il nuovo queens
museum

Cristina Baldacci

Ci sono voluti circa quattro anni e sessantanove milioni di dollari per ultimare la ristrutturazione del Queens Museum di New York, che ha riaperto a novembre scorso raddoppiando, su progetto dello studio londinese Grimshaw Architects, lo spazio espositivo – oggi diventato pari a 9.754 metri quadrati – e alleggerendo l’austera facciata in muratura degli anni Trenta con luminosi pannelli di vetro che permettono il dialogo tra interno ed esterno. Il restauro è stato documentato in tempo reale da una serie di fotografe scattate da Jeff Chien-Hsing Liao, giovane artista originario di Taiwan che vive nel Queens, a cui il museo dedica fino al 19 gennaio una personale.

L’edificio del Queens Museum, costruito come padiglione per la World’s Fair del 1939 da Amyr Embury II – uno degli architetti che con Robert Moses rinnovò ponti, tunnel, parchi e aeroporti newyorchesi a metà del secolo scorso –, ha una lunga storia. Prima di diventare museo nel 1972, fu sede delle Nazioni Unite in anni cruciali (1946-1950), cioè quando, nel dopoguerra, si decisero le spartizioni di Corea e Palestina e la fondazione dell’UNICEF, e ospitò di nuovo la World’s Fair nel 1964. Situato in un quartiere che è uno dei più vivaci “melting pot” di New York – l’area attorno al Flushing Meadows Corona Park nel Queens –, dalla sua creazione, il museo è sempre stato attento a rappresentare un ampio numero di culture e a coinvolgere attivamente la comunità nel suo programma espositivo e didattico (è stato, per esempio, il primo museo americano a ingaggiare “terapisti dell’arte”).

Oltre a mostre temporanee, il Queens Museum ospita stabilmente due importanti collezioni: quella delle due già citate World’s Fair del 1939 e del 1964, che tra i numerosi documenti, oggetti di arte applicata e “mirabilia” conta anche una copia in scala reale della Pietà di Michelangelo, e la Collezione Neustadt di vetri e lampade Tiffany (agli inizi, le fornaci e gli studio di Tiffany erano situati proprio nel Queens).

Quest’anno, al già denso calendario di mostre ed eventi organizzati dal museo dopo la riapertura, si aggiungerà la celebrazione dei cinquant’anni trascorsi dalla World’s Fair del 1964, che si è ritagliata un posto nella storia delle arti per la presenza di due eccezionali installazioni: il Panorama di New York costruito da Robert Moses, che a oggi è ancora la “maquette” architettonica più grande al mondo – misura infatti 867 metri quadrati ed è un accuratissimo prospetto tridimensionale di tutti gli edifici che formano i cinque distretti cittadini –, e quei Thirteen Most Wanted Men che Andy Warhol ideò come seconda pelle per la facciata del New York State Pavilion disegnato da Philip Johnson.

Alla prima opera, che fa parte della sua collezione, il Queens Museum dedica la collettiva Bringing the World into the World (dal 7 giugno al 12 ottobre), alla seconda un’altra mostra (dal 20 aprile al 7 settembre) che ne racconta la storia: dalla censura avvenuta pochi giorni dopo l a sua presentazione, quando alle guardie della fiera fu ordinato di sovradipingere con vernice grigia i volti in bianco e nero dei “tredici uomini più ricercati” di allora, alla serie di dipinti che Warhol realizzò poco dopo, trasformando quei volti criminali in icone pop contemporanee.

Queens Museum
New York
www.queensmuseum.org

ART E DOSSIER N. 306
ART E DOSSIER N. 306
GENNAIO 2014
In questo numero: MANIERISMI E SEX APPEAL Quando l'eros insidia lo stile, dal Primaticcio a Balthus, dal mito di Leda a Benton all'arte contemporanea. IN MOSTRA: Fornasetti, Renoir.Direttore: Philippe Daverio