Storie a strisce

vivere in
unastoria

di Sergio Rossi

Dopo cinque anni di silenzio, Gipi torna al fumetto con il nuovo graphic novel Unastoria, una profonda riflessione sul proprio essere autore

«Dammi risposte concrete». Con questo incipit da manuale si apre Unastoria (128 pagine a colori, Coconino Press), il nuovo graphic novel di Gipi (al secolo Gianni Pacinotti) costruito su una narrazione parallela. Da una parte la storia di Silvano Landi, scrittore in crisi ricoverato in un reparto psichiatrico, dall’altra il suo bisnonno Mauro, soldato nella prima guerra mondiale (di cui l’anno prossimo ricorrono i cento anni dallo scoppio), nascosto in una buca sotto un albero secco nella terra di nessuno insieme a un commilitone ferito mentre i nemici li stanno cercando per dare loro il colpo di grazia. Due gli elementi che fanno da ponte tra i due protagonisti: le lettere alla moglie del bisnonno dal fronte che il Landi legge e dalle quali tenta di trarre ispirazione per il nuovo romanzo che non riesce a concludere, e l’albero secco che, al pari del monolite nero di 2001 Odissea nello spazio di Kubrick, li mette in contatto tagliando le barriere spaziotemporali che li separano. Leggendo le date in epigrafe in ultima pagina, viene subito da accostare la figura di Landi a quella dello stesso autore: non solo per la coincidenza anagrafica, entrambi hanno cinquant’anni, ma anche, come ha detto lo stesso Gipi in occasione della presentazione del suo libro a Lucca Comics&Games 2013, perché si è trovato anche lui nella condizione di non riuscire più a scrivere e a disegnare una storia a fumetti. Era bloccato, finché un giorno, invece di avvicinarsi al tavolo del computer per giocare alla solita partita a World of Warcraft, ha scritto le prime tre parole dell’incipit che apre le centoventi tavole di questo romanzo grafico che segue a cinque anni di distanza quello che gli aveva aperto la strada della fama, quel LMVDM. La mia vita disegnata male, e che ne chiude idealmente la parabola autobiografica per aprire, a lui autore come a noi lettori, nuove strade narrative. Definito dallo stesso Gipi «il mio libro più paraculo», LMVDM è il racconto delle sue idiosincrasie e paranoie. Fin qui niente di strano: la letteratura e il cinema, uno per tutti Woody Allen, hanno raccontato questo stesso soggetto fino allo sfinimento. Nel fumetto, pardon, nel graphic novel, questo genere è piuttosto recente e visto spesso come l’ultima spiaggia per chi non ha altre storie da raccontare. Per questo che se a molti LMVDM è sembrato un capolavoro assoluto, ad altrettanti è sembrato un racconto “troppo facile” per uno come Gipi che, in mancanza di una “vera” storia da raccontare, ha usato il proprio talento innato di entrare in empatia con il lettore anche con un semplice schizzo per raccontare solo se stesso. Con l’insuccesso del film L’ultimo marziano (2011), tratto dal graphic novel Nessuno mi farà del male di Giacomo Monti (edito da Canicola nel 2010), sembrava che Gipi fosse arrivato al capolinea di una straordinaria stagione creativa che si era aperta con i racconti di Esterno notte (Coconino Press, 2003) e poi continuata con libri come Appunti per una storia di guerra (Coconino Press, 2004), S. (Coconino Press, 2006) e capolavori come Hanno ritrovato la macchina (Coconino Press, 2006; oggi con Gli innocenti nel volume Baci dalla provincia, Coconino Press, 2013).

E invece per nostra fortuna il capolinea si è dimostrato solo un’altra partenza. Silvano Landi, come il bisnonno Mauro, attraversa il proprio inferno per approdare non tanto a una risoluzione quanto a un’accettazione dei propri limiti e delle proprie paure: nel bisnonno è quella di non tornare a casa, per Landi di non essere all’altezza di saper scrivere una nuova opera. Che poi sono la stessa paura, perché per un autore la propria casa sono le storie in cui abita e attraverso le quali guarda il mondo, spesso senza sapere perché. Difficile, anzi, impossibile spiegare perché si sceglie proprio quel distributore di benzina o quell’albero secco come stella polare del proprio racconto. Bisogna raccontarlo, e nient’altro. Come i terribili atti che il bisnonno ha realmente commesso al fronte per tornare vivo a casa; gli stessi che, per poterli accettare, devono essere trasfigurati nelle bellissime lettere alla moglie: quindi, in una parola, raccontati. Poi, che ognuno interpreti come vuole.

L’importante è tornare a casa, nella propria storia.


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ART E DOSSIER N. 306
ART E DOSSIER N. 306
GENNAIO 2014
In questo numero: MANIERISMI E SEX APPEAL Quando l'eros insidia lo stile, dal Primaticcio a Balthus, dal mito di Leda a Benton all'arte contemporanea. IN MOSTRA: Fornasetti, Renoir.Direttore: Philippe Daverio