Grandi mostre. 4
HILMA AF KLINT E PIET MONDRIAN A LONDRA

RENDERE VISIBILE
L’INVISIBILE

NELL’ASTRATTISMO TROVA SPAZIO UN ACCOSTAMENTO SINGOLARE: L’OLANDESE MONDRIAN E LA SVEDESE AF KLINT. VISSUTI NELLA STESSA EPOCA, SENZA MAI INCONTRARSI E SENZA AVER MAI VISTO LE RISPETTIVE OPERE, ENTRAMBI HANNO INDIRIZZATO LA LORO RICERCA VERSO L’ESSENZA DELLE COSE, A PARTIRE DALLA NATURA.

Valeria Caldelli

«Voglio arrivare il più vicino possibile alla realtà ed estrarre da questa il contenuto, fino a raggiungere l’essenza delle cose». Lo scrive Mondrian nel 1914 in una lettera a Henk Bremmer, pittore e critico d’arte olandese. Pochi anni più tardi nei suoi quadri prendono forma le celebri griglie definite da linee che si intersecano, dapprima nere e poi caratterizzate dai colori primari: rosso, giallo e blu. Opere fredde e volutamente piatte, alla ricerca della sintesi e del “cuore” spirituale della persona e di tutto ciò che è intorno. Così, nella storia dell’arte, Mondrian si è guadagnato il riconoscimento di padre dell’astrattismo geometrico, stile nato da una meditata ricerca filosofica e matematica che ha dato i natali al neoplasticismo e all’architettura purista. Nel mondo dell’astrattismo, dove, oltre a Mondrian, trovano posto Kandinskij, Klee, Malevič, Kupka e altri avanguardisti dei primi anni del Novecento, aleggia da qualche tempo una figura particolare e ancora poco nota, quella della pittrice svedese Hilma af Klint, conosciuta nel suo paese come ritrattista e paesaggista, ma autrice anche di una serie di opere lontane dalla realtà visibile, dipinte in stato di trance durante sedute spiritiche e mai mostrate in pubblico. Non solo, ma per sua esplicita richiesta alla famiglia quei dipinti dovevano restare nascosti fino ad almeno venti anni dopo la sua morte, tanto è vero che sono “tornati alla luce” solo negli ultimi decenni. Il linguaggio di Af Klint non è geometrico, ma semmai più vicino all’Art Nouveau, tutto impostato su forme rotondeggianti e spirali. Certamente, però, le sue immagini astratte sono precedenti allo stile di Mondrian e dello stesso Kandinskij, quest’ultimo riconosciuto come il fondatore di quell’esperienza artistica (l’astrattismo appunto) del XX secolo. Se la critica si interroga sul “posto” da assegnare alla pittrice svedese nel casellario della storia dell’arte, una mostra alla Tate Modern di Londra centra l’attenzione sul dialogo a distanza tra i due artisti e su quella ricerca interiore che li fece approdare all’astrattismo, pur senza influenzarsi mai direttamente. Infatti, Piet Mondrian e Hilma af Klint, pur vivendo nell’identico periodo storico (entrambi morirono nel 1944, il primo a settantadue anni, la seconda a ottantadue), non si incontrarono mai, né mai ebbero modo di vedere le rispettive opere. Tutti e due, però, iniziarono la loro carriera come paesaggisti e tutti e due elaborarono più tardi un linguaggio particolare, avulso dalla realtà, ma sempre alla ricerca di una connessione con il mondo che li circondava. «Guardare la storia della pittura astratta attraverso le lenti del lavoro di questi due artisti significa spostare l’attenzione al ruolo della rappresentazione della natura nell’arte moderna», si legge nell’introduzione al catalogo dell’esposizione londinese. Aggiunge la curatrice Nabila Abdel Nabi: «Anziché vedere la pittura astratta da loro prodotta come una violenta reazione alla natura, esploriamo nella mostra il modo in cui essi erano alla ricerca di nuove forme artistiche proprio come modo di pensare attraverso la natura».


