Studi e riscoperte
Il fuori campo nell’arte dal trecento al seicento

L’ASSENZA
PRESENTE

Ciò che vediamo in un quadro esaurisce il racconto della scena raffigurata?
Talvolta, ciò che non vediamo può essere un richiamo utile per lo sviluppo della storia.
Immaginazione e memoria dell’osservatore ma anche arguti artifici dell’artista aiutano a superare i limiti imposti dalla cornice e a rendere visibile l’invisibile.

Mauro Zanchi

In alcune opere è evocata una narrazione ulteriore, non tradotta in immagini ma suggerita per assenza. Ciò che non è visibile in un dipinto implica qualcos’altro, che può essere immaginato dallo spettatore. Il «fuori campo» è una parte della realtà vista ma non rappresentata(1).

“Presentifica” qualcosa, materialmente assente. Cosa comporta non includere nella scena qualcosa che appartiene alla narrazione tratta da una storia più articolata? Questa dimensione altra è spazio virtuale, dove si attivano azioni che appartengono alla sfera della memoria e all’immaginazione. Ciò che un artista ha dipinto richiama direttamente il sistema percettivo dello spettatore. Quello che sta al di là della cornice - in cui la scena è rappresentata - è una invisibilità apparente, dove i confini dello spazio di azione sono da animare attraverso la fantasia individuale. Fuori dal perimetro della scena lo spettatore si trova immerso in un mondo che prosegue oltre i bordi del quadro e ha la sensazione di osservare la forza espansiva di un’altra possibilità del reale, forse una realtà più estesa. Più espansa perché entra potenzialmente nell’immaginabile (di chiunque). Cosa esiste al di fuori dell’inquadratura?



Antonello da Messina, Annunciata (1476-1477), particolare, Palermo, Galleria regionale interdisciplinare della Sicilia, palazzo Abatellis.

NEL CAPOLAVORO DI VELÁZQUEZ LA COPPIA REGALE RIFLESSA NELLO SPECCHIO APRE ALLO SPAZIO ESTERNO AL DIPINTO.
MA È SOLO UNA POSSIBILE LETTURA


Lo spettatore può entrare in un mondo che va ben oltre la finestra del campo mostrato. Lorenzo Lotto, nel Passaggio del mar Rosso (1526-1527), inventa una rappresentazione sottile per suggerire che la storia continua al di là del perimetro, oltre la cornice. Raffigura così un personaggio che ha una gamba e una parte della veste nella scena ma il resto del corpo è già oltre il limite della rappresentazione visibile. E una coppia vicina a quella figura è rappresentata di spalle e pare provenire da un fuori campo frontale; entra in scena e ne esce subito per seguire chi sta andando oltre la cornice, nel lato destro. È parzialmente nell’invisibile del fuori campo. Il racconto visivo di Lotto è solo un punto di partenza. Il resto della storia deve essere immaginata dai fruitori, che, ognuno a suo modo, visualizzeranno la narrazione secondo la personale fantasia/memoria. L’uscita dalla storia visibile conduce in un viaggio simbolico verso la Terra promessa, sia quella evocata dalla storia biblica sia quella fantasticata individualmente. Da un altro punto di vista ogni scena dipinta, in realtà, potrebbe essere letta come sineddoche (una parte per rimandare al tutto) di una storia più articolata. Il fuori campo, allora, è come una cornice mobile, dove il rapporto dentro/al di là è al contempo dialettico e immaginifico. In questo spazio si può trovare una ulteriore forza espansiva dell’immagine. L’inquadratura è l’unità minima della narrazione, esprime una tensione al confine tra vedere e desiderio di vedere altro, un’immagine che insieme mostra e nasconde, che rappresenta e suggerisce. Altichiero da Zevio, in Santa Lucia trascinata al postribolo (1379-1384), inquadra parzialmente le figure di due buoi per farceli immaginare già all’ingresso del fuori campo. Ciò che accade oltre l’inquadratura, la ricostruzione dello spazio e delle azioni, lo svolgersi dell’intera storia sono rielaborazioni mentali del fruitore, sollecitate dagli artifici della messa in scena.

Il Correggio, nel Martirio dei santi Placido, Flavia, Eutichio e Vittorino (1522-1525 circa), fa in modo che una testa dei martiri stia sul confine tra storia visibile e spazio da riempire con l’inventiva. Il corpo del martire defunto è a terra e la sua testa viene portata oltre la cornice. Mentre in Giove e Io (1531-1533) Correggio fa comparire nel margine inferiore destro del dipinto la testa di un cervo, che, provenendo dal fuori campo, entra in scena per abbeverarsi al ruscello.

