Grandi mostre. 4
Grubicy de Dragon a Livorno

devoto
alle avanguardie

Critico, gallerista, scopritore di talenti, artista di fama internazionale, Vittore Grubicy de Dragon è protagonista di una mostra al museo della città, che ne mette in risalto tanto la dimensione privata quanto quella professionale. In un periodo in cui si passa dalla scapigliatura al divisionismo, dal simbolismo agli esordi del futurismo.

Maurizia Tazartes

L’intellettuale. Non solo il pittore, ma l’uomo in tutti i suoi aspetti, pubblici e intimi. È questo il Vittore Grubicy de Dragon che emerge dalla mostra che il Museo della città di Livorno gli dedica. Merito della quantità di documenti, lettere, fotografie, carteggi, disegni, riemersi dall’Archivio del ’900 del Mart - Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e merito del pittore livornese Benvenuto Benvenuti (1881-1959), che con i suoi eredi ha conservato tutto questo materiale per un secolo, dopo la morte dell’artista, prima di offrirlo al Mart. 


Grubicy e Benvenuti si erano conosciuti nel 1903 ed erano diventati amici, il primo incoraggiando la pittura del secondo, che ascoltava con religione ogni parola del più anziano. Per un ventennio avevano dialogato, tanto che alla morte del maestro, Benvenuti ne era diventato il custode della memoria artistica e umana. 


Così, nella bella mostra in corso a Livorno, ideata e curata da Sergio Rebora e Aurora Scotti Tosini, insieme a dipinti, disegni, incisioni, arredi, largo spazio hanno le fotografie, molte inedite, che introducono nella quotidianità di Grubicy, con la madre, gli amici, o da solo, nella casa milanese in corso di Porta Vittoria 12, zeppa di oggetti, dove viveva con il fratello Cesare. Una casa abitata dalla famiglia dell’artista dal 1868, che era stata uno dei poli della vita culturale milanese tra Otto e Novecento. 


Pittore, critico, mercante d’arte, scopritore di talenti, Vittore Grubicy è un personaggio all’avanguardia. Antiaccademico, sensibile a ogni forma d’arte, anche avveniristica, aveva una cultura internazionale. Era nato a Milano nel 1851, in via Brera 8, da madre di origine lodigiana e da padre di origine ungherese. Primo figlio maschio di altri quattro (oltre a una femmina, Leopoldina), dopo gli studi e la morte del padre nel 1870, svolge da Londra attività di mediatore per conto della galleria milanese di Pietro Nessi in via San Marco 18, di cui diventa gestore e socio dal 1872 al 1876. Nell’ultimo anno trasforma quello spazio nella Galleria Grubicy. Viene in contatto con il mondo degli scapigliati milanesi - Cremona, Conconi, Ranzoni - e con la giovane imprenditoria, che univa gli spiriti più aperti della vecchia aristocrazia e della borghesia. Un mondo in trasformazione, effervescente, europeo, cui l’arte si deve adeguare. La pittura doveva essere libera, mossa, con macchie di colore intrise di sentimenti ed emozioni. Proprio come quel bellissimo ritratto che Tranquillo Cremona gli fa nel 1877, tutto luce e colore sfusi. Lui, Vittore è un giovane elegante che viaggia in Europa: Londra, Parigi, Bruxelles.


GRUBICY VIENE IN CONTATTO CON IL MONDO EFFERVESCENTE DEGLI SCAPIGLIATI MILANESI. LA PITTURA DOVEVA ESSERE LIBERA, MOSSA, CON MACCHIE DI COLORE INTRISE DI SENTIMENTI ED EMOZIONI


Fiumelatte (o Lierna) (1889).


Fiumelatte, dalla serie Sensazioni gioiose (1891).

