Studi e riscoperte. 5
Pistoia: i pulpiti scolpiti

PAROLE
DI MARMO

In alcune chiese pistoiesi si conservano taluni dei più importanti esempi rimasti di pulpiti scolpiti medievali. Un confronto tra alcune versioni di autori ed epoche diverse della stessa scena può accompagnarci in un viaggio visivo che ci porta alle soglie della Rinascita delle arti nella Toscana quattrocentesca.


Maria Cristina Masdea

tra le varie definizioni utilizzate per descrivere Pistoia nella sua identità culturale, una di cui i pistoiesi possono senz’altro andare fieri è quella di “città dei pulpiti”(*). All’interno di un breve percorso è possibile incontrare ben quattro pulpiti e i frammenti di un quinto, tutti realizzati in un arco di tempo compreso tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIV. Si tratta di un patrimonio raro, opera di artisti considerati tra i protagonisti dell’arte toscana del periodo, che attraverso i loro manufatti ci consentono di avvicinare la sensibilità e l’intensità religiosa di quei secoli lontani.

I cambiamenti liturgici che nel corso del tempo hanno modificato gli spazi interni degli edifici religiosi, soprattutto negli anni successivi al Concilio di Trento, hanno coinvolto profondamente la realtà dei pulpiti medievali, che hanno subito smontaggi, spostamenti e distruzioni. Questa sorte è toccata anche agli esemplari pistoiesi, giunti ai nostri giorni in condizioni mutate rispetto al loro assetto originario. Il caso più doloroso è senz’altro quello del pulpito della cattedrale di San Zeno, demolito nel 1558 nell’ambito di lavori di aggiornamento all’edificio e di cui si sono conservati solo pochi frammenti. Migliore sorte è toccata agli altri pulpiti, anch’essi oggetto di spostamenti e rimontaggi, ma che fortunatamente possiamo ancora ammirare negli edifici originari.


Un percorso di graduale umanizzazione e attenzione alla realt^ naturale

Erede dell’ambone, una semplice tribuna rialzata, nelle prime chiese luogo esclusivo della parola di Dio, il pulpito nel tempo ne ha modificato la funzione originaria, ponendosi al servizio non solo della lettura dei testi sacri ma anche del rapporto del celebrante con la comunità dei fedeli. La valenza simbolica e comunicativa di questo arredo liturgico trova riscontro nei pulpiti pistoiesi nella presenza di un ricco apparato decorativo e scultoreo che li trasforma in luoghi dal forte valore didattico. I vari artefici, ciascuno in relazione all’epoca e alle proprie capacità espressive, hanno posto la loro arte al servizio della chiarezza narrativa, dotando in alcuni casi i riquadri scolpiti di didascalie di accompagnamento.

Verificare come uno stesso soggetto sia stato affrontato nei quattro pulpiti superstiti può costituire un interessante percorso per comprendere la progressiva evoluzione del tema sia dal punto di vista del sentimento religioso che del linguaggio artistico.

In tutti gli esempi pistoiesi è presente la scena della Natività in una visione simultanea con il Bagno del Bambino - con il piccolo Gesù dunque raffigurato due volte -, secondo un’iconografia molto diffusa che affonda le sue radici nei Vangeli apocrifi.


Scuola di Biduino, pulpito (1193 circa), particolari, Pistoia, San Michele a Groppoli.

Con efficace essenzialità, nel pulpito di San Michele a Groppoli (nei dintorni della città), attribuito alla scuola di Biduino (1193 circa), le figure sono collocate le une sulle altre per piani paralleli, con in alto il Bambino, la stella cometa e un angelo; al centro la Vergine distesa addormentata sul giaciglio; sotto, Giuseppe seduto volge le spalle alla scena, mentre due nutrici fanno il bagno a Gesù, che non sembra un neonato ma un piccolo uomo.

Nel pulpito della chiesa di San Bartolomeo, riferito a Guido Bigarelli da Como (1239-1250), lo spazio prende una nuova forma e sul fondo appare una linea ondulata che rimanda a rilievi collinari. Il primo piano è occupato dalla Vergine adagiata all’interno di un ampio giaciglio, come una maestosa icona. Accanto a lei siede Giuseppe e nella scena del bagno una nutrice solleva il piccolo dall’acqua per consegnarlo all’altra.

