XX secolo
Tonino Guerra

L’HIMALAYA
DELLA MIA INFANZIA

Sceneggiatore, poeta e artista, il romagnolo Tonino Guerra, dopo molti anni di lavoro a Roma con registi come Fellini, De Sica e Antonioni, era tornato nella sua terra natia. A Pennabilli (Rimini) passa gli ultimi vent’anni di vita. Quel borgo e i vicini dintorni ci parlano di lui.

Marta Santacatterina

C’è un fiume che nasce dal monte Zucca, in provincia di Arezzo, e scorre nei territori del Montefeltro e poi della Romagna fino a riversarsi nell’Adriatico dopo aver attraversato Rimini: è il Marecchia, e dall’alto osserva quel corso d’acqua il borgo di Pennabilli. Già il simpatico nome – che deriva dai castelli di Penna e Billi – predispone alla visita del paesino e, se si considera che la località accoglie un’alta concentrazione di opere d’arte di Tonino Guerra, allora la meta diventa imperdibile.
Il celebre sceneggiatore, poeta e artista scelse Pennabilli come sua dimora a partire dalla fine degli anni Ottanta: Tonino Guerra all’epoca era già rientrato in Romagna, a Santarcangelo, dopo lunghi decenni passati a Roma dove aveva lavorato con registi del calibro di Vittorio de Sica, Michelangelo Antonioni, Andrej Tarkovskij, Federico Fellini (sua la scenografia di Amarcord, per fare un solo esempio) e tanti altri. Ma la scelta dell’alta valle del Marecchia rispose al desiderio di tornare idealmente all’infanzia, di recuperare il legame con la natura e il paesaggio che il poeta considerava essenziali e fonti primarie di bellezza, di ritrovare insomma una sorta di paradiso perduto. «Un giorno ho attraversato un ponticello sul Presale (un affluente del Marecchia) e sono arrivato a calpestare le foglie di un orto accogliente. Ed eccomi qua. Avevo settant’anni, avevo voglia di riflettere sulle mie cose, la pittura, la natura, la poesia, e ho pensato di trasferirmi a Pennabilli. Per cominciare e per ricominciare»(1).

Natura, poesia e arte sono strettamente intrecciate nell’opera di Tonino Guerra, che a Pennabilli diede vita a un vero e proprio laboratorio di fantasia, configuratosi in seguito come museo diffuso a cui diede il nome I luoghi dell’anima: si tratta di un vasto sistema che comprende il museo vero e proprio, un giardino, dei gruppi di sculture o installazioni, delle targhe e altre opere affisse sui muri del borgo. Ne fa idealmente parte anche la Casa dei mandorli in cui l’artista abitò con la moglie Lora, che ora è l’amorevole custode del luogo. Le creazioni si scoprono passo dopo passo e finiscono per punteggiare tutto il centro abitato e i suoi immediati dintorni, rappresentando un viaggio, reale e introspettivo, attraverso i principali temi e soggetti dell’arte di Guerra.


La prima tappa è l’Orto dei frutti dimenticati: un giardino delle delizie dove crescono piante da frutto e specie arboree della flora spontanea appenninica ormai rarissime, come la pera cotogna, la corniola, il giuggiolo, l’uva spina, la ciliegia cuccarina, il biricoccolo. A far loro compagnia, vi sono le installazioni artistiche come il Rifugio delle Madonne abbandonate, dei rilievi in terracotta policroma custoditi, per sfuggire all’incuria degli uomini e del tempo, sotto il portico da cui si accede all’area verde; il Bosco incantato, abitato da una placida lumaca gigante in bronzo; La voce della foglia, una semplice fontana realizzata da un gruppo di giovani; l’Arco delle favole, opera dello scultore riminese Giò Urbinati. O ancora la Porticciola delle lumache di Aldo Rontini, dedicata al regista russo Andrej Tarkovskij, e la Meridiana dell’incontro del polacco Krzysztof Bednarski, la cui ombra proietta a terra i profili di Federico Fellini e di Giulietta Masina. Già da questi accenni si comprende quanto Tonino ritenesse significativo collaborare con altri artisti, accogliere le loro opere e valorizzare il lavoro degli artigiani, dai fabbri ai ceramisti fino agli stampatori.


Senza titolo (2006).