L’ALBERO SEMBRA ESSERE UN PUNTO FONDAMENTALE DEL PERCORSO DI ENTRAMBI GLI ARTISTI, COSÌ COME I FIORI


Hilma af Klint, Il cigno, serie Suw, gruppo IX, n. 17 (1914-1915), Stoccolma, Hilma af Klint Foundation presso il Moderna Museet, come tutte le opere dell'artista riprodotte in questo articolo.


Hilma af Klint, Disegno botanico (1890 circa).

Con le oltre duecentocinquanta opere esposte – dipinti, disegni, lettere, quaderni di appunti – Hilma af Klint & Piet Mondrian: Forms of Life vuole dimostrare che l’astrattismo non fu una fuga dalla realtà, ma piuttosto un metodo per cercare ciò che è racchiuso nella natura e per rendere quindi visibile l’invisibile. In fondo, la scienza e la tecnica del tempo ci erano già riusciti. La scoperta dei raggi X, quella della radioattività e dell’elettrone, i primi passi della teoria dei quanti, la pubblicazione della teoria della relatività di Einstein e la stessa nascita della psichiatria avevano incrinato la fiducia nella capacità di vedere il mondo solo con i propri occhi, rivelando ciò che fino a quel momento era rimasto nascosto. Per questo, l’esoterismo e l’occultismo si diffusero rapidamente non come pratiche contro le scoperte scientifiche, ma come mezzi per guardare dentro quel nuovo mondo. Non è un caso che sia Af Klint sia Mondrian avessero entrambi aderito alla Società teosofica, un organismo internazionale che riconosceva l’uguaglianza tra uomo e donna e si occupava di investigare le leggi occulte della natura. Hilma af Klint si era iscritta nel 1904 alla loggia di Stoccolma, Mondrian si iscriverà nel 1909 a quella di Amsterdam. Così anche nell’arte, anziché copiare la realtà, si cominciò ad andare alla ricerca dell’assoluto e dell’armonia universale, secondo i principi della teosofia.

Certo, il processo di Mondrian per arrivare all’astrazione è complesso e passa attraverso il realismo, il simbolismo e il cubismo. Ma le opere giovanili dell’artista, come Paesaggio serale con mucche e Pagliaio dietro una fila di salici, dimostrano il suo solido legame con la pittura figurativa. Legame che poi si evolve verso il dissolvimento completo della forma, trasformata in linee e griglie.

Le opere astratte di Hilma af Klint sono invece prodotte, almeno nella prima fase, in una condizione di incoscienza durante la quale l’artista, tornata in sé dallo stato di trance, credeva di essere stata guidata dagli spiriti e di essere stata lei stessa un mezzo attraverso il quale questi comunicavano le verità assolute. In mostra varie versioni dell’Albero della conoscenza e la serie I dieci più grandi, un gruppo di tele gigantesche in cui Af Klint ha esplorato l’intero ciclo della vita umana, dall’infanzia alla vecchiaia, tele che avrebbero dovuto essere esposte in un tempio, però mai costruito.

Diversamente da quello di Mondrian, il suo è un linguaggio simbolico che proviene direttamente dall’occulto e che resterà sempre parallelo alla pittura di paesaggi, come due rette che non si incontrano mai.

Anche Mondrian, tuttavia, è profondamente influenzato dalle dottrine esoteriche. Pur non esistendo nell’arte uno stile teosofico, è proprio la teosofia che gli ha offerto la possibilità di generare i suoi modelli di pensiero. E ancora una volta il processo parte dalla scienza. L’origine delle specie, con la sua rivoluzionaria teoria evolutiva, viene pubblicata da Darwin nel 1859. La teosofia, allora, si prenderà il compito di elaborare un concetto di evoluzione da applicare non più alle mutazioni biologiche, ma all’anima, perché questa possa raggiungere forme sempre più pure. Così, nel trittico Evoluzione, Mondrian trasforma la donna umana dei pannelli laterali nell’entità androgina e luminosa dell’immagine centrale, entità che si è liberata dal mondo per raggiungere la spiritualità. Con il medesimo intento la pittrice svedese, in opere quali Evoluzione e Il cigno, simbolizza astrattamente una serie di metamorfosi, che spesso si concludono con una lumaca, animale ermafrodita che condensa le caratteristiche del maschio e della femmina avvicinandosi quindi alla perfezione assoluta.

