Outsiders

LUNGA FAVOLOSA
notte

Alfredo Accattino

Un viaggio alternativo nell’arte del Novecento, alla scoperta di grandi artisti, opere e storie spesso dimenticate: Roberto Melli

La casa rossa si staglia su un cielo azzurro, uno di quelli che i romani conoscono bene, quando prima del tramonto, d’estate, la città si scrolla il caldo di dosso e la brezza risale dal mare. Una casetta arroccata in cima a una collina che ho scoperto essere uno degli edifici di villa Strohl Fern, nel parco di villa Borghese, che un mecenate aveva offerto per dimore e studi d’artista. Vidi la piccola tela dal vivo, ora sepolta nei depositi della Galleria nazionale di arte moderna e contemporanea di Roma, molti anni fa, e mi colpì profondamente. 


Si sviluppa con un taglio inedito, fuori dai tradizionali sistemi compositivi, con il soggetto squintato - ed è questa la cosa che mi piace da impazzire - con una linea diagonale che taglia in due il formato quadrotto, facendolo diventare modernissimo. La prospettiva è totalmente rispettata, ma lo spazio diventa metafisico, e sia i fiori che la rete assumono le sembianze di una texture astratta, come faceva negli stessi anni Georgia O’ Keeffe. Tutto è immerso nel silenzio. Non ci sono persone. Non c’è il narcisismo della Torre rossa di de Chirico. Non c’è più neanche lo “stile italico” del Novecento classicista che imperava in quegli anni e di cui anche Melli, paradossalmente, era stato propugnatore. Anzi, vengono alla mente le tele di quei pittori americani che, non avendo altro, immortalavano silos e covoni. Ed emerge in maniera dirompente la vicinanza alla celebre House by the Railroad di Edward Hopper del MoMa di New York, a cui si ispirò Hithchock per la casa che sovrastava il motel di Psycho


Una icona, dipinta nel 1925, a migliaia di chilometri di distanza, due anni dopo la Casa rossa di Melli. Ed è questa la magia dell’arte, una porta spazio-temporale che unisce visioni e idee. Per poi scoprire che questa piccola tela è solo una sosta che il maestro italiano ha compiuto in un percorso che ha attraversato realismo, futurismo, Scuola romana, “Valori plastici”, per giungere a una sfera intima che colpisce per originalità. 


Questo era Roberto Melli, un teorico dell’arte, un pittore grande e dal cuore generoso, mal supportato dal mercato, anche se alcune sue opere, come le sculture futuriste, sono pietre miliari del Novecento.


L’abito a scacchi (1925-1930), Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea.

Melli nasce nel 1885 da una famiglia ebrea di commercianti di Ferrara. Ancora adolescente diventa allievo del pittore Nicola Laurenti e poi dello scultore Arrigo Minerbi. A diciassette anni si reca dalla sorella Rina a Genova e inizia a lavorare come apprendista intagliatore e pratica l’arte incisoria. Nel 1910 decide di andare a vivere a Roma, dove condivide lo studio con lo scultore Giovanni Prini e nel 1912 sposa Anna Meotti, sua fidanzata degli anni ferraresi: la fedele Baba, come lui la chiama, che gli rimarrà accanto tutta la vita. 


Dalla xilografia passa alla scultura, con opere tra le più belle prodotte in quel clima di avanguardia, sviluppando una linea autonoma anche se contigua alle ricerche di Boccioni, come in Mia moglie e La signora con capello nero, entrambe del 1913. 


Nel 1915 partecipa alla Secessione romana e, nel 1918, fonda con Mario Broglio la rivista “Valori plastici” (1918-1921), la testata che proporrà il “ritorno all’ordine”, la riscoperta della grande tradizione italiana del Trecento e del Quattrocento. Un supporto teorico che porterà alla cosiddetta Scuola romana, alla pittura di Carlo Carrà e al movimento conosciuto come Novecento. Melli lascia poi la scultura e diventa pittore a tempo pieno, in un percorso che da quel momento avrà nell’analisi della sfera intima la sua massima espressione. Dopo la guerra, dal 1917 alterna la carriera di artista alla cinematografia, collaborando per la San Marco Film nella realizzazione di regia e scenografie. A Roma stringe amicizia con Giuseppe Capogrossi ed Emanuele Cavalli, e firma il Manifesto del primordialismo plastico. In questo contesto realizza uno dei suoi capolavori: Ritratto della moglie con la maglia a scacchi (1930), nel quale l’impiego dei piani colorati in funzione architettonica offre una sintesi dei movimenti che in quegli anni si sono sovrapposti e scontrati. 


