Grandi mostre. 6
Donatello a Firenze

il terremoto
all'alba del rinascimento

Ha reinventato il linguaggio della scultura coniugando in un’unica visione l’armonia delle figure con la loro dimensione psicologica. Un maestro rivoluzionario, fonte di ispirazione per molti artisti, ora al centro di una grande esposizione a Palazzo Strozzi e al Museo Nazionale del Bargello.

Lauretta Colonnelli

Anche soltanto per i due Crocifissi in legno dipinto, di Donatello e di Brunelleschi, esposti uno a fianco all’altro, questa mostra meriterebbe una visita. Sono famosi per un aneddoto riportato da Vasari, che racconta di come Donatello avesse lavorato il suo con fatiche straordinarie e, parendogli di aver fatto un’opera lodatissima, volle farla vedere per primo a Filippo di Ser Brunellesco. L’aveva conosciuto nella bottega del Ghiberti, dove era andato a imparare l’arte degli orafi. Donatello aveva ventidue anni, Filippo nove di più. Ed erano diventati amicissimi. Filippo guardò, fece un sorrisetto, e disse: «Sembra che tu abbia messo in croce un contadino». Donatello, che «si sentì morder più a dentro che non pensava», replicò: «Se pensi che fare sia altrettanto facile che giudicare, piglia un tronco e prova a farne uno tu». Trascorsero un paio di anni. Un giorno Filippo, con il grembiule pieno di uova e formaggio e frutta presi al mercato, invitò a pranzo Donatello, come faceva spesso. E dicendo che doveva ancora passare dal fornaio, gli affidò il grembiule e le chiavi dell’uscio, e lo fece avviare a casa. Donatello entrò, e per lo stupore lasciò andare il grembiule e le uova si ruppero per terra. Nel punto più luminoso della stanza lo aspettava il crocifisso scolpito da Filippo. Talmente perfetto che ne restò impietrito. «Devo riconoscere che a te è concesso fare i Cristi, e a me i contadini», disse più tardi all’amico. 


I due Crocifissi sono ancora a Firenze. Quello di Donatello, datato intorno al 1408, nella basilica di Santa Croce. Quello del Brunelleschi, del 1410 circa, nella basilica di Santa Maria Novella. Vederli a confronto è un’occasione unica per capire come i due artisti, partendo dall’antico e dal Medioevo e prendendo strade diverse, guidarono la storia dell’arte verso l’età moderna. Quando li scolpirono, Donatello e Brunelleschi erano già stati a Roma. «Bisognerebbe andar giù, a vedere e a studiare quel che rimane del passato», disse un giorno Filippo. Così, vendette un poderetto che aveva a Settignano e, insieme a Donatello, partì. I romani videro questi due forestieri che poco si curavano del mangiare e del vestire, interessati soltanto a dissotterrare pezzi di capitelli, colonne, cornici, basamenti di edifici, e statue. Misuravano, disegnavano. Filippo, «di sparutissime forme» come riferisce il Vasari, col naso lungo e il mento sfuggente, ma con tale ingegno da eclissare la bruttezza del corpo. Donato, piccoletto anche lui, tanto che continuava a esser chiamato Donatello, ma benigno e cortese, umile e generoso: quando diventò ricco teneva il denaro in una sporta appesa a una trave, «onde ogni suo lavorante et amico pigliava il suo bisogno, senza dirgli nulla». I romani erano convinti che i due forestieri cercassero un tesoro. Invece cercavano di capire in che modo gli antichi fossero riusciti a dare a ciascuna di quelle opere in pietra una «proporzione musicale».


UN UOMO COME TUTTI NOI, CHE HA GRIDATO E SPASIMATO, E UN CORPO DELICATISSIMO E ARMONICO, NATO DA UN ATTENTO STUDIO ANATOMICO


Madonna col Bambino (Madonna Pazzi) (1422 circa), particolare, Berlino, Staatliche Museen zu Berlin, Skulpturensammlung und Museum für Byzantinische Kunst.

Croficisso (1408 circa), Firenze, Santa Croce, cappella Bardi di Vernio.


Filippo Brunelleschi, Crocifisso (1410 circa), Firenze, Santa Maria Novella, cappella Gondi.

Fu partendo da queste misurazioni e da queste riflessioni che Donatello esordì nell’intaglio del legno con il Crocifisso di Santa Croce a Firenze. Ma non si contentò di far rivivere il naturalismo della classicità. Sfidando le mode e il gusto dell’epoca, sperimentando i materiali, le tecniche, i generi, avrebbe reinventato l’idea stessa della scultura. Mentre il Cristo di Filippo nacque da un attento studio anatomico, per creare un corpo delicatissimo e armonico, quale doveva averlo il più perfetto uomo che nascesse mai, il Cristo di Donatello è un uomo come tutti noi, che ha gridato e spasimato, ha le ciocche dei capelli sulla fronte intrise di sudore e sangue, gli occhi semichiusi nel culmine dello strazio, le labbra aperte nell’ultimo sospiro. Donatello aveva introdotto nella dura materia della scultura la dimensione psicologica, e l’avrebbe indagata per il resto della vita nelle forme più diverse: dalla tenerezza alla crudeltà, dalla gioia al dolore. 