Quella della Tate Modern è una mostra ambiziosa e complessa che svela alcuni aspetti poco noti dello stesso Mondrian e mette a fuoco elementi rimasti fino a oggi in ombra del difficile processo che ha portato all’astrazione.


Piet Mondrian, Amarillo rosso su sfondo blu (1909-1910).


Piet Mondrian, L’albero rosso (1908-1910), L'Aja, Kunstmuseum Den Haag.


Piet Mondrian, Pagliaio dietro una fila di salici (1905 circa), L’Aja, Kunstmuseum Den Haag.

Piet Mondrian, Composizione a colori A (1917), Otterlo, Kröller-Müller Museum.


Hilma af Klint, Albero della conoscenza, serie W, n. 1 (1913-1915).

«L’entusiasmante insieme di forme organiche di Af Klint può sembrare più sorprendente perché la sua opera è molto meno conosciuta», si legge nel catalogo. «D’altra parte ugualmente straordinarie appaiono le prime opere figurative di Mondrian, che gettano nel caos le comuni convinzioni sui dipinti classici dell’artista». La serie degli alberi dipinti da Mondrian tra il 1908 e il 1912 (L’albero rosso, L’albero blu, Melo in fiore) rivelano in modo chiaro come in pochi anni la sua trasformazione dell’oggetto si sia tramutata in un rapporto di linee e piani, tanto che i rami del melo ci preannunciano già l’intersecarsi delle sue griglie. L’albero sembra essere un punto fondamentale del percorso di entrambi gli artisti, così come i fiori. Stupisce vedere nella mostra quante volte Mondrian abbia dipinto fiori – ritratti in un centinaio di opere in tutta la sua vita –, anche dopo aver “scoperto” l’astrattismo e anche senza averne avuto richiesta da privati e quindi senza interessi economici. Lui, comunque, non dipingeva mai mazzi di fiori, ma solo steli, come Amarillo rosso su sfondo blu, mentre Af Klint si dedicava soprattutto a immagini botaniche, come Fiori di melo e Disegno botanico. Nonostante le differenze nelle rappresentazioni dei due artisti, è certo che la vicinanza con la natura è per loro fondamentale e permane durante tutta la loro carriera. Al punto che la Tate Modern si spinge fino a sfiorare una interpretazione ecologica probabilmente eccessiva, visto che ci riferiamo ai primi anni del Novecento, leggendo nei due artisti quasi un’empatia con il delicato sistema di vita dell’universo e una consapevolezza di quei problemi che oggi tanto ci affliggono.


Piet Mondrian, Evoluzione (1911), L’Aja, Kunstmuseum Den Haag.

Hilma af Klint & Piet Mondrian: Forms of Life

a cura di Frances Morris, Nabila Abdel Nabi, Briony Fer, Laura Stamps,
Amrita Dhallu
Londra, Tate Modern
dal 20 aprile al 3 settembre
orario 10-18
catalogo Tate Publishing
www.tate.org.uk

ART E DOSSIER N. 409
ART E DOSSIER N. 409
MAGGIO 2023
In questo numero: STORIE A STRISCE: Il papà di Pimpa e Cipputi di Sergio Rossi; BLOW UP: Newton, l’elegante provocatore Erwitt, l’ironico osservatore di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - Pistoletto a Roma - Nella bellezza tutto si rigenera di Ludovico Pratesi ; GRANDI MOSTRE. 2 - Lucio Fontana a Firenze - Contemplando l’infinito di Lauretta Colonnelli...