È l’inizio della grande avventura lavorativa e umana dell’artista, ripercorsa dalla mostra attraverso nove sezioni tematiche: dall’attività di critico e di pittore alla vita privata, dai rapporti con la Scuola dell’Aja agli interessi per il giapponismo, alle arti decorative, sino all’amicizia con Arturo Toscanini, Benvenuto Benvenuti e altri. In quegli anni, Settanta-Ottanta, gli interessi di Grubicy, critico e promotore, sono diretti alle sperimentazioni sul colore di artisti come Mosé Bianchi, Daniele Ranzoni e Tranquillo Cremona, del quale organizza nel 1878 una mostra postuma presso il ridotto del teatro alla Scala di Milano. Ma Vittore non si limita a sostenere gli artisti, partecipa anche alla loro vita personale. Ospita, per esempio, nella propria casa Giovanni Segantini che, a sua volta, lo invita per alcuni mesi a Savognin (Svizzera), dove si era trasferito con la famiglia. Il profondo legame tra i due è anche testimoniato dal magnifico ritratto che Segantini fa a Grubicy mentre fuma la pipa e tiene, con l’altra mano, l’apparecchio acustico che lo aiuterà nella progressiva sordità. 


Vittore viaggia e si aggiorna, entra in contatto con case d’aste e gallerie d’oltralpe, quali la Arnold & Tripp (Olanda) e la Goupil Gallery (Francia), apre un ufficio all’Aja. I suoi gusti si evolvono, con interessi per il divisionismo di Longoni, Morbelli, Macchiati, Tominetti, pur rimanendo legato agli scapigliati. Tutti artisti della “scuderia Grubicy” presentati da lui a Londra nel 1888 in una sezione da lui curata in occasione della Italian Exhibition


La mostra livornese li ricorda con L’amor materno di Tranquillo Cremona (1873), il Ritratto di giovinetta di Ranzoni (1882), La vacca bruna all’abbeveratoio di Segantini (1887), l’Alba felice di Morbelli (1892-1893), La raccolta di castagne di Tominetti (1890-1895), ritratti e autoritratti di Macchiati di fine anni Ottanta. 


Nei primi anni Ottanta Grubicy, che sino ad allora non aveva «mai fatto un segno di matita», come dice lui stesso nel 1910 a Benvenuti, comincia a disegnare. Trentenne autodidatta si mette alla prova nel 1884-1885, con carboncini e acquerelli, mentre si trova a Laren nei Paesi Bassi, dove raggiunge il pittore Anton Mauve. I suoi primi carboncini Strada dell’Aja alberata e Canale al tramonto, del 1884, appartenenti alla Fondazione Livorno, come il Porto di Anversa del 1885, e altri ora esposti al Museo della città, risentono della Scuola dell’Aja, detta “Scuola grigia” per l’uso delle tonalità basse. Grubicy carica il naturalismo olandese dei suoi paesaggi di emozioni. 


Al ritorno in Italia, nel 1885, incomincia una ricerca personale che lo porta alla fine del decennio a un suo divisionismo che, al di là di qualsiasi regola, segue solo la «musica» che sente di fronte alla natura. Esperienza che rappresenta con liberi impasti di colore e tocchi differenziati, ora più corposi ora pulviscolari. Dal 1885 al 1900 crea tele di grande intensità - riunite in mostra in un’unica sezione - che l’artista rielabora in continuazione, convinto che la tecnica debba essere sempre rispondente allo spirito che ha determinato la concezione dell’opera. Riaggiorna quindi di volta in volta i quadri per adeguarli al ricordo emotivo della loro nascita. «Un musicista della tavolozza» lo aveva definito Vittorio Pica alla 4. Esposizione internazionale d’arte di Venezia. Tra i dipinti più suggestivi visibili nell’attuale percorso espositivo troviamo Barche di notte sul mare ad Anversa, 1885-1919; Neve in agosto a Schilpario, del 1887 circa, un piccolo olio in sintonia con Pellizza da Volpedo; Fiumelatte, dalla serie Sensazioni gioiose, 1891; Paesaggio. Novembre. Sera (sopra Intra, lago Maggiore), 1890-1901. Opere in cui l’iniziale divisionismo si trasforma progressivamente in simbolismo, come nell’Ultima battuta del giorno che muore, del 1896, o in Dopo due giorni di nevicata a Miazzina, 1897-1908. 


