L’ARTE AZTECA

Nella società mexica gli artisti erano molto apprezzati, sia perché la loro attività ricalcava per certi versi la creatività degli dei,

sia perché nei rituali le loro opere si impregnavano dell’essenza delle divinità. Nel considerare l’arte azteca è inevitabile essere abbagliati dalla scultura, anche se bisogna riconoscere che il confronto tra le altre espressioni artistiche è reso problematico dal fatto che interi filoni sono stati completamente o quasi completamente cancellati: la pittura murale, gli ori, i tessuti, gli indumenti (costumi da guerra, abiti rituali ecc.) o ridotto a un numero troppo esiguo di reperti per fare confronti significativi. 

La pittura murale è senza dubbio il caso più clamoroso della cancellazione di un’intera branca dell’arte azteca. Rimangono solo alcune tracce evanescenti nell’area del Templo Mayor, a Tenayuca, a Malinalco ecc. Questi resti, in alcuni casi perfettamente studiati dal punto di vista tecnico, consentono solo di dire che gli Aztechi avevano continuato, come era logico aspettarsi, la tradizione delle culture precedenti dipingendo templi, edifici e sculture.


“Atlatl” (“propulsori”) cerimoniali dorati, probabilmente realizzati da artisti mixtechi per committenti aztechi; Roma, Museo delle Civiltà.


Chimalli di Yanhuitlan; Città del Messico, Museo Nacional de Antropología. È uno dei capolavori dell’oreficeria mixteca che ha realizzato anche molti degli ori aztechi combinando gli stilemi delle due culture.

Gli ori

Degli oggetti in oro e in metalli preziosi è rimasto ben poco, perlopiù si tratta di piccole figurine, sonagli, bottoni labiali, “narigueras” e altri ornamenti, che, in parte, peraltro, sono di cultura mixteca, dato che le élite di Tenochtitlan avevano gusti “internazionali” e amavano portare oggetti “importati”. 

Nella cultura azteca l’oro o le leghe di metalli preziosi erano utilizzati non solo per realizzare ornamenti ma anche maschere, che potevano essere collocate nelle tombe dei sovrani, placche con disegni e glifi e oggetti di grandi dimensioni. Come è noto nella cultura azteca l’oro era molto apprezzato perché era considerato il “sudore degli dei”. Era utilizzato nelle insegne che gli imperatori e i guerrieri di alto rango portavano in guerra, ma non era un bene di scambio, ruolo che invece svolgevano i semi di cacao. 

Tra i reperti più significativi arrivati fino a noi si possono segnalare le due lamine raffiguranti in modo sintetico e geometrizzante uno “xiuhcoatl” (“serpente di fuoco”), diversi bottoni labiali, tra i quali eccelle quello conservato a Torino a Palazzo Madama, in genere considerati mixtechi-aztechi, i propulsori ricoperti di lamine d’oro, i più belli dei quali sono conservati al MUCIV (Museo delle Civiltà) di Roma (due) e al MAE (Museo di Antropologia ed Etnologia) di Firenze (due), i primi sono considerati mixtechi-aztechi, mentre i secondi mixtechi.


Collana con conterie in oro a forma di carapace di tartaruga con campanellini; Washington, Dumbarton Oaks.

I tessuti e l'arte plumaria

Dei tessuti, vestiti e costumi da guerra e degli ornamenti dei sovrani non è rimasto nulla. Si può avere un’idea della bellezza e dello sfarzo che li caratterizzava solo dalle immagini e dalle informazioni dei codici. Tra i più importanti si devono segnalare: la corona-diadema di turchesi degli imperatori, i costumi dei guerrieri, soprattutto quelli dei guerrieri-aquila e dei guerrieri-giaguaro, e le varie tipologie di mantelli, tra i quali emergono quelli azzurri, che erano indossati in rituali associati a diverse divinità. Essi potevano essere decorati con la tecnica del “tie-dye” e/o cucendo sul tessuto centinaia di penne azzurre di cotinga. 

Nel caso dei mantelli “scampanellanti” le penne di cotinga potevano essere integrate o sostituite da centinaia di conterie di turchese. In questo caso, quando il re o il sacerdote che lo indossava si muoveva, le conterie, urtandosi tra loro, producevano un suono simile alla pioggia. 