Francesco Caglioti, che ha curato la mostra e il monumentale catalogo, paragona la rivoluzione di Donatello a un terremoto: «Versato in tutte le tecniche del mestiere e capace di dominarle nei formati più diversi, dalle minute placchette bronzee fino ai colossi, Donatello ha sentito costantemente, nel corso di una vita lunga e infaticabile, i limiti della scultura rispetto alla pittura. Mentre gli umanisti riscoprivano le facilità e i vantaggi del racconto pittorico rispetto alla nobile fissità delle statue, egli non perse mai l’occasione di inventare i più acuti espedienti per dar movimento ai corpi e simulare la partecipazione delle figure al flusso continuo dell’esistenza terrena. L’osservatore è coinvolto e sedotto da un gioco ambiguo, e perciò più efficace, nel quale rischia di confondere il proprio ruolo con quello dei personaggi e persino di altri spettatori fittizi. Donatello non è semplicemente l’artefice di una svolta epocale al pari di Giotto, Raffaello o Caravaggio, ma molto di più, cioè un fenomeno di rottura che ha introdotto nella storia nuovi modi di pensare, di produrre e di vivere l’arte. Il terremoto Donatello è stato così violento da determinare ripetute scosse di assestamento che, a partire dal suo esordio di ventenne, hanno coinvolto una fitta serie di generazioni».


San Giorgio, predella con Combattimento di san Giorgio col drago e liberazione della principessa (1415-1417 circa), Firenze, Museo nazionale del Bargello.

Caglioti ha voluto dar conto di questo rivolgimento nel percorso che si snoda tra palazzo Strozzi e il Museo nazionale del Bargello. Fra le centotrenta opere - sculture, dipinti e disegni - in buona parte prestati dai più importanti musei del mondo, cinquanta sono di Donatello, il resto di collaboratori e seguaci, non solo scultori, ma anche pittori, come Michelozzo e Masaccio, Leonardo e Andrea del Castagno, Paolo Uccello e Filippo Lippi, Andrea Mantegna e Piero della Francesca, fino a Michelangelo, Raffaello, Pontormo, fino ai Gentileschi, padre e figlia. Tutti trovarono una fonte d’ispirazione nelle figure del maestro fiorentino, nelle fisionomie, nelle espressioni emotive, nei panneggi scavati e chiaroscurati con una forza ignota alla scultura classica e a quella medievale. 


Si possono ammirare, grazie ai prestiti, molti dei suoi celebri “stiacciati”, quei rilievi bassissimi, talvolta di pochi millimetri, che davano un’idea di pittura fatta con lo scalpello. Come la Madonna col Bambino (Madonna del Pugliese - Dudley), del 1440 circa, arrivata da Londra e messa a confronto con la Madonna col Bambino (Madonna della scala), unico bassorilievo certo di Michelangelo. Il Buonarroti, che si era invaghito del minuscolo quadro di marmo con la sagoma di Maria e del bambino tracciata in punta di scalpello, fece il suo quando aveva appena sedici anni, in una sorta di gara con il maestro che traspare dallo sforzo di contenere la lavorazione in uno spessore minimo della pietra. E sottraendo per la prima volta allo spettatore il viso del bambino, raffigurato di spalle, portò all’estremo il concetto dell’osmosi tra il figlio e la madre, già espresso delicatamente da Donatello nel 1422 circa nella Madonna col Bambino (Madonna Pazzi). In questa, prestata dagli Staatliche Museen di Berlino e considerata una delle più commoventi opere del Rinascimento, l’artista evoca la fusione tra Maria e suo figlio, tracciando in un’unica linea i profili dei due visi, premuti l’uno contro l’altro in un tenerissimo abbraccio. 


E come non fermarsi davanti a un altro “stiacciato”, la Madonna col Bambino (Madonna delle nuvole), venuto da Boston, dove la Vergine Maria appare trascinata dal vento sopra un mare di nuvole, e il Bambino si aggrappa a lei spaventato guardando in giù verso la tempesta che sommerge anche gli angeli. Donatello doveva avere una passione per le nuvole, soprattutto negli anni Venti. Le troviamo in altri suoi bassorilievi di quel periodo: vagano nel cielo dell’Ascensione di Cristo e consegna delle chiavi a Pietro, nella lunetta del Sangue del Redentore a Torrita di Siena, nella predella che sorregge la statua di San Giorgio al Bargello. È qui che compaiono per la prima volta, tra il 1415 e il 1417, e segnano una svolta radicale nella storia della scultura. Perché Donatello riesce a dissolvere la barriera invalicabile dello sfondo, e a far volare lo sguardo dello spettatore oltre il santo a cavallo che infilza il drago, oltre la timorosa principessa che prega a mani giunte, oltre lo scorcio delle arcate sulla sinistra, fino alla pianura alberata e ai crinali delle colline e alle nuvole in cielo, graffite lievemente sul marmo. 


