Grandi mostre. 2
Giorgio de Chirico a Rivoli

UN VIAGGIO
NEL TEMPO

Un artista vulcanico come Giorgio de Chirico offre continui spunti di riflessione. Uno di questi scaturisce dal dialogo delle sue opere, provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti (per la prima volta visibili al pubblico), con alcuni significativi lavori di arte contemporanea. Scopriamo qui i dettagli di tali confronti, perlopiù inediti, con la cocuratrice dell’esposizione al Castello di Rivoli.


Marcella Beccaria

Giorgio de Chirico viaggiava nel tempo. La sua opera, dagli esordi ai quadri metafisici, ai dipinti eseguiti in tarda età, può essere letta come il racconto di un artista animato dalla necessità di dialogare con l’antico, prefigurando al tempo stesso l’angoscia di un futuro svuotato di umanità. Dalla mitologia greca ai picchi del Barocco, dal Rinascimento al romanticismo, precorrendo le evoluzioni delle avanguardie dell’epoca moderna, la mania citazionista di quella postmoderna e i linguaggi della Pop Art e dell’Arte concettuale, de Chirico si è mosso avanti e indietro lungo la storia dell’arte e della cultura. Ha anticipato, inventato e sperimentato. Conscio del proprio valore, della propria unicità, de Chirico studiò i musei e le loro collezioni, intenzionalmente “copiando” opere di grandi artisti del passato e inserendo queste “copie” nelle proprie mostre, accanto ai suoi quadri. Geniale, polemico, ironico, intellettuale e passionale, de Chirico coltivò con cura la sua immagine di artista-demiurgo, dipingendo quadri nella forma di rebus visivi, quando non addirittura confondendo informazioni circa le proprie opere.

La mostra Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti (in corso al Castello di Rivoli, Torino), cocurata da chi scrive con il direttore del Castello, Carolyn Christov-Bakargiev, presenta opere di questo grande maestro in dialogo con alcuni tra i capolavori di arte contemporanea che sono parte delle collezioni del Castello. Attraverso un selezionato nucleo di quadri di de Chirico provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti, la mostra offre alla fruizione pubblica opere sino a ora celate nella sua villa a Rivoli, dimora voluta dall’imprenditore torinese a uso esclusivo della propria raccolta privata che, grazie all’accordo di collaborazione tra il Castello e la Fondazione Cerruti, verrà aperta al pubblico dal 2019.

Con quadri che spaziano dal 1916 al 1927, l’esposizione pone le opere di de Chirico in relazione con alcune tra le maggiori opere di arte contemporanea della collezione del Castello, inclusi lavori di Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Franz Ackermann, Fabio Mauri, Maurizio Cattelan e Alighiero Boetti. Si tratta di dialoghi perlopiù inediti, che aprono ulteriori prospettive sulla ricca eredità culturale di de Chirico. Di seguito, alcuni cenni.

Muse metafisiche è il quadro che apre il percorso espositivo. Il dipinto è stato eseguito da de Chirico nella primavera 1918, alla fine del periodo trascorso a Ferrara, sede che gli venne assegnata per svolgere il servizio militare allo scoppio della prima guerra mondiale. A Ferrara, de Chirico riconobbe una città «quanto mai metafisica». Nell’ambiente del quadro campeggiano due teste di manichini. Sono ritratte in una stanza sovrastata da un piatto cielo blu, sullo sfondo di un ambiente compresso, definito da un angolo. Per l’artista, l’angolo era «il lato misterioso delle stanze», contesto nel quale i suoi manichini esprimevano al meglio il loro potenziale. «È là che sono a casa propria, che si espandono e prodigano generosamente i doni della loro ineffabile e misteriosa poesia», scrisse. Strette tra una serie di elementi lignei, secondo quella grammatica di strumenti che appartenevano alla quotidianità dello studio del pittore, le teste dei due manichini sono dipinte in una posa che sembra suggerire l’idea di una muta conversazione, tratteggiando un’atmosfera di enigmatica complicità.


Gli animali si avvinghiano a formare un unico corpo che trasmette un'indomita vitalità dionisiaca


Un enigma è anche alla base di Casa di Lucrezio (1981), l’installazione di Giulio Paolini con la quale è allestita Muse metafisiche. Nella sua opera Paolini evoca, senza rappresentarla, l’idea di uno spazio abitato dalla poesia e da riferimenti nascosti, riferibili al modo in cui le opere d’arte dialogano incessantemente le une con le altre, oppure riescono a porsi come misteriose presenze, che non sempre cedono i propri segreti a chi le interroga.


Due cavalli (1927).