La stessa iconografia si carica di un nuovo ordine nel pulpito in San Giovanni Fuorcivitas (1270), opera del domenicano fra Guglielmo.


Guido Bigarelli da Como, pulpito (1239-1250), particolari, Pistoia, San Bartolomeo.

L’artista crea una scena affollata, in cui si concentrano anche gli episodi dell’Adorazione dei magi e l’Annuncio ai pastori. Il Bambino è in braccio alla Vergine e si sporge in avanti per ricevere i doni portati dai magi. Nella scena del bagno il piccolo Gesù Bambino, in piedi e nudo nella vasca, ci ricorda uno dei tanti puttini che decorano i sarcofagi romani.

Il percorso di graduale umanizzazione e attenzione alla realtà naturale avviato nelle tre scene descritte trova il suo acme nel pulpito di Sant’Andrea di Giovanni Pisano (1301). L’artista raccoglie in un solo riquadro, accanto alla Natività e al Bagno del Bambino, anche le scene dell’Annunciazione e dell’Annuncio ai pastori. Come in Guglielmo lo spazio è affollato, ma l’aria che si respira è nuova. La Vergine stesa sul giaciglio si allunga per coprire con un lembo del lenzuolo il figlioletto, mostrando con il gesto affettuoso anche tutta la fatica e la sofferenza del parto. Nella grotta dove il Bambino è steso nella mangiatoia, l’asino e il bue sono animali “veri” che sembra di sentire alitare sul piccolo addormentato. La scena del bagno si trasforma in Giovanni in un inno alla tenerezza e alla vita: una nutrice versa l’acqua nella vasca e un’altra, mentre ne saggia la temperatura, sostiene nella mano libera con presa sicura un piccolo Gesù Bambino sgambettante.

Giovanni Pisano riesce a trasformare il marmo in materia viva, raccontando l’uomo nei suoi sentimenti più profondi. Non troviamo solo la tenerezza della Natività, ma anche la disperazione delle madri e la crudeltà dei carnefici nella Strage degli innocenti, il dolore e la paura nella Crocifissione, l’angoscia nel Giudizio finale. E poi la grazia ispirata delle sibille, la concentrazione grave dei profeti e l’eleganza nobile degli animali allegorici che fanno da base al pulpito. Sintesi e simbolo del suo realismo lirico sono alcune figure straordinarie come l’Adamo-Atlante che sostiene una delle colonne. Nello sforzo estremo che gli contrae le membra e si raggruma quasi nell’espressione del volto sembra sintetizzarsi tutta la fatica del vivere. L’altra faccia di tanta sofferenza è rappresentata dalla bellissima figura di Diacono collocata in alto in uno degli spigoli che separano un riquadro dall’altro. Il volto giovane e sereno, la fronte larga, lo sguardo intenso ci comunicano la forza e l’appagamento di chi ha raggiunto il proprio equilibrio. Questa magnifica figura ci traghetta come d’incanto a quel momento unico e irrepetibile che fu il Quattrocento fiorentino.

La fioritura artistica quattrocentesca, per la quale l’Italia è stata e rimane un faro di civiltà, trova i suoi germi nell’opera di alcuni maestri che ne hanno avviato il corso. Giovanni Pisano fu uno di questi e il pulpito di Pistoia l’esempio più alto e sublime della sua arte.



Giovanni Pisano, Natività e Bagno del Bambino.

Dettaglio della Natività


Raffigurazione di un diacono, tutti particolari del pulpito (1301), Pistoia, Sant'Andrea.

ART E DOSSIER N. 350
ART E DOSSIER N. 350
GENNAIO 2018
In questo numero: I DILEMMI DELL'ARCHITETTURA Modernismo e tradizione a Firenze; Sottsass: la fantasia della ragione; Analogie: forme da altre forme. IN MOSTRA Sottsass a Milano e Parma, Impressionisti a Londra; Canova e Hayez a Venezia, Bernini a Roma, Giorgione a Castelfranco Veneto.Direttore: Philippe Daverio