A Pennabilli diede vita a un vero e proprio laboratorio di fantasia, configuratosi poi come museo diffuso

Il percorso a Pennabilli prosegue lungo la via delle Sette Meridiane, poi nel museo più piccolo del mondo, l’ex Cappellina dei caduti, dove è ospitato un unico quadro, L’angelo con i baffi del pittore milanese Luigi Poiaghi. Un sentiero fiancheggiato da totem, ancora di Urbinati, conduce al Santuario dei pensieri, con le antiche stele in pietra che invitano a riflettere sulla storia, ma il cuore del museo diffuso è Il mondo di Tonino Guerra: luogo di conservazione di tante opere nonché spazio dove ci si incontra e si approfondisce la conoscenza dello sceneggiatore. Al suo interno ci si trova avvolti da figure diventate iconiche della creatività di Guerra: la mela, le figure stralunate che richiamano quelle di Chagall, gli animali stilizzati, le foglie e i fiori. Ma soprattutto la farfalla, protagonista di una poesia scritta subito dopo la liberazione dal campo di prigionia in Germania nonché leggero eppur potente simbolo di libertà: «Contento proprio contento / sono stato molte volte nella vita / ma più di tutte quando mi hanno liberato / in Germania / che mi sono messo a guardare una farfalla / senza la voglia di mangiarla». Al piano superiore, tra fotografie, documenti e testimonianze, comprese delle opere di artisti profondamente affini a Tonino, si incontrano le grandi Lanterne di Tolstoj ideate da Guerra e realizzate dal fabbro romagnolo Aurelio Brunelli per suggerire le luci del capostazione che illuminarono gli ultimi passi dello scrittore russo nella cittadina di Astapovo. E non vanno dimenticati i Mobilacci: originali assemblaggi un po’ sgangherati che Tonino definiva «mobili non pratici» e che fanno venire a galla i ricordi di quelli presenti nelle vecchie case contadine dove i mobili servivano per contenere solo l’essenziale.


L’interno della Casa dei mandorli, a Pennabilli.

Interno del museo Il mondo di Tonino Guerra a Pennabilli, dettagli di stampa su tela della stamperia Pascucci (Gambettola, Forlì-Cesena) da un disegno di Tonino Guerra;


Sala ombrello, museo Tonino Guerra, Santarcangelo di Romagna (Rimini);


Adolfo Minardi (Fide), Chiocciola (1980), Orto dei frutti dimenticati, Pennabilli.

Per conoscere davvero Tonino Guerra nella sua veste di artista visivo, però, bisogna percorrere la val Marecchia verso la foce del fiume e sostare a Santarcangelo di Romagna: il poeta nacque proprio lì nel 1920 e nelle piazze della cittadina si trovano alcune delle fontane da lui progettate, come quella della Pigna in piazza Ganganelli (costruita nel 2015) e quelle del Prato sommerso e delle Farfalle. Sono esempi di un’attività che potremmo definire di arte urbana e che lo vide coinvolto in altre città romagnole, da Riccione a Cervia. Tra gli scopi del vulcanico Tonino Guerra c’era infatti quello di abbellire le località della Riviera con interventi capaci di porsi come delle lucciole, «schegge luminose per abbellire i piccoli centri dove sostano i turisti così da rendere più gradevole l’incontro»(2). L’artista espresse il suo impegno pubblico anche attraverso l’affissione, e in seguito la pubblicazione, dei Sette messaggi al Sindaco del mio Paese, pungenti suggerimenti destinati agli amministratori locali per perseguire gli obiettivi della bellezza, del rispetto delle tradizioni e della creazione di un senso di meraviglia. «Io vorrei che tutti i luoghi dove arriva il turista fossero non solo accoglienti, ma, se possibile, carichi di poesia», scriveva l’artista(3), che nel 2008 venne meritatamente nominato «tutore della bellezza e del paesaggio» della Provincia di Rimini.

Salendo verso il nucleo medievale di Santarcangelo si raggiunge infine un altro museo dedicato a Tonino Guerra, dove si conservano circa sessanta opere tra quadri, sculture, ceramiche, arazzi e tele stampate, a dimostrazione delle tante tecniche utilizzate dall’artista romagnolo per esprimere il suo originale linguaggio. Gestisce tutti questi luoghi l’Associazione culturale Tonino Guerra presieduta dal figlio Andrea il quale, raccogliendo l’eredità spirituale, culturale e sociale del padre (venuto a mancare nel 2012), conduce un’attenta e premurosa operazione di salvaguardia e valorizzazione delle sue testimonianze artistiche, poetiche e filmografiche. Insomma, tante altre lucciole che brillano nell’entroterra romagnolo.

ART E DOSSIER N. 402
ART E DOSSIER N. 402
OTTOBRE 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - La Galleria nazionale dell’Umbria riparte di Federico D. Giannini; DENTRO L’OPERA - Riattivare la storia di Cristina Baldacci; GRANDI MOSTRE. 1 - Giovanni Chiaramonte ad Astino - L’infinito messo a fuoco di Corrado Benigni; 2 - L’occhio in gioco a Padova - Visioni in movimento: reali o immaginarie di Sileno Salvagnini; ....