Nell’installazione di Paolini, una testa di Apollo, tratta dalla replica in gesso di una scultura classica fatta nel Seicento da Alessandro Algardi, è moltiplicata e posta in relazione con frammenti relativi al disegno di un labirinto. Riferibile al labirinto di Cnosso, il disegno è tratto da un graffito, ormai perduto, originariamente presente nella cosiddetta Casa di Lucrezio a Pompei. Paolini vede questo suo lavoro in stretta relazione con il proprio percorso di artista, che ogni giorno inizia da capo la propria ricerca, senza mai poter smettere. «Dal labirinto, una volta non trovatane la via d’uscita, si è liberi di immaginare altri innumerevoli labirinti che conducono, tutti, al punto di partenza», dice.

Tra gli altri dialoghi che la mostra al Castello propone, forse il più inaspettato è quello che si scatena tra de Chirico e Maurizio Cattelan, accomunati da un interesse nei confronti del cavallo quale tema iconografico. Soggetto favorito da Giorgio de Chirico, il cavallo è protagonista del primo disegno firmato dall’artista, ancora bambino. Nel corso della sua carriera, de Chirico torna più volte sul tema, secondo prospettive nelle quali si intrecciano riferimenti mitologici e filosofici. 


Giulio Paolini, Casa di Lucrezio (1981).

In Due cavalli, il quadro che presentiamo in mostra, gli animali sono ritratti impennati, mentre si avvinghiano a formare un unico corpo che trasmette un’indomita vitalità dionisiaca. L’incontro è ambientato su una spiaggia dai tratti mitologici che rimanda all’amata Grecia.

Nella forma di animale impagliato che incombe con impressionante fisicità nello spazio, il cavallo è protagonista di più opere di Maurizio Cattelan, secondo una ricerca nell’ambito della quale Novecento (1997) è tra i primissimi esempi. Stretto in una imbragatura che lo costringe in una posa innaturale, privandolo della sua forza, il cavallo di Cattelan è allontanato drammaticamente dal suolo e appeso al soffitto. Attraverso il suo sconforto tangibile, il cavallo incarna il secolo citato nel titolo, quel Novecento dove l’umanità sembra aver più volte perso il contatto con se stessa, imprigionata nella propria assurda violenza.

Allestendo l’opera di de Chirico e quella di Cattelan a Rivoli, vicino a Torino, i riferimenti e le speculazioni si moltiplicano. Si sa per esempio che un cavallo maltrattato fu l’occasione della manifestazione della pazzia di Friedrich Nietzsche a Torino, nell’inverno 1888-1889. Nato nel 1888, secondo una coincidenza con la vicenda di Nietzsche che lo stesso de Chirico sottolineò, l’artista era profondo conoscitore dell’opera del filosofo tedesco, dal cui pensiero trasse ispirazione per elaborare le idee che sono alla base della “rivelazione” della metafisica. Ancora, è vero che la poetica della metafisica si snoda attraverso più città italiane, da Milano a Firenze, a Roma. Ma gli scritti dell’artista indugiano su Ferrara e soprattutto Torino, che occupa la sua memoria mentre realizza alcune tra le sue indimenticabili piazze, ricordandosi anche le forme di palazzo Carignano disegnato dal maestro del Barocco Filippo Juvarra. Ancora, il cerchio si stringe, e nei suoi scritti de Chirico speculò sulla possibile relazione tra la follia di Nietzsche e Torino. Secondo de Chirico, la bellezza della città fu, per il filosofo, drammaticamente fatale. Portare le opere di de Chirico al Castello di Rivoli, anch’esso disegnato da Juvarra, significa anche questo: percorrere con l’artista schegge di un viaggio nel tempo che solo la grande arte può suggerire.


Maurizio Cattelan, Novecento (1997); entrambe le opere: Rivoli (Torino), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.

(*) Le opere Due cavalli e Muse metafisiche appartengono alla Collezione Fondazione Cerruti per l’Arte - Deposito a lungo termine, Castello di Rivoli.

Giorgio de Chirico.
Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerrut

Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino
a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria
fino al 27 maggio (per eventuale proroga consultare il sito)
orario 10-17, sabato e domenica 10-19, chiuso lunedì
www.castellodirivoli.org

ART E DOSSIER N. 354
ART E DOSSIER N. 354
MAGGIO 2018
In questo numero: MOSTRE D'ESTATE Guttuso a Torino, De Chirico a Rivoli, Arte e fascismo a Milano, Wolf Ferrari a Conegliano, Rodin a Treviso, High Society ad Amsterdam, Italia e Spagna a Firenze, Dürer a Milano. VILLA CARLOTTA Trecento anni di collezionismo. CAMILLE CLAUDEL Il genio, il dolore, la perdita.Direttore: Philippe Daverio