Grandi mostre. 1
Renato Guttuso a Torino

LA PITTURA
COME IMPEGNO CIVILE

Una cospicua parte del percorso creativo di Renato Guttuso è stata dedicata al racconto della storia a lui contemporanea, al rapporto tra politica e cultura, a documentare sofferenze e tragedie, con umana partecipazione e spirito di condivisione. Questi i temi dell’esposizione qui presentata dal suo curatore.


Pier Giovanni Castagnoli

Èla primavera del 1938 quando Renato Guttuso tiene a Roma, alla Galleria la Cometa, la sua prima mostra personale ed è agli inizi di quell’anno che, nella capitale, dipinge Fucilazione in campagna, il “quadro-manifesto” che introduce la rassegna Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68 (Torino, Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, fino al 24 giugno). L’artista siciliano, da poco ventiseienne, aveva allora già all’attivo una prolifica esperienza come pittore, iniziata a Palermo, alla fine degli anni Venti, con un precoce noviziato e proseguita, con impegno sempre maggiore e dedizione presto esclusiva, nel decennio seguente. Aveva partecipato nel 1931, con due dipinti, alla I Quadriennale nazionale d’arte di Roma e, l’anno seguente, aveva esposto a Milano, alla Galleria del Milione, insieme ad altri giovani pittori siciliani. Aveva intanto anche intrapreso un’attività di critico d’arte, collaborando con “L’Ora” di Palermo e nel 1934 era nuovamente tornato a esporre al Milione, assieme agli amici siciliani Nino Franchina, Lia Pasqualina Noto e Giovanni Barbera, il Gruppo dei quattro, che si era costituito fin dal 1933 nel suo studio palermitano, coltivando il comune proposito di uscire presto dai confini troppo angusti della patria isolana. Un’operazione che Guttuso riuscì rapidamente a realizzare prima a Roma attraverso prolungati e ripetuti soggiorni, durante i quali frequentò artisti come Corrado Cagli, Mario Mafai, Mirko Basaldella, Roberto Melli, Alberto Ziveri; poi a Milano. Nel capoluogo lombardo, arrivato nel 1935 come tenente di fanteria, strinse rapidamente amicizia con Raffaele De Grada e, per suo tramite, entrò in contatto con personaggi come Renato Birolli, Aligi Sassu, Giacomo Manzù, partecipando al clima di ricerca che si andava sempre più allargando rispetto al gusto novecentista e che consentì di creare le basi per la nascita, sul finire del decennio, di quel profondo rinnovamento espressivo prodotto dal movimento che si raccolse attorno alla rivista “Corrente di Vita giovanile”, con la quale Guttuso intrattenne solidi e fecondi rapporti.

Dell’esperienza di questo primo tempo, la mostra offre una sola ma illuminante testimonianza: Autoritratto con sciarpa e ombrello (1936), che delinea il perimetro di un nuovo campo di esplorazione. È tuttavia più avanti, nell’opera Fucilazione (sopra citata), che questo orizzonte si disegna più nettamente e insieme fa la sua prima eloquente apparizione quella vocazione dell’autore per una pittura di impegno civile, che tanta parte avrà nel suo percorso e che costituisce, per tale ragione, il vettore che ha guidato il progetto di questa mostra e disegnato il suo tracciato espositivo. È il tempo della guerra civile spagnola, il 1938, ed è alla Spagna che pensa Guttuso nell’ideare la sua opera; pensa a Federico Garcia Lorca, assassinato dalle milizie franchiste e a un quadro da tenere come modello, Le fucilazioni del 3 maggio, dipinto da Goya per condannare la repressione dei moti patriottici del 2 e 3 maggio 1808 da parte delle truppe napoleoniche di occupazione. L’opera ha dimensioni contenute e una fattura sciolta, una scrittura abbreviata e corsiva, una conduzione da “bozzetto”. Di vaste dimensioni è invece Fuga dall’Etna durante un’eruzione, la prima di una lunga serie di grandi opere che Guttuso comporrà di anno in anno, in appuntamenti quasi sempre puntualmente rispettati, per l’intero corso della sua esistenza di pittore. È «un grande dipinto di dichiarazione civile» ha rilevato Enrico Crispolti(*). Concluso l’impegno assorbente dell’esecuzione di Fuga dall’Etna, Guttuso si dedica, durante il 1940, a una serie di ritratti, di nudi e di nature morte di forte temperatura espressiva.

Tra il 1940 e il 1941 realizza poi una delle sue opere più note e importanti, la più esaltata e la più disprezzata alla sua prima apparizione: Crocifissione (preceduta da diversi studi e disegni preparatori).

Dopo questa impresa, nel 1942 l’artista si dedica alla realizzazione di un gruppo notevolissimo di quadri in cui sono rappresentati interni con nature morte e interni con figure. Opere dalla struttura “sinfonica” costruite su una complessa e articolata impalcatura spaziale e su ricercate scale cromatiche (Balcone e Donna alla finestra).