E poi ci sono le testimonianze dell’artista nel privato, che vive le sue giornate nello spazio domestico con quella «mammetta», come la chiama lui, che rammenda e dipinge per diletto. La immortala col suo volto e fisico rassicuranti in piccoli oli carichi di affetto, La mia mammetta sorpresa nel vivo e La mia mammetta adorata nel mio studio, entrambi del 1886. Una presenza materna, quella di Antonietta Mola, importante anche per gli amici, che la ritraggono. Altra figura di rilievo, la governante Teresa Bruschi, che accudisce i Grubicy per cinquant’anni.


Infine l’amore segreto, rivelato solo a qualche amico, per Luisa Violini Tacchi, la “Luisina”, moglie dell’amico impresario edile Antonio Violini. L’artista la corteggia e ama per quarant’anni, la dipinge, disegna, ne tiene con cura le fotografie. La rappresenta nell’intimità e anche in un suggestivo olio del 1886 dal titolo Ritratto di persona cara. Soltanto all’amico Benvenuti dirà nel 1911: «Ebbene io... amavo quel luogo perché ero innamorato di una donna che dimorava lassù in quella casetta [...] che godevo a rimirare e ad aspettare. E così ho dipinto la gioia del mio spirito».


Tranquillo Cremona, L’amor materno (1873 circa), Milano, Galleria d’arte moderna.


Ritratto di persona cara (1886 circa), Milano, Galleria d’arte moderna;


L’ultima battuta del giorno che muore (1896).

Paesaggio. Novembre. Sera (sopra Intra, lago Maggiore) (1890-1901), Milano, Galleria d’arte moderna;


Sera (1896).

Vittore Grubicy, un intellettuale-artista e la sua eredità.
Aperture internazionali tra divisionismo e simbolismo

a cura di Sergio Rebora e Aurora Scotti Tosini
Livorno, Museo della città, Polo culturale dei Bottini dell’olio
fino al 10 luglio
orario 10-20, sabato e domenica 10-22, chiuso il lunedì
catalogo Pacini Editore
www.museodellacittalivorno.it

ART E DOSSIER N. 399
ART E DOSSIER N. 399
GIUGNO 2022
In questo numero: ARTE CONTEMPORANEA - Biennale Gherdëina; CAMERA CON VISTA - Ennio, l’orecchio del cinema; STORIE A STRISCE - L’adolescenza vista dal fumetto; BLOW UP - Brescia Photo Festival; ARCHITETTURA PER L’ARTE - L’autobiografia di un luogo; GRANDI MOSTRE. 1 - Elmgreen & Dragset a Milano. Essere umani? Quasi un imbarazzo; GRANDI MOSTRE. 2 - Daido Moriyama e Shomei Tomatsu a Roma. Sguardi randagi su Tokyo; STUDI E RISCOPERTE. 1 - Toyen. La tela come sismografo dell’onirico; PAGINA NERA - Le colonie in riviera, c’è chi aspetta e c’è chi spera; GRANDI MOSTRE. 3 - GaudÍ a Parigi. Un outsider di successo; GRANDI MOSTRE. 4 - Grubicy de Dragon a Livorno. Devoto alle avanguardie; STUDI E RISCOPERTE. 2 - L’iconografia di Ruggero e Angelica. L’eroina e il suo salvatore; OGGETTO MISTERIOSO - Il cielo in una stanza; GRANDI MOSTRE. 5 - Giuseppe Bezzuoli a Firenze - Un distillato di Ottocento; GRANDI MOSTRE. 6 - Donatello a Firenze. Il terremoto all’alba del Rinascimento; GRANDI MOSTRE. 7 - Le culture megalitiche della Sardegna a Napoli. Figure di pietra; IN TENDENZA - Con Morbelli vince la terza età.