In ogni tempo vi sono stati due diversi tipi di rappresentazione del movimento, vale a dire: quello provocato da effetti “ottici”, anche se ovviamente “statico” (e quindi mentale, psicologico, simbolico, ma anche – ulteriore suddivisione – visivo, mimetico, illusionistico ecc.), che inizia nella preistoria, ma di cui possiamo trovare traccia anche in ere più recenti, a partire – per esempio – dalle rappresentazioni di fauna acquatica nelle ceramiche cretesi; e quello “fisico”, reale, dinamico, concreto, che trova origine – per fare un altro esempio – nella mitologia greca. Si pensi a Talo, gigante in metallo creato da Vulcano, prototipo di tutti i robot. Movimento che si attua compiutamente nel XIX e XX secolo, con la fotografia multipla di Marey o di Muybridge, con il cinema, le “macchine” ottiche come la Semisfera rotante di Duchamp e Man Ray o le Meta-Matic di Jean Tinguely. A tali tematiche si ispira questa mostra.
Come precisa Luca Massimo Barbero, che ne cura la prima parte, essa offre esempi di come l’“occhio” abbia interpretato passioni, idiosincrasie, amori e ossessioni dell’uomo dal Medioevo fino all’epoca contemporanea. L’esposizione, tuttavia, non è organizzata in modo solo diacronico. Va infatti sottolineato un accorgimento, per così dire, didattico: una serie di cassettiere lungo il percorso che il visitatore può aprire trovandovi documenti, disegni, gouache, riviste rare, pamphlet e così via.