Marsigliese contadina (1947), Budapest, Szépmu˝ vészeti Múzeum.

Nel 1946 Guttuso si reca per la prima volta a Parigi e conosce di persona Picasso, un incontro molto atteso e desiderato, al quale l’artista arriva preparato dalla confidenza ormai ampiamente acquisita con il linguaggio e il repertorio immaginativo del maestro catalano; da questo viaggio Guttuso riporta in Italia una volontà ancora più motivata e determinata a esplorare a fondo le potenzialità espressive offerte dalla sintassi postcubista. Il 1946 è anche un anno chiave nella storia della nascita e della costituzione in Italia di un fronte “realista”, che vede Guttuso schierato in prima fila tra quanti individuano nel realismo una scelta di avanguardia, capace di ricomporre il distacco tra arte e pubblico. La via per fondare un nuovo realismo è il riferimento offerto proprio dall’arte di Picasso e in particolar modo da Guernica, esempio per attuare una saldatura fruttuosa tra la riformulazione strutturale del linguaggio pittorico e la volontà di rappresentare la realtà contemporanea. È quello che Guttuso si era già da qualche tempo avviato a fare ed è ciò che continuerà a realizzare dal 1946 al 1949. Il traguardo più alto raggiunto in quel periodo è Marsigliese contadina: una tarsia studiatissima di larghi piani di colore, che traducono spazio e azioni del corteo dei contadini in rivolta in un concerto dinamico di forme e geometrie che indossano sembianze di figura. A questi quadri di marcata ispirazione politica fa seguito nel 1953 un’opera di tutt’altra intonazione: Boogie- Woogie, dov’è ritratta la scena di un ballo scatenato tra giovani vestiti alla moda in un locale interrato in cui risalta Broadway Boogie-Woogie, la grande tela realizzata da Mondrian a New York tra il 1942 e il 1943, e il cui titolo Guttuso riprende per prestarlo al proprio dipinto. Altra grande opera, nella quale l’artista affronta nuovamente il tema del lavoro, del sacrificio e dello sfruttamento è Zolfara, di potente intensità cromatica e dove la materia della roccia si salda a quella dei corpi dei minatori, avvolgendoli in una sorta di cappio infernale.


Funerali di Togliatti (1972), Bologna, Mambo - Museo d’arte moderna di Bologna.

Negli anni Sessanta un avvenimento di rilievo interviene nella vita dell’artista. Nel 1966 Guttuso ottiene la cattedra di pittura all’Accademia di belle arti di Roma e per un biennio vi tiene l’insegnamento, in una stagione cruciale della battaglia portata avanti dal mondo studentesco contro la vecchia scuola e i consolidati nonché desueti sistemi di potere. Quando inizia a far lezione, Guttuso è un pittore ormai affermato ed è personalità considerata e ascoltata all’interno del Partito comunista italiano (di cui fa parte dal 1951). Dovrebbe essere un esponente del potere da combattere, una figura da contestare o della cui lezione quantomeno sospettare. Ma avviene il contrario e Guttuso non tarda molto a intessere con gli studenti un dialogo fertile e partecipe e a esprimere posizioni solidali nei confronti delle richieste che vengono dal movimento (Giovani innamorati e Gli addii di Francoforte). L’ultima opera in cui è così incisivo nell’artista l’impulso a raffigurare eventi e figure della storia del comunismo è Funerali di Togliatti del 1972. Un dipinto monumentale dove troviamo la solennità laica del rito, le passioni della militanza, il dolore del congedo, la comunanza delle idee, l’abbraccio tra le generazioni.

(*) E. Crispolti, Catalogo ragionato generale dei dipinti di Renato Guttuso, Milano 1983- 1989, vol. 1, p. CXX.


Questo testo è un estratto-sintesi del saggio di Pier Giovanni Castagnoli, pubblicato nel catalogo della mostra Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68 (Torino, Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, 23 febbraio - 24 giugno 2018), a cura di P. G. Castagnoli, Milano 2018.

Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68

Torino, Gam - Galleria civica d’arte moderna e contemporanea
fino al 24 giugno
orario 10-18, chiuso lunedì
catalogo Silvana Editoriale
www.gamtorino.it

ART E DOSSIER N. 354
ART E DOSSIER N. 354
MAGGIO 2018
In questo numero: MOSTRE D'ESTATE Guttuso a Torino, De Chirico a Rivoli, Arte e fascismo a Milano, Wolf Ferrari a Conegliano, Rodin a Treviso, High Society ad Amsterdam, Italia e Spagna a Firenze, Dürer a Milano. VILLA CARLOTTA Trecento anni di collezionismo. CAMILLE CLAUDEL Il genio, il dolore, la perdita.Direttore: Philippe Daverio