Dopo la mostra del 1936, l’introduzione delle leggi razziali gli impedisce di partecipare ad altre esposizioni, ma soprattutto di poter insegnare e scrivere articoli su “Quadrivio”, togliendogli un’altra fonte di reddito. Sono anni di grandi ristrettezze, vissute nel suo appartamento popolare al Testaccio, affacciato sul lungotevere. Nelle sue opere racconta la sua vita semplice, la moglie, la vista del gazometro, rendendo palpabile il concetto che viaggiare non significa vedere posti nuovi, ma le cose che conosci con occhi diversi. Dà lezioni private, ma ha così pochi mezzi che per realizzare tele più grandi ne fa cucire due piccole dalla moglie con un cordone. 


Bellissimo quello che scrive di lui Giulio Carlo Argan: «Tutto il suo impegno fu rivolto a impedire che le pene e gli affanni di una vita pratica ogni giorno più difficile intorbidassero, sia pure per un istante, l’acqua limpida delle sua pittura». 


Dal 1945 torna a insegnare all’Accademia di belle arti di Roma e al suo ruolo di critico dell’arte su “La Fiera Letteraria”. E poiché si ricorda molto bene dei momenti di difficoltà, lui che vive di niente, fonda l’ISA (Istituto di solidarietà tra artisti). 


La sua casa, dal dopoguerra sino alla fine degli anni Cinquanta, diventa il punto di ritrovo di tutti i giovani artisti italiani con base a Roma: Renato Guttuso, Fausto Pirandello e anche mio padre Enrico Accatino, che nei suoi confronti mantenne sempre un affetto quasi filiale. Ognuno metteva a disposizione quello che trovava, e si beveva un bicchiere di vino portando sul terrazzo condominiale le sedie, tra le proteste del portiere. 


Nel 1950 viene finalmente invitato alla Biennale di Venezia, che gli dedica una personale. Nel 1957 esce il suo volume di poesie Lunga favolosa notte: bellissimo, oggi introvabile, che andrebbe ripubblicato. 


Muore nel gennaio 1958 e nello stesso anno la Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma gli dedica una retrospettiva, curata da Nello Ponente e Palma Bucarelli. 


Maurizio Calvesi, che curò una fondamentale monografia edita da De Luca nel 1954, si lamentava già al tempo del suo oblio. Calvesi, che aveva ventisette anni, e dalle foto sembra un ragazzino, così concludeva la sua monografia: «Ha dipinto non poco, ed è ancora con i pennelli in mano. Chi, conoscendolo, sa valutare la sua multiforme ricchezza interiore e, sotto gli aculei del suo temperamento, la sua profonda, autentica, bontà, non può che augurargli di dipingere altrettanto, e altrettanto bene».


La casa rossa (1923), Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea.


La signora con cappello nero (1913), Lucca, Fondazione centro studi sull’arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti.


La copertina di Melli, a cura di Maurizio Calvesi, De Luca Editori d’Arte, Roma 1954.


Il testo di questo articolo è un’anticipazione dal nuovo volume di Alfredo Accatino, Outsiders 3, pubblicato da Giunti Editore; in libreria da fine maggio.

ART E DOSSIER N. 398
ART E DOSSIER N. 398
MAGGIO 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - Il Pecci? Un organismo inclusivo; CORTOON - Tra Kafka e Kaufman; BLOW UP - Barnor; DENTRO L’OPERA - Un viaggio negli abissi (post) coloniali; GRANDI MOSTRE. 1 - Giorgio Griffa a Parigi. La ricerca del tratto primario; XXI SECOLO - Intervista a Zanele Muholi. Il ruggito della leonessa; GRANDI MOSTRE. 2 - Surrealismo e magia a Venezia. Nell’occulto, la libertà; GRANDI MOSTRE. 3 - Kandinskij a Rovigo. Musica per gli occhi; OUTSIDERS - Roberto Melli: lunga favolosa notte; GRANDI MOSTRE. 4 - Sickert a Londra. L’artista mascherato; GRANDI MOSTRE. 5 - Sorolla a Milano La felicità è un raggio di sole; PAGINA NERA - I problemi di un sito ritrovato avvilito; STUDI E RISCOPERTE - Gaspard Dughet e la campagna romana. Nella sua pittura abita Pan; GRANDI MOSTRE. 6 - Il Barocco genovese a Genova. I capolavori della Superba; ITINERARI - “Padova Urbs Picta”. Nel cuore della città dipinta; IN TENDENZA - Per Sickert, ora, un pallido successo; IL GUSTO DELL’ARTE - Il vegetale che mandava in estasi.