Grandi mostre. 3
RUBENS A GENOVA

un trionfale
ritorno a casa

Il rapporto di Rubens con la superba, da lui amata e visitata tra il 1600 e il 1607 anche al seguito del duca di Mantova, Vincenzo i Gonzaga, è il fulcro dell’esposizione a palazzo ducale. un percorso, qui descritto dalla co-curatrice, con diversi capolavori del pittore fiammingo e con dipinti di maestri che lui vide e studiò.

Anna Orlando

«Nobile di maniere ed abiti, solito portare una collana d’oro al collo e cavalcare per la città come gli altri cavalieri e persone di titolo». Così Pietro Paolo Bellori scrive nel 1664 di “Pietro Paolo” Rubens (1577-1640). A distanza di oltre sessant’anni dalla sua «peregrinatione Italica», come la definisce lui stesso, si era tramandata la memoria della figura autorevole ed elegante del nuovo pittore di corte del duca Vincenzo I Gonzaga. Da Mantova, appena possibile, Rubens si spostava per studiare, copiare, guardare. Era il sogno di tutti i pittori fiamminghi intorno ai vent’anni.

Rubens, nato a Siegen in Germania ma cresciuto ad Anversa, ne ha quasi ventitre quando ottiene il certificato di buona salute per intraprendere il viaggio in Italia. Non era banale attraversare le Alpi. La primavera inoltrata era ovviamente la stagione migliore. Eccolo dunque nel maggio del 1600 prendere la via di Fontainebleau, per poi arrivare a Verona. Venezia è a due passi. Le grandi tele coloratissime di Tiziano e Veronese… un sogno che si avvera.

A Mantova, intanto, al Gonzaga paiono non bastare le sublimi doti di ritrattista di Frans Pourbus il Giovane, già a corte. La notizia del talento di Rubens doveva averlo preceduto. Passano poche settimane e la promessa di uno stipendio fisso convince il pittore ad accettare il nuovo impiego. Non erano molti 400 ducati, pari a 300 scudi. Per avere un’idea, avrebbe dovuto lavorare sei anni e mezzo per pagare una lunga collana di perle come quelle che dipingerà sugli abiti scintillanti delle genovesi durante i suoi successivi soggiorni nella Superba. Ma si accontenta, perché in quella corte si conserva la più ricca collezione artistica della penisola, fatta eccezione forse solo per quella papale a Roma.


IL GIOVANE SI PRESENTA BENE, PARLA L'ITALIANO, IL FRANCESE, IL LATINO

 
Il giovane si presenta bene. Parla l’italiano, il francese, il latino. Non deve stupire se lo troviamo sempre al seguito del suo duca quando viaggia, né che gli vengano affidati incarichi diplomatici. Queste sono le ragioni delle sue prime visite a Genova. E di questo rapporto stretto con la città e i suoi intraprendenti abitanti racconta la mostra Rubens a Genova: una narrazione che si sviluppa attraverso non solo i capolavori dipinti dal fiammingo per i genovesi, ma anche opere di altri maestri attivi, prima e dopo di lui, che egli ha studiato o, viceversa, che non possono prescindere dalle sue innovazioni. Racconta ciò che il maestro nordico vede e perché se ne innamora, al punto da pubblicare a proprie spese, una volta tornato in patria, esattamente quattrocento anni fa, il libro Palazzi di Genova, con i rilievi di prospetti, piante e sezioni di un’antologia di edifici che potevano fungere da modello per la crescente borghesia d’Europa. Non erano regge, ma «fabbriche bellissime e comodissime, a proporzione più tosto de famiglie benché numerose di Gentiluomini particolari, che di una Corte d’un Principe assoluto».


Ercole nel giardino delle Esperidi riceve la tunica inviata da Deianira (1635-1638 circa), Torino, Galleria sabauda.

Quella capitale commerciale e finanziaria del Mediterraneo, gemella della sua Anversa, era una vera meraviglia. Si sentiva parlare in tutta Europa della patria del generale Ambrogio Spinola, al servizio degli arciduchi Alberto e Isabella d’Asburgo e vittorioso a Ostenda nel 1603.

 
Da tempo si sapeva che le dame erano speciali: «Grande è la libertà delle donne in questa città, tanto che, se qualcuno chiamasse Genova paradiso delle donne, non cadrebbe in errore», scriveva Enea Silvio Piccolomini, futuro papa Pio II, nel 1432. Ai tempi di Rubens poco era cambiato. Nel 1602 c’è chi appunta, in un prezioso diario manoscritto conservato all’Archivio storico del Comune, che «le donne portano ori, e gioie senza alcun ritegno».

