Nomellini non è quindi costoso, e se si sceglie un quadro di inizio Novecento, non comporta neanche rischi eccessivi di svalutazione dell’investimento nel tempo.


Vortice azzurro (1923-1924).


Fioritura rosea (1920).

ART E DOSSIER N. 357
ART E DOSSIER N. 357
SETTEMBRE 2018
In questo numero: MICHELANGELO INEDITO Il primo progetto della tomba di Giulio II. VENEZIA La biennale di architettura. I SACRI MONTI Itinerari tra arte, fede e natura. IN MOSTRA Abramović a Firenze, Fotografia e Astrattismo a Londra, Puccini e l'arte a Lucca, Arte islamica a Firenze, Pittura a Gubbio al tempo di Giotto. Direttore: Philippe Daverio