UNA TENSIONE AL CONFINE TRA VEDERE E DESIDERIO DI VEDERE ALTRO, UN’IMMAGINE CHE INSIEME MOSTRA E NASCONDE


Il ruolo del cervo è marginale rispetto all’episodio mitologico raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi, che è stato tradotto in visione nel rapporto tra la sacerdotessa di Era e Giove tramutatosi in presenza nubiforme. Ma a prescindere da quello che sta accadendo in scena, il dettaglio evoca qualcosa che appartiene a un’altra alterità non mostrata totalmente, da immaginare assieme al contesto da cui proviene. Ciò che non è mostrato in una rappresentazione visiva è utile per affinare l’arte del prevedere, interpretare, ricostruire. Nel gioco dello sguardo lo spettatore completa l’opera, soprattutto là dove l’immagine non è data a priori, ma si forma nella fruizione da parte dell’osservatore, chiamato continuamente a colmare vuoti, a integrare tra presenza e assenza, tra ciò che si mostra e ciò che si sottrae, a farsi controparte attiva della interpretazione. Mi riferisco per esempio all’atteggiamento dell’Annunciata, dipinta da Antonello da Messina attorno al 1476-1477, che reagisce all’apparizione dell’arcangelo come se il messaggero fosse il fruitore stesso dell’opera, ovvero a qualcuno che sta fuori dal rettangolo in cui il pittore ha relegato la figura della Madonna. In Las meninas (1656), di Diego Velázquez, le dinamiche concettuali sono ancora più complesse: l’intera scena mostra di convergere verso qualcosa o qualcuno che si trova in uno spazio esterno; al tempo stesso la rappresentazione allude dal suo interno a quelle presenze e a quello spazio, enunciandoli come condizioni di possibilità della scena stessa. Il capolavoro di Velázquez consente più letture stratificate, dove la coppia regale riflessa nello specchio apre allo spazio esterno al dipinto. Filippo IV e Maria Anna d’Asburgo assistono alla creazione del dipinto, osservano l’artista al lavoro; Velázquez è presente nella scena, descritto mentre guarda verso i riguardanti, fuori dal quadro, proprio nella direzione del re e della regina (e verso qualsiasi spettatore). Il telero è mostrato anche nel suo retro, messo proprio in primo piano, nel lato a sinistra.
C’è quindi un fuori campo che è visto, uno che è soggetto di visione e uno che è soggetto a una visione(2).

La questione del fuori campo implica sia una parte attiva (la visione come “sguardo”) sia una passiva (la visione come “ciò che si offre allo sguardo”), e la reversibilità fra le due, dove lo sguardo agisce all’interno del mondo visibile e nell’occhio che vede. In alcuni casi l’autore compare in uno specchio che è presente nella scena dipinta, come per esempio Jan van Eyck nella superficie convessa posta sulla parete di fondo del Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434).

Oppure i soggetti rappresentati si rivolgono direttamente verso lo spettatore, aprendo una sorta di fessura spaziotemporale tra ciò che è stato dipinto in un certo momento della storia e qualcosa che appartiene alla fruizione di coloro che giungono davanti alla scena dipinta, nel corso degli anni o dei secoli successivi alla data del quadro.



Correggio, Giove e Io (1531-1533), Vienna, Kunsthistorisches Museum.


Diego Velázquez, Las meninas (1656), Madrid, Museo Nacional del Prado.


Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434), Londra, National Gallery.

Passaggio del mar Rosso (1526-1527), tarsia realizzata da Giovan Francesco Capoferri da un cartone di Lorenzo Lotto, Bergamo, Santa Maria Maggiore, coro.


Altichiero da Zevio, Santa Lucia trascinata al postribolo (1379-1384), Padova, San Giorgio, oratorio.


Correggio, Martirio dei santi Placido, Flavia, Eutichio e Vittorino (1522-1525), Parma, Galleria nazionale.

ART E DOSSIER N. 396
ART E DOSSIER N. 396
Marzo 2022
In questo numero: FINESTRE SULL’ARTE - Poli opposti si attraggono; CORTOON - La strana coppia; BLOW UP - Biennale fotografia femminile; DENTRO L’OPERA - La pittura come specchio sul mondo; GRANDI MOSTRE. 1 Libero Spazio Libero a Bologna - Dalla parte delle donne; GRANDI MOSTRE. 2 Ruth Orkin a Bassano del Grappa - La freschezza dell’istante; XX SECOLO Gli autogrill di Angelo Bianchetti - Come ponti sul fiume di Laura Graziano; GRANDI MOSTRE. 3 Sophie Tauber-Arp a New York - L’incarnazione della modernità; OUTSIDERS - Evgen Bavčar: fotografo dell’invisibile; GRANDI MOSTRE. 4 Maria Maddalena a Forlì - La leggenda della santa peccatrice; GRANDI MOSTRE. 5 Plautilla Bricci a Roma - L’architettrice, la sua storia; PAGINA NERA - I sacelli di cultura hanno vita proprio dura; GRANDI MOSTRE. 6 Le donne nella pittura da Tiziano a Boldini, in due mostre a Milano e a Brescia - Un’ossessione dai mille volti; GRANDI MOSTRE. 7 La fabbrica del Rinascimento a Vicenza - Quattro eroi all’opera; STUDI E RISCOPERTE Il fuori campo nell’arte dal Trecento al Seicento - L’assenza presente; IN TENDENZA - Con Anguissola paga anche l’incertezza. GUSTO DELL’ARTE - Stinking rose.