 
Chi passava da Genova in quel momento, per esempio monsignor Giovan Battista Agucchi, al seguito del cardinale Pietro Aldobrandini nel 1601, doveva constatare che «in pochi luoghi d’Italia […] si trovano gli ori, gli argenti, le gioie e drappi e le ricche suppellettili che si vedono qui, oltre li palazzi et habitationi regie, che non hanno paro altrove, ma soprattutto l’abbondanza del denaro contante».


Giovanna Spinola Pavese (1604-1605 circa), Bucarest, Mnar - Muzeul Naţional de Artă al României.


Violante Maria Spinola Serra (1606-1607 circa), Buscot Park, Oxfordshire, Faringdon Collection Trust.

Ricchezza e bellezza, dunque. Tutto ciò che piaceva a Vincenzo I Gonzaga, che già nell’ottobre del 1600 porta con sé Rubens a far visita ai genovesi; una tappa consueta per lui, sulla via verso i suoi feudi nel Monferrato. Aveva da poco assistito insieme al suo nuovo pittore di corte al matrimonio della cognata a Firenze, Maria de’ Medici novella regina di Francia. Dopo dieci giorni di festeggiamenti s’imbarca a Livorno verso Genova.


QUELLA CAPITALE COMMERCIALE E FINANZIARIA DEL MEDITERRANEO, GEMELLA DELLA SUA ANVERSA, ERA UNA VERA MERAVIGLIA

 
Il duca fa i bagni di mare e chiede che vi siano «dame per ricreazione dell’animo». Rubens ammira, prende appunti e s’intrattiene con i poeti e i letterati. Per esempio con il giovane Gio. Vincenzo Imperiale che è probabilmente il suo primo committente per la realizzazione di un Compianto di Venere e Adone, il cui originale è disperso, ma che è noto attraverso la copia antica esposta in mostra, e il monumentale Ercole e Onfale del Louvre. Realizzate nei primissimi anni del secolo, sono le prime di molte opere destinate alle case dei genovesi. Ma anche tra le poche, probabilmente, che gli furono davvero pagate.


San Sebastiano medicato dagli angeli (1615 circa).

Come era consuetudine del tempo, Vincenzo I Gonzaga si scambia omaggi con le corti. Lo fa con quella di Madrid, incaricando Rubens di accompagnare un ricco carico di opere d’arte e di dipingere per il potente duca di Lerma. Lo fa credibilmente con i suoi banchieri: non basta più ripagare i debiti con un feudo. Il ritratto di una delle loro belle mogli, nipoti, figlie o nuore poteva essere una soluzione ottima per imbonirli. Ed ecco che nei saloni dei suoi due banchieri-feudatari Nicolò Pallavicino e Geronimo Serra, ai quali doveva sempre più denaro, giungono nel giro di pochi anni diversi ritratti. Sono i capolavori che si conservano oggi in grandi collezioni e musei europei. Alcuni a Genova, temporaneamente alla mostra di Palazzo ducale, vero evento di questo entusiasmante ritorno a casa.

LA MOSTRA
Rubens a Genova, a cura di Nils Büttner e Anna Orlando (Genova, Palazzo ducale, fino al 22 gennaio 2023, orario 9-19; lunedì 14-19; venerdì 9-21; sabato 10-20; domenica 10-19; www.palazzoducale.genova.it), è prodotta dal Comune di Genova, da Palazzo ducale Fondazione per la cultura e da Electa grazie allo sponsor unico Rimorchiatori Riuniti.
Centoventi opere da musei e collezioni private italiane ed europee; oltre venti opere di Rubens protagoniste delle sedici sale dell’Appartamento del doge, dove si snoda un percorso ricco di dipinti, accessori del lusso, grandi volumi miniati, sculture e arredi. Catalogo Electa.

Tre donne con puttini all'aperto (Le tre Grazie, 1633-1635 circa), Milano, pinacoteca del Castello sforzesco.

ART E DOSSIER N. 403
ART E DOSSIER N. 403
NOVEMBRE 2022
In questo numero: STORIE A STRISCE -  Nuove speranze per il fumetto di Sergio Rossi; BLOW UP: Civilization di Giovanna Ferri; GRANDI MOSTRE. 1 - L’arte inquieta a Reggio Emilia - Una, nessuna, centomila identità di Giorgio Bedoni; 2 - Cézanne a Londra - Da una mela partì la sua sfida di Valeria Caldelli; ....