Una raffinatezza che l’artista ripeterà nella formella in bronzo dorato con la scena del Convito di Erode, costruita questa volta attraverso la prospettiva brunelleschiana. Grazie anche alla sua capacità di graduare gli spessori delle figure, da un quasi tutto tondo fino a un rilievo “stiacciato”, Donatello dispiega la narrazione su quattro piani diversi: nel primo, Salomè interrompe la danza con la fronte corrugata mentre un soldato presenta a Erode la testa del Battista; nel secondo, dietro al tavolo, Erodiade si sporge verso il re e con la mano aperta offre il macabro dono, mentre gli altri commensali si ritirano inorriditi coprendosi gli occhi; nel terzo, stanno in tribuna i musici che rallegrano il banchetto; nel quarto, si intravede la prigione dove la testa è stata appena mozzata. 


Il gioco prospettico sarà ripreso quasi identico, trent’anni dopo, da Filippo Lippi nel suo Convito di Erode affrescato nel duomo di Prato, però con una Salomè danzante e voluttuosa. Anche Donatello, a Prato, si fece trascinare dalla danza. Incaricato di scolpire per il pergamo del duomo coppie di putti che dovevano reggere gli scudi della città, riuscì a convincere i committenti ad accettare, dopo un lunghissimo ritardo nei lavori, una folla di spiritelli scatenati in un baccanale.


DONATELLO AVEVA LA CAPACITÀ DI GRADUARE GLI SPESSORI DELLE FIGURE, DA UN QUASI TUTTO TONDO FINO A UN RILIEVO “STIACCIATO”


Madonna col Bambino (Madonna del Pugliese - Dudley) (1440 circa), Londra, Victoria and Albert Museum.


Michelangelo Buonarroti, Madonna col Bambino (Madonna della scala) (1490 circa), Firenze, Casa Buonarroti.

David vittorioso (1435-1440 circa), Firenze, Museo nazionale del Bargello;


Amore-Attis (1435-1440 circa), Firenze, Museo nazionale del Bargello.

Convito di Erode (1423-1427), Siena, battistero di San Giovanni, fonte battesimale;


Madonna col Bambino (Madonna delle nuvole) (1425-1430 circa), Boston, Museum of Fine Arts.

Donatello, il Rinascimento

a cura di Francesco Caglioti
Firenze, palazzo Strozzi e Museo nazionale del Bargello
fino al 31 luglio
orario 10-20, giovedì 10-23 (palazzo Strozzi);
8.45-19, martedì 10-18 (Museo nazionale del Bargello)
www.palazzostrozzi.org, www.bargellomusei.beniculturali.it
catalogo Marsilio Arte

ART E DOSSIER N. 399
ART E DOSSIER N. 399
GIUGNO 2022
In questo numero: ARTE CONTEMPORANEA - Biennale Gherdëina; CAMERA CON VISTA - Ennio, l’orecchio del cinema; STORIE A STRISCE - L’adolescenza vista dal fumetto; BLOW UP - Brescia Photo Festival; ARCHITETTURA PER L’ARTE - L’autobiografia di un luogo; GRANDI MOSTRE. 1 - Elmgreen & Dragset a Milano. Essere umani? Quasi un imbarazzo; GRANDI MOSTRE. 2 - Daido Moriyama e Shomei Tomatsu a Roma. Sguardi randagi su Tokyo; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Toyen. La tela come sismografo dell’onirico; PAGINA NERA - Le colonie in riviera, c’è chi aspetta e c’è chi spera; GRANDI MOSTRE. 3 - GaudÍ a Parigi. Un outsider di successo; GRANDI MOSTRE. 4 - Grubicy de Dragon a Livorno. Devoto alle avanguardie; STUDI E RISCOPERTE. 2 - L’iconografia di Ruggero e Angelica. L’eroina e il suo salvatore; OGGETTO MISTERIOSO - Il cielo in una stanza; GRANDI MOSTRE. 5 - Giuseppe Bezzuoli a Firenze - Un distillato di Ottocento; GRANDI MOSTRE. 6 - Donatello a Firenze. Il terremoto all’alba del Rinascimento; GRANDI MOSTRE. 7 - Le culture megalitiche della Sardegna a Napoli. Figure di pietra; IN TENDENZA - Con Morbelli vince la terza età.