L’arte plumaria aveva un ruolo di primissimo piano perché gli Aztechi, come molte altre popolazioni dell’America preispanica consideravano le penne come un significante di primo piano, oltre che un bene di enorme valore. I reperti che si sono salvati dallo scorrere del tempo e dall’incuria degli uomini, sono pochissimi. Tra questi il più importante è il “Penacho di Motecuhzoma” (1510?-1519), un ornamento per il capo conservato al Weltmuseum di Vienna. Si tratta di uno dei pezzi più famosi della cultura azteca. Il nome con cui è conosciuto a livello internazionale è alquanto fuorviante, perché non c’è nessuna prova che abbia avuto un qualche rapporto con imperatore che ricevette Cortés, tanto più che anche gli alti esponenti della nobiltà e i sacerdoti usavano nei rituali reperti del genere. È costituito da due pezzi sovrapposti di penne verdi di quetzal e di altri uccelli (quelle blu sono di cotinga) legate su sottili bastoncini fissati su reti di cotone e altre fibre che al contempo danno stabilità e flessibilità. Sul “penacho” si trovano inoltre millecinquecentoquarantaquattro piccoli elementi metallici, i più visibili sono centonovantaquattro dischi e trentasette elementi semilunati d’oro, che in parte sono il risultato di integrazioni (con pezzi di ottone) fatte durante il restauro del 1878. Sembra che originariamente avesse al centro un becco d’uccello d’oro. I due pezzi, soprattutto il più grande, si possono aprire e chiudere come un ventaglio. Sulla provenienza e sulla sua funzione si è molto discusso. L’unica certezza è che non veniva portato completamente aperto e “piatto” come lo vediamo nelle foto, ma con le estremità laterali che scendevano dietro la testa.


Nezahualpilli, re di Texcoco con un “xiuhtilmatli” (“mantello di turchesi”), dal Codex Ixtlilxochitl; Parigi, Bibliothèque Nationale de France.


“Penacho di Motecuhzoma” (1510? - 1519); Vienna, Weltmuseum Wien.

Oltre al “penacho” si devono ricordare anche quattro scudi decorati a mosaico di penne: 1) lo Scudo di Ahuitzotl, che rappresenta l’animale mitico da cui il predecessore di Motecuhzoma Xocoyotl prese il nome; 2) i due scudi con motivi geometrici del Landesmuseum di Stoccarda; 3) lo scudo del Castello di Chapultepec, che l’arciduca d’Austria Massimiliano I riportò in Messico, di cui allora era re, nel 1865. 

A questi si deve aggiungere il ventaglio del Weltmuseum di Vienna, che potrebbe essere stato realizzato nei primissimi anni dopo la Conquista. Oltre a queste opere è doveroso ricordare che nei musei e nelle chiese europei si conservano molti altri reperti decorati (ma sarebbe più corretto scrivere dipinti) a mosaico di penne. Qui, tuttavia, non sono presi in esame non tanto perché sono il risultato della committenza spagnola ma perché essi presentano temi (in genere di tipo religioso) e stilemi completamente europei. Fa eccezione il copricalice del MNA (Museo Nacional de Antropología) di Città del Messico perché riprende e riunisce elementi vagamente preispanici in modo che gli indigeni vedessero un’immagine non troppo diversa dalla loro tradizionale iconografia. E dato che è raffigurato un motivo anche acquatico si potrebbe pensare che il committente volesse rappresentare l’acqua del battesimo. 

Si può, infine, segnalare che questa tecnica dell’arte plumaria fu esportata anche nel Perù coloniale e in Italia, dove negli anni precedenti il 1618, un certo Dionisio Minaggio, che probabilmente era stato in Messico, “dipinse” un “libro di piume” con centocinquantasei tavole.


Scudo di Ahuitzotl; Vienna, Weltmuseum Wien.


Nezahualcoyotl, re di Texcoco in battaglia, dal Codex Ixtlilxochitl, f. 106r; Parigi, Bibliothèque Nationale de France.

ARTE AZTECA
ARTE AZTECA
Antonio Aimi
La nascita, lo sviluppo del più grande impero della Mesoamerica e la sua tragica fine per mano degli spagnoli nel XVI secolo. La storia di una civiltà vissuta più di duemila anni, complessa e ancora oggi misteriosa per il suo sistema sociale, la sua lingua e la sua cultura. Le vicende di un popolo antichissimo che ha immaginato forme artistiche e tecniche che hanno influenzato profondamente anche l’Occidente. Questo dossier racconta l’arte degli Aztechi dall’architettura dei grandi templi piramidali alla ceramica e all’oreficeria, passando per la grande varietà di sculture legate alle credenze religiose, alla mitologia, al simbolismo cosmico e alla peculiare visione del mondo di quel popolo.